Sul tema della violenza contro le donne non bisogna abbassare la guardia e, anzi, intraprendere strategie e mettere in campo risorse per affrontare un fenomeno gravissimo e trasversale, che non risparmia – anzi! – le donne più fragili, come quelle con disabilità.

A questo proposito, la FISH lo scorso 10 giugno giugno è stata ricevuta in audizione al Senato presso la “Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere”, rappresentata dalla la vice-presidente, Silvia Cutrera, che è anche responsabile del gruppo donne della organizzazione.

Spiega Cutrera che «Ci siamo focalizzati nella memoria che abbiamo presentato alla Commissione di inchiesta sul tema specifico della violenza riportando le richieste del Gruppo di esperti/e del Consiglio d’Europa (GREVIO) che, nel rapporto di valutazione delle misure messe in atto dall’Italia per attuare la Convenzione di Istanbul, ha richiesto azioni concrete per proteggere le donne con disabilità da ogni forma di violenza».

Il fenomeno della violenza sulle donne con disabilità o con problemi di salute è tutt’altro che da sottovalutare. Ricorda la vicepresidente FISH alcuni dati emersi da una ricerca che la Federazione ha svolto lo scorso anno: il 62.3% del campione rappresentativo considerato ha dichiarato di aver subìto nel corso della propria vita almeno una forma di violenza. La forma di violenza più ricorrente è quella psicologica (51,4% del campione), segue la violenza sessuale (34,6% dei casi), la violenza fisica (14.4%) e quella economica (7,2%)».

Prosegue la vice-presidente della FISH: «questi dati allarmanti, spesso, sono le conseguenze del fatto che alle donne con disabilità viene negato l’accesso alla giustizia. Perché non è raro che i giudici, i pubblici ministeri, gli avvocati e le forze dell’ordine, nelle loro pratiche lavorative, manifestino stereotipi negativi e di conseguenza risulta abbastanza frequente che non vengono avviati i procedimenti necessari a tutelare le donne con disabilità». Pertanto, dice Cutrera, «abbiamo chiesto ai parlamentari della Commissione che si facciano portavoce di una riforma per fornire al personale del sistema giudiziario la formazione adeguata per un approccio intersezionale alle discriminazioni basate sul genere e la disabilità».

La situazione, già allarmane e grave, è stata inoltre aggravata dalla pandemia. Aggiunge Cutrera: «c’è un altro aspetto che abbiamo rappresentato durante l’audizione al Senato, ed è quello relativo al fatto che la pandemia da COVID-19 ha ulteriormente penalizzato l’accesso delle donne con disabilità ai servizi di salute sessuale e riproduttiva. Le quali in questo ultimo periodo hanno vissuto una condizione di totale abbandono». Pertanto, conclude Cutrera: «occorre che sia garantito realmente il diritto alla salute, cioè che vi sia l’accesso completo a cure mediche rispondenti alle specifiche esigenze delle ragazze e delle donne con disabilità per ciò che riguarda le consulenze ginecologiche, le visite mediche, la salute sessuale e riproduttiva, la pianificazione familiare e il sostegno necessario durante la gravidanza».

L’appello è quindi a una politica che non può rimanere indofferente di fronte a questi dati. In particolare, la FISH chiede di agire anche sulla formazione alla prevenzione della discriminazione e della violenza contro le donne e le ragazze con disabilitàa fornire a tutti i professionisti della salute, dell’istruzione, della giustizia, come pure promuovere azioni di empowerment nei contesti familiari, scolastici, professionali, sanitari per aiutare le donne a riconoscere la propria forza e diventare protagoniste e attiviste nel rivendicare il rispetto dei propri diritti.

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Redazione

 

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