Dopo l’USB-C, la batteria sostituibile: così l’Ue immagina il futuro degli smartphone

di Bruno Ruffilli Approvata la direttiva che impone di rendere più facile la sostituzione, lo smaltimento e il riciclo delle batterie in vari tipi di dispositivi elettronici. Ma probabilmente avrà un impatto meno esteso di quanto sembra: ecco perché

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Il Consiglio europeo ha votato questa settimana un nuovo regolamento sulle batterie. Consiste in una serie di emendamenti e abrogazioni alle precedenti direttive e punta a sviluppare un’economia circolare delle batterie, con obiettivi piuttosto ambiziosi, specie per lo smaltimento di quelle esauste (63% entro il 2027 e 73% entro il 2030) e il recupero del litio (50% entro il 2027 e 80% entro il 2031). Concepito soprattutto per far fronte alla diffusione crescente delle vetture elettriche, riguarda però tutti i dispositivi dotati di batterie ricaricabili. L’iter per l’approvazione prevede a questo punto la ratifica da parte del Parlamento europeo, mentre il termine per l’entrata in vigore delle nuove norme è il 2027.

La tecnologia e la legge

Come già è successo con l’adozione della porta Usb-C per i caricabatterie, anche il regolamento sulle batterie potrebbe influire sul modo in cui sono progettati e realizzati gadget e dispositivi elettronici. Le disposizioni di Bruxelles si applicano solo agli Stati membri dell’UE, ma è chiaro che per le aziende che operano su scala globale non sarebbe economicamente conveniente realizzare prodotti destinati solo al mercato europeo, quindi le specifiche richieste potrebbero diventare uno standard diffuso in tutto il mondo. Vediamone alcune nel dettaglio:

  • Le batterie portatili negli apparecchi devono essere progettate in modo che i consumatori possano facilmente rimuoverle e sostituirle da soli.
  • Le aziende saranno inoltre legalmente obbligate ad accettare e riciclare le vecchie batterie.
  • Tutti i rifiuti di batterie per veicoli elettrici leggeri, autoveicoli, veicoli industriali, ma anche le attuali batterie al piombo per l’utilizzo con motori a propulsione termica devono essere raccolte senza spese per gli utenti finali, indipendentemente dalla loro natura, composizione chimica, condizione, marca o origine
  • Le batterie riporteranno etichette e codici QR con informazioni relative alla loro capacità, prestazioni, durata, composizione chimica, nonché indicazioni su smaltimento e riciclo.
  • Le aziende che immettono batterie sul mercato europeo, a eccezione delle piccole e medie imprese, dovranno sviluppare e attuare una “politica di dovuta diligenza”, coerente con gli standard internazionali, per affrontare i rischi sociali e ambientali legati ad approvvigionamento, trasformazione e commercio di materie prime e materie prime secondarie.

Definizioni

Il regolamento è lungo 366 pagine e accenna anche alla possibile messa al bando delle batterie non ricaricabili, senza però fornire indicazioni su tempi e modalità. A pagina 95 viene definita “batteria portatile”: una batteria sigillata, di peso pari o inferiore a 5 kg, non progettata specificamente per uso industriale e che non è né una batteria per veicoli elettrici, né una batteria LMT, né una batteria SLI. La categoria è ampissima: comprende smartphone, tablet, computer, cuffie e gadget in genere, ma pure utensili, elettrodomestici, dispositivi medici, lampade, giocattoli e molto altro. E anche per questi apparecchi viene richiesto che la batteria sia “facilmente sostituibile” dall’utente. Qui il testo è meno chiaro: a pagina 128 leggiamo che “una batteria portatile è considerata facilmente rimovibile dall’utente finale quando può essere estratta con l’uso di strumenti comunemente disponibili, senza richiedere l’uso di dispositivi specializzati, a meno che non siano forniti gratuitamente con il prodotto. Non devono essere impiegati strumenti proprietari, energia termica o solventi per smontare il dispositivo”.

Le nuove norme prevedono esenzioni per alcune classi di dispositivi medici, e forse anche per gli smartwatch, a volerli considerare come “apparecchi specificamente progettati per funzionare principalmente in un ambiente che è regolarmente soggetto a spruzzi d’acqua, corsi d’acqua o immersione in acqua e che sono destinati a essere lavabili o puliti con acqua”. Forse in questa categoria potrebbero rientrare anche frullatori e utensili da cucina, e qualche giocattolo, ma gran parte dell’elettronica consumer sarebbe completamente da ripensare: nel design, nei procedimenti costruttivi, nelle funzionalità.

Si è molto discusso di come le nuove norme potranno avere un impatto sugli smartphone, e spesso si è puntato il dito su Apple, che sugli iPhone non ha mai adottato batterie estraibili. Ma in realtà, tra tutti i produttori, solo FairPhone e, più di recente, Nokia offrono smartphone con batterie sostituibili dall’utente: gli altri, nella migliore delle ipotesi, permettono la sostituzione nei punti vendita e nei centri di assistenza, anche se a prezzi spesso non convenienti.

Diritto alla riparazione

Spinta dalla richiesta dei consumatori americani a veder riconosciuto il “diritto alla riparazione”, Apple ha introdotto da qualche anno un kit per permettere agli utenti di intervenire da soli su diversi prodotti, dagli smartphone ai computer. Al momento il programma dell’azienda di Cupertino però sembra ancora lontano dalle richieste della Ue: sono necessari strumenti specializzati ed energia termica, e la stessa Apple afferma che prima di iniziare bisogna essere “ben consapevoli della complessità della riparazione di dispositivi elettronici”. In più, il programma non è gratuito, ma si paga per il noleggio degli strumenti necessari per la riparazione, che sono esclusivi di Apple.

Cosa potrebbe succedere allora? Intanto, anche se Apple ritenesse di dover modificare qualcosa nel design dei suoi prodotti, la normativa Ue non entrerebbe in vigore fino al 2027. In secondo luogo, l’azienda di Tim Cook potrebbe dichiarare di essere già conforme alle nuove norme e, se l’Ue non fosse d’accordo, bisognerà che a decidere sia un tribunale. Questo trascinerà la questione per altri anni. E infine, potrebbe semplicemente rendere gratuito l’uso degli strumenti di riparazione, e magari introdurre qualche piccola modifica nel design per ridurre i 37 passaggi necessari oggi per rimuovere la batteria di un iPhone.

Contraddizioni

D’altra parte il design interno dei prodotti va già, negli ultimi anni, nella direzione di una riparabilità più semplice: e non solo nel caso di Apple, ma anche di altri grandi nomi della tecnologia, come Samsung. Meno chiara è la posizione di produttori cinesi, in primis Xiaomi e Oppo, mentre sulla questione della riparabilità si è dichiarato scettico Carl Pei, Ceo e fondatore di Nothing.

E inoltre, se non sembra così difficile immaginare batterie sostituibili su computer portatili (dov’erano molto diffuse fino a qualche anno fa, e anche Apple le adottava), ripensare il design di dispositivi come le cuffie true wireless appare semplicemente impossibile senza alterarne radicalmente dimensioni e funzionalità. Per gli smartphone il compito è meno complicato, ma il vantaggio potrebbe non essere grande come sembra: al di là delle maggiori dimensioni e del peso in più che una batteria ricaricabile porta, non sarà facile conciliare la resistenza ad acqua e polvere con l’esigenza di una batteria “facilmente sostituibile”, come vuole la Ue. E così si ricicleranno forse più batterie, ma bisognerà cambiare più spesso il telefono.

 

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