La truffa dei tre tronchi, così in Romania guadagnano i trafficanti di legname

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Ogni anno, nel Paese, vengono tagliati illegalmente 15 milioni di metri cubi di alberi. Che, in piccole percentuali, vengono trasportati e venduti nascosti in mezzi ai carichi regolari. Con la complicità di guardaboschi corrotti e nell’assenza di norme efficaci

di Giulia Marchina

Nelle foreste vergini dei Carpazi si consuma da decenni un grosso bluff, come la danza truffaldina della pallina nascosta sotto una delle tre campanelle appoggiate sul tavolino. Il commercio illegale di legname in Romania – che rifornisce pubblici, privati, multinazionali – è tra i fenomeni più diffusi, ma anche più complicati da scovare. Perché il problema sorge nel momento in cui si cercano i colpevoli. Il ministero dell’Ambiente romeno e l’istituto che ha lavorato all’inventario forestale (Ifn) hanno calcolato, con una stima approssimativa, che ogni anno vengono tagliati legalmente circa 20 milioni di metri cubi di alberi, illegalmente, invece, 15.

Ma la percentuale di legname tagliato senza seguire le procedure inserita in ogni carico portato a valle per poi essere venduto, e non controllato dai silvicoltori, è molto piccola. Il meccanismo è giocato su modesti volumi occultati tra i tronchi che viaggiano «con documenti», accatastati sui tir che percorrono lo Stato; a fine anno, però, il traffico presenta un conto complessivo con cifre mostruose. L’inganno è lì, sul crinale: legno con documenti, legno senza documenti. Lo sfruttamento del polmone verde che a occhio nudo pare inesauribile si è innescato a partire dal 1989, con la fine del comunismo: per via degli intensi rapporti commerciali, molte foreste sono state cedute a privati come beni da cui trarre profitto senza che però questi potessero vantarne la proprietà.

A trainare la filiera che coinvolge l’Amazzonia d’Europa – valore stimato: circa 1,5 miliardi di euro – è il taglialegna: il primo a guadagnare, prendendo la cosiddetta stecca, dall’eccesso di tronchi non dichiarati al momento del taglio nei documenti di trasporto. Alcuni, quelli che si affidano solo a metodi legali e che denunciano il disboscamento coatto, vengono picchiati, minacciati, a volte muoiono in circostanze mai chiarite. A godere di questo sistema è anche il guardaboschi, capo del circuito forestale e carica che in Romania assicura grande prestigio.

Tiberiu Busutar, attivista nel Nord del Paese che assieme ad altri cittadini organizza interventi sulle montagne per rallentare i lavori dei trafficanti del legno, racconta che di recente uno di loro ha dichiarato la presenza di seimila metri cubi di legno sulla superficie da lui sorvegliata. In realtà, ce n’erano ottomila. In questo modo ha truffato lo Stato vendendo la differenza al mercato nero. Valore: 100 mila euro. Ogni albero sui 6,5 milioni di ettari totali di foresta è sotto la cura di un silvicoltore: eppure, con milioni di metri cubi di legno tagliato illegalmente ogni anno, non esiste, oggi, un guardaboschi perseguito per complicità nel traffico.

«Solitamente – spiega Busutar – il guardaboschi che ottiene legno illegale in più, facendo accordi coi taglialegna, trasmette le informazioni ad agenti economici affidabili, in modo che, quando si partecipa ad aste con società che vogliono acquistare legname, si sappia che c’è del legno in più, senza documenti, ma più economico. Per depistare eventuali controlli, i metri cubi illegali non vengono trasportati insieme, su un unico mezzo, ma se ne aggiungono alcuni a ogni trasporto con regolare bolla di accompagnamento».

Quando i tronchi arrivano in città e sono pronti per imboccare le strade statali o i vagoni di un treno merci, in sede di controllo è difficile stimare se i documenti siano truccati: il sistema di potere romeno, costituito anche da polizia corrotta che copre i trasporti e guardia forestale connivente, rende vano ogni sforzo di segnalare pratiche scorrette. In Romania, perché il trasporto di legname senza documenti sia ritenuto un atto grave dev’essere di oltre dieci metri cubi: in quel caso avviene anche il sequestro del mezzo. «Chi segnala i carichi sospetti non è ammesso all’atto della verifica – continua Busutar – e capita che venga multato per aver presentato una denuncia ingiustificata. Non ci sono persone contro cui puntare il dito in quanto trafficanti di legno per esclusiva “professione”, ma non ci sono nemmeno persone che lavorano nel settore e che non compiano mai illeciti. L’unica differenza è la percentuale di legname legale e no che trattano».

Dunque, è impossibile sapere con certezza se il legno che arriva in fabbrica sia tagliato legalmente. E dal 2015 la legge limita le grandi aziende: non possono lavorare legno proveniente dalla Romania per più del 30% del volume totale per specie d’albero. Ad esempio, Hs Timber, multinazionale che poteva lavorare oltre 3,5 milioni di metri cubi di legno l’anno, è stata autorizzata ad acquistare meno di 1,5 milioni di metri cubi di legno dalla Romania. La domanda è: quanto del legno che arriva nella fabbrica è stato regolarmente tagliato? Lo stesso vale per Egger Group, multinazionale con sedi in tutta Europa e un immenso stabilimento a Suceava, a poche centinaia di chilometri dalle foreste a Nord. Alla domanda se siano a conoscenza dei traffici e se abbiano mai impiegato legname illegale, non hanno risposto. Poi, un chiarimento: l’azienda «combatte il traffico di legname con politiche di tolleranza zero».

Ikea – che, secondo l’organizzazione ambientalista Earthsight, tra il 2018 e il 2020 avrebbe ottenuto legname illegale – nel 2022 schivava le accuse sostenendo come nessuna indagine interna avesse evidenziato lo sfruttamento di aree boschive. Intanto, ha acquisito quasi l’1% delle foreste in Romania, divenendo la più grande proprietaria di superficie forestale.

 

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