Riforma pensioni 2023/ La riforma a metà spera in un tesoretto di 10 miliardi

Riforma pensioni 2023, il governo potrebbe introdurre un ammortizzatore previdenziale attraverso l’uso di un tesoretto da 10 miliardi?

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di Maria Melania Barone

Anche se il governo Meloni dice di avere le idee molto chiare sulla riforma pensioni 2023, le acque restano torbide. Tra chi invoca una quota 103 bis e chi invece osa ipotizzare una quota 104, l’orizzonte delle riforme ponte sembra il più probabile. Ma la novità è che il governo adesso spera di poter superare la legge Fornero attraverso un tesoretto di 10 miliardi di euro.

Riforma pensioni 2023: ancora acque torbide

Ciò che manca nel panorama del prossimo futuro è un ammortizzatore sociale che possa in qualche modo rendere strutturale l’Ape Sociale, così come avrebbe voluto l’ex ministro del lavoro Andrea Orlando ma l’attuale ministro del lavoro Marina Calderone ha convocato i sindacati sperando che ci siano i margini almeno per discutere l’ipotesi di una bozza.

Dopo aver riformato Opzione Donna aumentando di due anni la exit per l’accesso all’agevolazione, restano comunque fermi gli obiettivi: andare in pensione con 41 anni di contributi, il paletto contributivo che è uno dei capisaldi della legge Fornero con ogni probabilità non verrà modificato, ma verrà eliminato il paletto dell’età anagrafica e introdotto un lieve aumento delle pensioni minime.

Almeno su questo ci siamo, e ci siamo anche con tutti gli effetti nei pasti che proprio il paletto contributivo rischia di causare a chi ha una discontinuità contributiva come i giovani e gli over 50.

Riforma pensioni 2023: cosa nascerà dal tesoretto di 10 miliardi?

Ma forse un’idea potrebbe balenare nella mente dell’esecutivo qualora si riuscisse a mettere le mani su un tesoretto di 10 miliardi di euro, per lo meno in modo da tamponare la situazione nell’immediato futuro.

Per quanto riguarda opzione donna, la misura a sostegno del comparto delle lavoratrici potrebbe essere addirittura cancellata in funzione di un rafforzamento della quota 41 universale e, almeno si spera, dell’introduzione di un ammortizzatore sociale rivolto a tutti i lavoratori.
Su quest’ultima possibilità c’è chi non ci metterebbe le mani sul fuoco. I fondi mancano.

È per questo infatti che c’è chi vede come altamente probabile la cancellazione di opzione donna entro la fine del 2023.

Mentre il governo cerca una soluzione che possa inasprire gli animi meno di quanto lo siano già, l’ipotesi più probabile resta quella di quota 103 bis con uno spostamento alla riforma strutturale entro il 2024 che vedrà quota 41 per tutti senza il paletto dell’età anagrafica. La riforma da sola potrebbe costare dai 4 ai 5 miliardi di euro ma bisognerà trovare altri fondi per introdurre un ammortizzatore sociale. Sulle modalità di funzionamento di quest’ultimo però è ancora tutto da discutere.

 

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