La Colonia specializzata dei sordomuti nel quartiere Lido di Catanzaro

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La realizzazione dell’Istituto Provinciale dei Sordomuti “Antonio Izzi de Falenta” (ex Palazzo Marincola San Floro), sito nell’attuale Via Alessandro Turco di Catanzaro, rappresentò per la città una grande valenza, dando la possibilità a tanti ragazzi di crescere in un luogo idoneo e costruire delle solide basi per il loro futuro. La struttura, che venne istituita nel 1859 dall’allora Vescovo della città Raffaele Maria De Franco, venne considerata dai ragazzi sordomuti una “grande famiglia”.

Dopo innumerevoli anni di attività, nel 1990, le porte di questa “grande casa” vennero definitivamente chiuse e, solo nel 2008, s’inaugurò nel fabbricato l’attuale “Museo delle Arti di Catanzaro” (Marca), prestigioso contenitore di innumerevoli opere di grandi artisti. Fu in questa particolare struttura che tantissimi ragazzi sordomuti trascorsero parte della loro vita, accomunati da ciò che molte volte, in quel tempo, era stato anche motivo di “discriminazione”. La storia di questo istituto viene descritta in un considerevole testo “Quella casa silenziosa… – Storia dell’Istituto Provinciale dei Sordomuti di Calabria in Catanzaro” di Felice Izzi (in collaborazione con l’Ente provinciale Sordi sezione di Catanzaro), nipote di due grandi direttori dell’istituto (Antonio e Felice Izzi de Falenta rispettivamente padre e figlio), avendo, tra l’altro, molto vissuto personalmente quei luoghi. Si aggiunge un interessante articolo di Alessio Bressi, profondo conoscitore della storia cittadina, che ne tratteggia la storia e le dinamiche dell’istituto.

STORIA DELL’ISTITUTO. Facendo rifermento all’ultimo citato autore e ad altre fonti documentali (tra cui alcuni scritti di Roberto Lagonia “Commissario straordinario” del tempo sulla rivista trimestrale “L’opera di Filippo Smaldone” anno 1985), se ne illustrerà brevemente la storia, soffermandosi poi su quella che venne definitiva la “colonia specializzata per sordomuti” che, nella bella stagione, soggiornava nel quartiere marinaro di Catanzaro. Come accennato, l’istituto aprì le sue porte nel 1859 ma, ben presto, si manifestarono incombenti necessità economiche, tant’è che Monsignor De Franco si rivolse al Ministero dell’Interno dell’allora Regno Borbonico, per un adeguato finanziamento, che celermente ottenne. Diversi i “direttori” che si alternarono, inizialmente la conduzione venne affidata (con appena otto piccoli alunni sordomuti) al maestro sacerdote Luigi Spadola che molto si prodigò, applicando il metodo mimico gestuale, con la lettura del labiale e l’articolazione della parola (solo successivamente venne anche adottato il “metodo oralista”). Pian piano l’istituto acquisì una discreta rilevanza, ospitando anche ragazzi da fuori regione e, vista la grande utilità della scuola, il Consiglio Provinciale di Catanzaro avviò un progetto affinché l’istituto diventasse “iniziativa provinciale scolastica” per l’avviamento professionale dei sordomuti (nel 1885 il Consiglio Provinciale propose agli organi governativi l’erezione dell’istituto ad “Ente Morale” il cui R.D. venne emanato il 15/3/1886). Successivamente, la direzione venne affidata al laico Antonio Izzi de Falenta (Ancona 1875 – Catanzaro 1945) che lo diresse per ben 34 anni, infondendo nuove discipline socio/pedagogico/educative.

La sua lunga esperienza da “conduttore” fece sì che nel 1978 l’istituto venne a lui intestato, essendo tra i maggiori studiosi sull’educazione dei sordomuti e non mancando di scrivere numerosi saggi (a lui sono attualmente dedicate una strada nel quartiere marinaro del capoluogo e una sala espositiva nel Museo Marca). Egli diede all’istituto una impronta “didattico/scientifica” avendo molto acquisito, nelle principali sedi di Roma, Napoli e Parigi, importanti cognizioni, diventando uno dei più esperti nel settore dell’istruzione e dell’assistenza ai sordomuti. Questo luogo ebbe una valenza straordinaria per i ragazzi audiolesi, poiché oltre a frequentare la scuola, ebbero facoltà di apprendere un “mestiere”, potendo acquisire le mansioni di falegnami, sarti, calzolai e, soprattutto, tipografi. Questi ultimi particolarmente richiesti, infatti, la loro condizione di “sordità” ne favoriva il lavoro, all’epoca effettuato fra macchine altamente rumorose. A questo istituto, prettamente maschile, si associò nel 1959 la sezione femminile (sito in Via Smaldone), che venne realizzata nel quartiere Gagliano di Catanzaro (grazie anche al benestare dell’allora presidente della Provincia Aldo Ferrara), la cui direzione venne affidata ad Emma Izzi, figlia del direttore Felice Izzi, che condusse la sua opera con grande passione e diligenza. Ciò fatto sino al 1962, di seguito la direzione venne affidata alle Suore Salesiane del Sacro Cuore, valenti logopediste e specializzate nell’educazione dei sordi. La sezione femminile si dedicava in maniera particolare alla lavorazione della maglieria e della sartoria.

LE COLONIE ESTIVE. Prima di soffermarsi sulla colonia estiva dei ragazzi sordomuti, brevi cenni storici riassumeranno la nascita e l’evoluzione di questi centri aggregativi. In Italia la colonia sorge per la prima volta nel 1822 su iniziativa dell’Ospedale di Lucca che organizzò una colonia estiva a Viareggio per i bambini di strada. L’evolvere di questi centri aggregativi ne aumentò considerevolmente il numero, includendo, oltre a quelle “marine”, anche le colonie “alpine”. Durante la prima Guerra Mondiale, le colonie ebbero maggiore diffusione, affidandole all’Opera Nazionale per la Maternità ed Infanzia, intensificandosi ancor più durante il Fascismo, avendo come fine primario quello di aiutare le famiglie meno agiate.

