In Mali non ci sono più partiti politici

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Il capo della giunta militare del Mali Assimi Goïta, 1 settembre 2024 (Ken Ishii/Pool Photo via AP)

La giunta militare al potere li ha dissolti tutti, per reprimere il dissenso e bloccare la transizione a un governo civile

Martedì la giunta militare che governa il Mali ha dissolto per decreto tutti i partiti politici e vietato ai loro membri di riunirsi in assemblee. Era una decisione attesa, perché nelle ultime settimane c’erano state proteste antigovernative per chiedere la fine della dittatura militare, che il governo aveva già tentato di sopprimere sospendendo le attività politiche a tempo indeterminato: ora questa sospensione è diventata una dissoluzione definitiva. L’obiettivo dichiarato della giunta è di «preservare l’ordine pubblico», ma è evidente che si tratti di un modo per reprimere il dissenso e bloccare la transizione democratica del paese.

L’attuale giunta militare si è insediata in Mali nel giugno del 2021, quando il colonnello Assimi Goïta, oggi presidente ad interim del paese, guidò un colpo di stato per deporre la giunta precedente. Questa a sua volta aveva preso il potere appena pochi mesi prima, nell’agosto del 2020, con un altro colpo di stato che aveva messo fine al mandato dell’ultimo presidente eletto, Ibrahim Boubacar Keita, accusato di essere responsabile di una grave crisi economica.

Originariamente Goïta e la sua giunta avevano promesso di indire le elezioni entro il febbraio del 2022, ma questo non è mai avvenuto: da allora hanno promesso e rimandato il passaggio di potere a un governo civile varie volte, l’ultima a marzo dell’anno scorso. A novembre avevano poi rimosso dall’incarico anche il primo ministro ad interim Choguel Kokalla Maïga, sostituito da un uomo più vicino alla giunta: Choguel Kokalla Maïga aveva rivolto diverse critiche ai militari, accusandoli di ritardare la transizione democratica.

A fine aprile la giunta ha annunciato che Goïta diventerà definitivamente presidente (non più ad interim) e che governerà il paese fino al 2030.

Contro queste decisioni lo scorso 3 maggio erano state indette manifestazioni antigovernative. Ottanta partiti politici e due gruppi della società civile avevano firmato una petizione per chiedere la fine della dittatura militare entro il 31 dicembre 2025, il ritorno all’ordine costituzionale e il rilascio dei prigionieri politici.

Lo scioglimento di tutti i partiti politici annunciato martedì non è l’unico modo con cui la giunta sta cercando preservare il suo potere e reprimere le opposizioni. Nell’ultimo periodo in Mali si sono verificate diverse sparizioni forzate di politici dell’opposizione, attivisti e dissidenti.

L’organizzazione per i diritti umani Human Rights Watch ha scritto che soltanto giovedì sono stati rapiti in circostanze non chiarite il segretario generale del partito della Convergenza per lo sviluppo del Mali, Abba Alhassane, e il leader del partito di opposizione Yelema, El Bachir Thiam. Non si sa dove si trovino e le autorità non hanno dato spiegazioni sul loro “arresto”. Oltre a questo la giunta ha pesantemente ristretto la libertà di espressione e associazione.

Redazione il Post

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