Vi racconto come è nata la videochiamata

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Ognuno di noi, in quest’ultimo periodo, si è trovato ad utilizzare strumenti di videoconferenza. Per riunioni di lavoro, per parlare con i propri cari, per l’istruzione dei figli, per gioco o in live sui social, le videochiamate ci hanno fatto conoscere un mondo nuovo. Siamo nel 1964, alla World Fair, la più grande fiera di New York e del mondo di allora. La fiera sembra essere un evento memorabile! Tutti gli inventori e gli appassionati di innovazione presentano qualcosa di futuristico. Lo scopo è quello di stupire! È l’inizio di uno sviluppo inarrestabile, che porterà ad un continuo miglioramento in tutti i settori della nostra vita.

L’America e la Russia hanno appena dato il via alle missioni spaziali e lo sviluppo tecnologico corre quasi più veloce delle idee degli inventori…! Anche l’Italia è presente alla fiera: viene presentato da Olivetti il P101, il primo PC della storia. Sono presenti anche i Bell Laboratories, conosciuti anche come Bell Labs, in precedenza denominati AT&T Bell Laboratories: laboratori di ricerca e sviluppo che hanno preso il nome dalla società americana di telecomunicazioni AT&T e da Alexander Graham Bell, che li ha fondati.

L’azienda è fucina di tecnologie innovative che hanno fatto vincere 7 premi Nobel per: i transistor, il laser, la radioastronomia, il sistema operativo UNIX e i linguaggi di programmazione C e C++. Sempre qui i Bell Labs presentano, con grandissimo richiamo e stupore, il Picturephone: il primo prototipo della videotelefonia. Il Picturephone fu il punto di arrivo di diverse invenzioni precedenti a partire dagli anni 20 in Inghilterra, grazie a John Logie Baird, e negli Stati Uniti, sempre grazie alla AT&T’s Bell Labs. La cosa molto strana era che il primo progetto della alla AT&T’s Bell Labs non mirava al principio della videochiamata in sé (unendo, cioè, il segnale video con quello audio), ma piuttosto puntava a far dialogare fra loro persone con disabilità uditiva attraverso il segnale video e grazie al linguaggio dei segni. Il problema maggiore era quello di veicolare sulle linee telefoniche un segnale video che venisse elaborato e trasformato nelle fasi di trasmissione e ricezione. Il Picturephone era un elemento di design incredibile: era un sistema formato da un telefono classico ed un uno schermo dove si poteva vedere in bianco e nero la persona che stava dall’altra parte di un altro Picturephone, e da una cassa audio che riproduceva in vivavoce l’audio dell’interlocutore. Fu la notizia dell’anno! Tutti ne parlarono e i visitatori della fiera furono entusiasti di questa invenzione!
Tuttavia, nonostante l’immediata installazione di Picturephone pubblici a New York, Chicago e Washington e nonostante il lancio massivo del Picturephone nella città di Pittsburgh, il progetto si rivelò un flop. Eppure il management degli AT&T’s Bell Labs fece dei lunghi ed accurati test interni e una ingente indagine di mercato. I risultati convinsero l’azienda che il prodotto piacesse, che fosse tecnologicamente realizzabile ed economicamente sostenibile, tanto da scegliere di commercializzarlo verso la fine del 1970. L’ambizione dell’azienda fu di vendere più di un milione di Picturephone nei primi 10 anni, a fronte di un investimento di quasi mezzo miliardo di dollari (dell’epoca). Lo sviluppo, però, dopo un paio di anni dal lancio fu interrotto ed il Picturephone venne ritirato dal mercato. Al momento c’erano solamente 50 grandi utilizzatori attivi e circa 200 unità funzionanti.

Quali furono i motivi di questo fallimento? L’errore principale fu quello di chiedere pareri a gruppi interni all’azienda, legati in qualche modo al prodotto, e al personale impiegato in grandi aziende e istituzioni, piuttosto che a persone neutrali. Il servizio, poi, nonostante fosse innovativo e rivoluzionario, non si rivelò subito appetibile. Questo perché il costo per la banda richiesta era molto alto e, nonostante l’azienda produttrice avesse provato a ridurlo di circa la metà, si ebbero scarsi risultati. Si capì, inoltre, che le persone non erano così tanto convinte di apparire in video perché avevano paura dell’immagine che avrebbero potuto dare all’interlocutore. Si racconta di un dirigente degli AT&T’s Bell Labs che, per potersi muovere durante una videochiamata, mise una sua foto davanti allo schermo. Inoltre, un altro aspetto “interessante” era che le persone volevano la possibilità di spostarsi fisicamente durante una telefonata, “allungando il filo” oppure utilizzando i telefoni cordless (che all’epoca ebbero un grandissimo successo).

Solo a partire dagli anni 90, con nuove tecnologie, fu possibile superare parte delle difficoltà economiche e, solo verso gli anni 2000, con i primi telefoni IP, predecessori degli smartphone di oggi, si poté superare definitivamente il problema dei costi. Negli ultimi anni, comunque, seppur con tecnologie notevolmente differenti, la videochiamata non è riuscita ad emergere così tanto. Poi è arrivato il COVID-19 e con lui le esigenze di sentire i propri cari, di poter effettuare riunioni in videoconferenza per lavoro, di poter seguire le lezioni scolastiche. Ci siamo accorti che possiamo vedere chi vogliamo quando vogliamo, che possiamo risparmiare sulle spese di viaggio, che possiamo imparare anche senza bisogno del contatto fisico. Ci siamo accorti che la tecnologia, dopotutto, ci ricorda sempre che siamo tutti essere umani.

 

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