Fumata nera, fumata bianca

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La fumata nera al secondo giorno del conclave in cui fu poi eletto papa Francesco, 13 marzo 2013 (AP Photo/Dmitry Lovetsky)

È il simbolo con cui si capisce se il conclave ha eletto il papa oppure no, ma in qualche caso ha creato una certa confusione

In questi giorni l’attenzione di centinaia di migliaia di persone in tutto il mondo è rivolta al comignolo montato sul tetto della Cappella Sistina in occasione del conclave, la riunione dei cardinali incaricata di eleggere il nuovo papa. È da lì infatti che escono le tradizionali fumate: quella nera indica che il conclave non ha ancora eletto un papa, come accaduto mercoledì al primo scrutinio, mentre quella bianca segnala che la decisione c’è stata e che quindi, di lì a poco, il nuovo pontefice verrà presentato al mondo. È una consuetudine ormai consolidata, ma che in qualche caso ha creato una certa confusione.

La prima fumata di cui si hanno notizie certe risale al 1878, quando diventò papa Leone XIII. Secondo lo storico Frederic J. Baumgartner, autore di un libro sul conclave, si era parlato di una fumata già dal conclave del 1823, che si tenne nella cappella Paolina, sempre nel Vaticano, e si concluse con l’elezione di Leone XII: non era però chiaro che fosse usato per indicare l’elezione del papa. Fino al 1903, con l’elezione di Pio X, in ogni caso il fumo indicava solo la mancata elezione, e non aveva nemmeno un colore particolare.

È dall’agosto del 1914, con l’elezione di Benedetto XV, che furono introdotte le fumate nere o bianche come le intendiamo oggi. Il fumo è quello prodotto dalle schede che vengono bruciate dopo ciascuno scrutinio, assieme a eventuali altri biglietti con gli appunti presi dai cardinali che partecipano al conclave, che quest’anno sono 133. Con le regole attuali è previsto un solo scrutinio il primo giorno, e quattro per i giorni successivi, due al mattino e due al pomeriggio. Se il papa non viene scelto, le schede vengono bruciate una volta al mattino e una al pomeriggio, e questo vuol dire che ci saranno due fumate nere, attorno alle 12 e alle 19 rispettivamente, ma il primo giorno di questo conclave ha dimostrato che gli orari possono cambiare molto, visto che la prima fumata nera è arrivata verso le 21.

Se invece il voto ha esito positivo c’è la fumata bianca direttamente dopo lo scrutinio, e quindi anche attorno alle 10:30 o alle 17:30, seguita dal suono delle campane.

La stufa tradizionale usata per il conclave è sempre la stessa dal 1939, quando fu impiegata per la prima volta per l’elezione di papa Pio XII. È un cilindro in ghisa alto circa un metro, sulla calotta sono scritte le date dei conclavi in cui è stata adoperata ed è affiancata da una seconda stufa più moderna, in cui vengono aggiunte delle sostanze che generano il colore nero o bianco. Fino a qualche decennio fa infatti per creare il fumo bianco alle schede da bruciare veniva aggiunta della paglia umida. Visto che il colore del fumo dipendeva dalla combustione di materiali naturali, a volte le fumate risultavano spesso grigie o poco chiare, con il risultato che non si capiva se il nuovo papa c’era oppure no.

La stufa e il generatore elettronico che si usano nel conclave durante l’allestimento della Cappella Sistina, lo scorso 3 maggio (ANSA/VATICAN MEDIA)

La mattina del 26 ottobre 1958, al secondo giorno del conclave, dal comignolo cominciò a uscire del fumo bianco che via via diventò più scuro. Accadde lo stesso anche nel pomeriggio, quando a una lunga fumata bianca dopo pochi minuti ne seguì una nera: i fedeli erano rimasti in attesa del nuovo pontefice per oltre mezz’ora e persino la Radio Vaticana aveva annunciato l’elezione del papa con una certa sicurezza. Però il papa non era ancora stato eletto.

Nacque così una teoria del complotto secondo cui, durante quello scrutinio, sarebbe stato eletto con il nome di Gregorio XVII il cardinale conservatore Giuseppe Siri, che però non sarebbe stato proclamato a causa di pressioni esterne. Siri ha sempre negato questa versione. Due giorni dopo fu infine eletto Angelo Giuseppe Roncalli, noto come Giovanni XXIII.

Un altro caso celebre è quello di Albino Luciani, che fu eletto al quarto scrutinio il 26 agosto del 1978 e scelse il nome di Giovanni Paolo I. Luciani è l’ultimo papa italiano ed ebbe uno dei pontificati più brevi della storia, visto che morì dopo soli 33 giorni: si ricorda comunque come il papa eletto con la fumata nera. Inizialmente la fumata aveva un colore grigio chiaro e poi divenne nera: tra la folla e tra i cronisti ci furono momenti di grande incertezza, fino a quando non si aprirono le vetrate della loggia centrale della Basilica Vaticana e si capì che un papa era effettivamente stato eletto.

Per ovviare a questi problemi Giovanni Paolo II, il suo successore, introdusse l’uso di una seconda stufa più sofisticata. Nella vecchia stufa si continuano a bruciare le schede con il voto dei cardinali, mentre nell’altra vengono piazzate delle cartucce bianche o nere che servono per dare il colore al fumo, di modo da aumentarne la visibilità e la nitidezza: le canne fumarie della stufa e del generatore elettronico confluiscono in un unico condotto, che poi sfocia nel comignolo. Le due stufe sono state usate per la prima volta nel conclave del 2005, quello in cui fu eletto Benedetto XVI.

Con il nuovo generatore si usano additivi chimici, che si distinguono molto meglio rispetto alla paglia o alla pece che si usavano una volta. Per il fumo nero si usano perclorato di potassio, antracene e zolfo, mentre per quello bianco clorato di potassio, lattosio e colofonia. Fino al 2005 inoltre poteva esserci anche una fumata gialla, che però è stata abolita: non indicava l’elezione del papa o meno, ma semplicemente una prova del funzionamento del comignolo.

Redazione Il Post

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