Lettera aperta (e vana) al ministro Lollobrigida: libertà per la carne coltivata

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Perché chiudere un intero settore di ricerca (che comunque andrebbe avanti)? Ci ripensi, ma non ci ripenserà, confortato dai pretoriani della Coldiretti

di Pierluigi Battista

Egregio ministro Lollobrigida, c’è forse una sola ragione scientifica, medica, sanitaria, morale, culturale, industriale, agricola, economica, tecnologica, che non sia insomma l’appiattimento totale sulla corporazione della Coldiretti, per vietare, addirittura vietare, la produzione della carne coltivata?

No, non c’è.

C’è solo pigrizia, riflesso corporativo, ostilità verso l’innovazione. E arroganza del potere, aggiungo.

Perché chiudere un intero settore di ricerca (che comunque andrebbe avanti in tutto il mondo e sicuramente in tutta Europa)?
Perché impedire strade nuove, perché demonizzare come antipatriottici sentieri nuovi della produzione?

Ma poi, se viene impedita la ricerca adducendo infondati principi di precauzione, coerentemente si dovrebbe vietare anche il consumo. Lo dica apertamente, perché nel tempo che mi resta potrei organizzare gioiose spedizioni in Svizzera alla ricerca della carne coltivata (sempre che non consideriate l’uso di carne coltivata come un reato universale, ma non posso credere che possiate spingervi fino a questo punto).

La premier Meloni ha più volte affermato, per fortuna nostra e dell’Italia, che non vuole ostacolare chi, come si dice con un’espressione disdicevole, “fa impresa”. E invece, in questo caso, altro che ostacoli. È un’imposizione tra l’altro destinata al fallimento, prima o poi le frontiere della carne coltivata si apriranno e chi vuole mangiare le bistecche di sempre (come me) non ne avrà nessun danno. Ci ripensi, ma non ci ripenserà, confortato dai pretoriani della Coldiretti.

Cordiali saluti.

Redazione Huffingtonpost

 

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