«Molti si stupirono di lui, tanto era sfigurato per essere d’uomo il suo aspetto e diversa la sua forma da quella dei figli dell’uomo». Le parole del profeta Isaia nel canto poetico del «servo sofferente» potrebbero essere un epitaffio per la beata Margherita da Città di Castello o beata Margherita della Metola.

Cieca e storpia, nacque a Metola, presso Mercatello sul Metauro (Pesaro-Urbino). I genitori, dopo aver chiesto invano il miracolo della guarigione, l’abbandonarono in una chiesa. Alcune donne del popolo la raccolsero e ospitarono a turno. Più tardi fu accolta in un monastero ma presto fu allontanata perché la sua vita suonava come severo rimprovero a religiose dissipate e tiepide. Allora Margherita si rivolse al Terz’Ordine di san Domenico ed abbracciò con generosità il programma di preghiera e di penitenza fino all’incontro definitivo con Cristo. Nutrì tenera devozione per la sacra Famiglia. Il suo corpo incorrotto si venera nella chiesa di s. Domenico a Città di Castello (Perugia). Papa Paolo V, nel 1609, concesse ai Domenicani di quella città la Messa e l’Ufficio propri. Il 6 aprile 1675 Papa Clemente X estese tale privilegio a tutto l’Ordine. Nel 1988 il locale Vescovo di Urbino e Città di Castello l’ha proclamata Patrona Diocesana dei non vedenti. La diocesi di Città di Castello, nel settimo centenario della morte della beata, ha rimesso in moto la sua causa di canonizzazione formando un comitato apposito.

«La beata Margherita, gravemente disabile, può essere di aiuto a molti oggi – dice il vescovo Domenico Cancian – il suo è un messaggio potente contro la cultura dello scarto. Da noi la devozione nei suoi confronti è ancora forte, ha lasciato un segno profondo. Diverse opere si sono ispirate a lei nella nostra città, come le suore che accoglievano i non vedenti».

P. Vincenzo Di Blasio

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