Sono 350 i milioni sottratti ai non autosufficienti e spostati sul super bonus. Li restituiremo, dice il governo. Cgil-Spi: “È il gioco delle tre carte”

di Roberta Lisi – Collettiva

Un vero e proprio grido di allarme è stato lanciato lo scorso 19 ottobre dal “Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza”, rete composta da ben 57 associazioni del terzo settore impegnate nel sostegno e aiuto verso i disabili e le loro famiglie (dall’Arci alle Acli, da Cittadinanzattiva alla Caritas passando per gli ordini professionali di chi si occupa di assistenza e per le associazioni dei familiari). Allarme che mette in evidenza come dalla bozza della manovra di bilancio sembra che nulla o quasi ci sia per le politiche a sostegno della non autosufficienza: “L’Italia non ha bisogno di riformare l’assistenza agli anziani non autosufficienti: è quello che si evince dalla Legge di bilancio appena varata per il 2024 dal governo che, sulla scorta delle prime bozze circolanti, sembrerebbe ignorare completamente questo ambito del welfare. Tuttavia, come ben sanno le persone coinvolte – anziani, badanti familiari, operatori – la realtà del nostro Paese è ben altra”.

Cosa dicono i numeri

Ciò che inoltre ha fatto scandalo è aver scoperto che i 350 milioni destinati ai progetti individuali per le persone con disabilità previsti dalla nuova legge sulla non autosufficienza, approvata definitivamente lo scorso marzo – ma il lavoro di scrittura del testo a l’avvio dell’iter di approvazione fu fatto dal governo Draghi – da Meloni e da Giorgetti sono stati spostati su altre poste di bilancio, parrebbe su quelle per il superbonus. Il governo si giustifica affermando che, non essendoci i decreti attuativi, quei milioni non si potevano spendere. Domanda: perché i decreti non sono stati scritti e adottati?

“Il ritardo sui decreti attuativi è appunto un ritardo. Bastava farli e non sarebbero stati scippati i fondi”. Lo afferma Nina Daita, responsabile Politiche per la disabilità della Cgil nazionale, che aggiunge: “La verità è che delle tante promesse fatte dal centrodestra in campagna elettorale nessuna è stata mantenuta. Le persone con disabilità stanno sempre peggio e di questo passo quelle risorse, assolutamente insufficienti, non verranno utilizzate nel 2023 e nemmeno nel 2024”.

In manovra nulla

La premessa anche in questo caso è d’obbligo: il testo della legge di bilancio ancora non è stato depositato in Parlamento. Siamo ancora a bozze che circolano, ma a leggere quello che c’è si scopre che uno stanziamento per la non autosufficienza non esiste. Afferma Stefano Cecconi, segretario nazionale dello Spi Cgil: “Nella manovra annunciata dal governo non risultano finanziamenti sulla non autosufficienza. Le risorse attuali sono del tutto insufficienti: sia per il drammatico sottofinanziamento della sanità pubblica che per l’inconsistenza del fondo sociale, che in questi anni è stato destinato a finanziare misure rivolte – inevitabilmente – a una minoranza di persone. Un fondo che, se fosse distribuito ai 3,8 milioni di persone in condizione di non autosufficienza stimati dall’Istat, prevede per ciascuno 70 centesimi al giorno”.

Molto si potrebbe e dovrebbe fare

Innanzitutto bisognerebbe cominciare ad attuare la legge di riforma approvata lo scorso marzo. Come cardine ha tre parole chiave: semplificazionedomiciliaritàresidenzialità di qualità, che però rischiano di diventare parole al vento. Poi si dovrebbe implementare l’attuazione del Pnrr, la costruzione di case e ospedali di comunità anziché tagliarli come ha fatto il governo. Aggiunge il documento del Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza: “Avevamo proposto di sfruttare la Legge di bilancio per avviare un piano di legislatura che attuasse progressivamente la riforma, con una proposta che secondo le nostre stime avrebbe anche un costo sostenibile per le casse dello Stato, pari a un miliardo e 306 milioni di euro nel 2024. L’idea era, infatti, quella di dedicare la legislatura a costruire un welfare migliore per gli anziani e loro famiglie. Tuttavia, la legge di bilancio sembrerebbe indicare che questo non sia necessario”.

Anziani e non solo

Sono quasi quattro milioni le persone non autosufficienti, ma quasi dieci milioni sono quelle coinvolte perché parliamo certo di anziani ma anche di bimbi e bimbe che avrebbero bisogno – ad esempio – di essere accompagnati nel percorso scolastico. Stiamo parlando di adulti che avrebbero e hanno diritto a una vita il più possibile autonomia e avrebbero e hanno diritto a un lavoro dignitoso. Stiamo parlando delle loro famiglie, sempre più sole di fronte a malattie invalidanti e alle difficoltà della vita quotidiana e della burocrazia. Sottolinea ancora Cecconi: “Avevamo apprezzato i contenuti della nuova legge, inserita nel 2021 tra gli obiettivi strategici del Pnrr. Ma da subito abbiamo detto che il banco di prova dell’effettiva volontà del governo di attuare seriamente la legge era, ed è, il suo finanziamento”.

Mobilitazione per reagire alla solitudine e all’ingiustizia

Serve il confronto tra governo e parti sociali, ma anche in questo caso Meloni e i suoi ministri sembrano non disponibili. Ricorda Daita: “Noi sindacati non siamo mai interpellati né sulla manovra di bilancio né sulle politiche per l’inclusione lavorativa dei disabili. Sono oltre un milione quelli iscritti nelle liste di collocamento, ma nulla è stato fatto in quest’anno di governo del centrodestra. Non ascoltarci non è rispettoso delle organizzazioni di rappresentanza sociale”. Anche le 57 associazioni del Patto hanno deciso di non star ferme: “Restiamo convinti che questo immobilismo non sia più tollerabile e che sia necessario agire senza indugi per iniziare a dare sollievo alle pressanti necessità delle persone che vivono la disabilità, portando avanti un progetto che punti a costruire il futuro e fornire risposte concrete”.

La libertà è partecipazione, contava Giorgio Gaber a cui sembra idealmente rispondere il segretario dello Spi: “Quella che si sta consumando è una vergogna, milioni di famiglie continuano ad affrontare quotidianamente, spesso da sole, grandi disagi, sofferenze e rischi di impoverimento. Per questo occorre reagire e continuare la mobilitazione avviata nei mesi scorsi. Non ci fermeremo”.

 

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