Dopo la seconda Guerra Mondiale, la loro opera evolve, allargando l’accoglienza non alle sole classi disagiate, assumendo nel tempo un carattere formativo diverso da quello per cui erano nate. Infatti, a partire dagli anni ’70 il concetto di “colonia” venne diversificato, subendo, le stesse, una profonda crisi, poiché accrebbe la cosiddetta “villeggiatura in famiglia”, inoltre, la si vedeva più come un “momento culturale”, piuttosto che “formativo”, visto che le scuole erano entrate a far parte di questo mondo. A tal proposito, infatti, si avvertì il bisogno di unire l’aspetto “didattico/educativo” a quello “ludico/sportivo”, accrescendo nelle famiglie quella visione per cui i propri figli potevano vivere una esperienza personale lontano dal nucleo familiare. Nel tempo, però, le colonie persero sempre più vigore, scomparendo poi definitivamente.

LA COLONIA DELL’ISTITUTO. Durante l’estate i ragazzi dell’Istituto “Izzi de Falenta” venivano trasferiti nella colonia estiva (anni ’60 e precedenti) sita nel quartiere Lido del capoluogo, occupando dei locali comunali in Via Amalfi. L’istituzione, realizzata con la collaborazione del Ministero degli Interni, era l’unica nell’intera regione e, come detto, accoglieva anche ragazzi provenienti da altre regioni. Durante la giornata vigevano regole da seguire, iniziando al mattino con la sveglia delle ore 6,30 e successiva colazione alle 7,30. Il folto gruppo di ragazzi si dirigeva poi in spiaggia per passare l’intera giornata, fatto salvo per la pausa pranzo. Si iniziava con le attività sportive lasciando, successivamente, piena libertà ai ragazzi di giocare.

Tutto era cadenzato, alle ore 10,00, infatti, si poteva fare il bagno, momento clou della giornata e, dopo essersi asciugati, per le ore 12,00 si rientrava in colonia per il pranzo. La mensa seguiva rigorosamente un piano alimentare dove erano previsti la carne, il pesce, le minestre, contorno, frutta e il dolce, nella giornata della domenica. Nel primo pomeriggio si ritornava in spiaggia e i ragazzi riposavano sotto un grande tendone (lasciato dalle truppe americane), in seguito sostituito da tettoie in legno più fresche e arieggiate. Il resto delle ore pomeridiane venivano impegnate con passeggiate o alle volte, se venivano offerti i biglietti per il cinema, come sovente fatto da Luigi Orso proprietario dell’omonimo cinema, vi si portavano i ragazzi. Poi si rientrava per la cena. Allorquando la colonia estiva non venne più realizzata, molti dei ragazzi preferivano restare in struttura anziché rientrare in famiglia, deputando quel luogo come una “vera casa”. Con il tempo anche l’istituto venne a chiudersi e la sezione maschile rimasta, venne incorporata a quella femminile di Gagliano.

IL CIF – ALTRA COLONIA ESTIVA. Oltre al soggiorno estivo dell’istituto “Izzi de Falenta”, si vorrà brevemente ricordare un’altra importante colonia estiva che veniva realizzata sempre nel quartiere Lido, il “Cif” (Centro Italiano femminile). La colonia, in quel tempo con sede nei locali della scuola alle spalle dell’attuale “Ufficio Scolastico Regionale”, era formata da un centinaio di bambini (di circa 7/8 anni comprendendo anche i maschietti) normalmente “ospiti”, per trascorrere le vacanze estive. Anche in questo caso le regole da seguire erano ferree, con la vigilanza delle educatrici e della stessa direttrice. Abitualmente i bambini indossavano una divisa composta da pantaloncino corto blu e maglietta rossa a righe, per i maschietti, mentre le femminucce portavano un abitino a pieghe con piccoli quadretti bianchi e azzurri, non mancava il classico cappellino in stoffa per ripararsi dal sole estivo. L’iter giornaliero seguiva più o meno lo stesso andamento, dopo la colazione del mattino i bimbi venivano portati in spiaggia dove potevano fare il bagno e ripararsi al disotto di alcune tettoie in paglia, preparate per l’uso.

Dopo il pranzo, nelle ore pomeridiane, i ragazzi potevano giocare nell’area antistante l’istituto, successivamente si andava in passeggiata sul lungomare, dove in rigorose file si procedeva in camminata, talvolta allietata da un gustoso gelatino. Con il “Cif” vi era anche la possibilità di fare la colonia in una zona montana, tant’è che molte volte venne realizzata a Trento, al nord dell’Italia. C’è da dire che nei primi tempi della colonia (primi anni ’60) i bambini viaggiavano con i pullman, solo successivamente vennero attivati i locali del “Cif”. Tutto ciò ricordato da chi ha realmente soggiornato in colonia o avendone contezza con le memorie del passato. La colonia, anche se in alcuni casi viene ricordato il rigido regolamento, ha comunque rappresentato, oltre all’aspetto “curativo” di un tempo (i bambini venivano mandati per l’aria salubre del mare), quel momento di comunione, il mezzo per vedere, forse anche per la prima volta, la bellezza del mare, la condivisione delle amicizie, il ricordo dei tanti lettini nelle camerate, degli odori della mensa e delle merende fatte in spiaggia. Sicuramente un importante tratto di storia, un importante tratto della propria vita. (foto tratta da Catanzaroitaliani.it)

 

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