Un modo diverso di sentire l’arte

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Carlo di Biase nasce a Genova il 3 marzo 1976. Laureato presso l’Accademia Ligustica di Belle Arti di Genova, ha approfondito lo studio della didattica artistica bilingue presso la Gallaudet University (USA) grazie alla borsa di studio “Roberto Wirth Fund – Fulbright Program”. Al rientro in Italia ha collaborato a diversi progetti di educazione bilingue in classe e di accessibilità culturale nei musei. Ha curato infatti lo sviluppo di video-guide museali, cioè dispositivi audio-visivi fruibili da un vasto pubblico, anche in LIS.

1. Come nasce la tua passione per l’arte? 
Fin da bambino la comunicazione visiva è stata per me il canale percettivo più immediato ed efficace. È probabilmente per questo che sono stato attratto fin da subito dalla lettura di fiabe e racconti visivi, poi di libri di storia, arte e letteratura che mi consentivano di comprendere i messaggi e i sentimenti espressi anche attraverso il supporto di immagini. Nel momento in cui ho dovuto decidere a quale scuola superiore iscrivermi, ho scelto il liceo artistico proprio perché l’arte offriva la possibilità di rappresentare e comprendere visivamente pensieri e concetti astratti. Ero molto affascinato dalle leggende e dai racconti della letteratura classica a cui spesso si ispirano le opere d’arte. Trovavo infatti che molte rappresentazioni di questi racconti fossero legate anche alle relazioni interpersonali esistenti nella vita quotidiana, in quanto trattavano di argomenti come: la natura, i sentimenti, la vita sociale e politica.

2. Quali studi hai condotto alla Gallaudet University?
Nel 2004 ho vinto la borsa di studio della Roberto Wirth Fund – Fulbright Program presentando un progetto di ricerca su “Educazione artistica bilingue”. Alla Gallaudet University ho approfondito questa tematica attraverso lo studio della creatività artistica in ambito pedagogico e dell’educazione sul Bilinguismo. Ciò che ho appreso, e che mi è tornato utile a livello professionale una volta rientrato in Italia, è l’importanza di riconoscere il valore linguistico e culturale di ciascuna delle due lingue (italiano e lingua dei segni) e di saperle tenere distinte, ovvero trovare il modo di esprimere correttamente i contenuti in ciascuna lingua senza mescolarle.

3. Com’è nata l’idea di creare delle video-guide in LIS? 
Le video-guide in LIS nei musei italiani esistevano già prima che io iniziassi a occuparmene professionalmente. Sono stato però tra i primi sordi a essere coinvolto in questo tipo di progetti, soprattutto grazie al supporto di Elena Radutzky. Fu lei a propormi per prima di collaborare come esperto di arte alla trasposizione dei contenuti artistici nella lingua dei segni e ad aiutarmi a muovere i primi passi in questo settore in cui mi sono poi specializzato negli anni, giungendo a elaborare una mia idea professionale di video-guida inclusiva: l’audio-video guida LIS.

4. Quanti e quali progetti hai realizzato in questi anni in giro per l’Italia? 
Dopo gli studi in America, dal 2005 ad oggi, ho collaborato a più di una cinquantina di progetti in ambito artistico: attività per bambini sordi e udenti in ambito scolastico e museale, almeno venticinque progetti per la realizzazione di video-guide e visite guidate in LIS per noti luoghi di cultura (i Musei Capitolini di Roma, gli Uffizi di Firenze, Piazza dei Miracoli a Pisa, il Duomo di Milano, Matera, i Palazzi dei Rolli di Genova), numerosi corsi di formazione sul linguaggio artistico in LIS per interpreti, assistenti alla comunicazione, docenti LIS, aspiranti guide LIS sorde e non e sull’accessibilità culturale per addetti museali e per universitari aspiranti organizzatori di eventi culturali. Ho avuto inoltre l’onore di essere invitato dal MiBACT a esporre un mio contributo su “Accessibilità e lingua dei segni” all’interno del volume: “Il Patrimonio culturale per tutti. Fruibilità, riconoscibilità, accessibilità” a cura di Gabriella Cetorelli e Manuel R. Guido per la collana “Quaderni della valorizzazione” (http://musei.beniculturali.it/wp-content/uploads/2018/06/Il-patrimonio-culturale-per-tutti.-Fruibilità-riconoscibilità-accessibilità.-Quaderni-della-valorizzazione-NS-4.pdf). In tutti i progetti a cui ho collaborato il mio obiettivo è stato quello di diffondere la conoscenza del valore della Lingua dei Segni su tutto il territorio italiano, considerando che l’Italia è caratterizzata da un ricco patrimonio artistico.
Ecco un elenco dei progetti cui ho collaborato:
https://www.youtube.com/watch?v=BRis1o4tLMs (Musei Capitolini)
http://www.polomuseale.firenze.it/didattica/?s=sezioni/piantina.php (Galleria degli Uffizi)
https://www.youtube.com/watch?v=KudXaLjs-BM&t=7s (miracoLIS – la torre pendente)
https://www.youtube.com/watch?v=UYpi3tIqaTg&t=1s (Parco della Murgia Materana – parte 1)
https://www.youtube.com/watch?v=o46-MX0dKlw (Palazzo Reale di Genova)

Per quanto riguarda le Marche:
https://www.youtube.com/playlist?list=PL9gHK4sWH9lwqFyiWJP3xrH7eETjnBBid (Palazzo Ducale di Urbino)
https://www.youtube.com/watch?time_continue=14&v=tiojGuYKlz4 (La Pietà di San Pietro, opera di Michelangelo, per il progetto “Arteinsieme” del Museo Tattile Statale Omero di Ancona)
https://www.youtube.com/watch?v=1_eJqFBc380 (Fermo città aperta)
https://www.facebook.com/watch/?v=2106931279540018 (Grotte di Camerano)

5. Che cosa significa accessibilità culturale? 
Accessibilità culturale per me vuol dire saper trasmettere l’amore per la cultura a chiunque e senza limiti. Utilizzando una metafora direi che significa “affrontare un percorso e di fronte a degli ostacoli cercare vie alternative”. Nel caso delle persone sorde i limiti e le difficoltà si possono superare in vari modi. Si pensa spesso che l’unica soluzione sia il servizio di interpretariato. Esistono tuttavia altre possibilità. Ad esempio l’inserimento di personale qualificato competente nella lingua dei segni e che possa quindi interagire direttamente con eventuali visitatori sordi segnanti. Ove possibile, sarebbe auspicabile che il personale segnante fosse costituito da persone sorde in grado di svolgere il ruolo di guida in lingua dei segni. Vivendo il deficit sensoriale in prima persona, difatti, un sordo conosce bene le esigenze dei destinatari e saprà adeguarsi più facilmente alle loro richieste. Tale scelta sarebbe inoltre in linea con gli articoli 24 e 30 della Convenzione Onu che sottolineano l’importanza di utilizzare il potenziale intellettuale delle persone con disabilità per l’arricchimento della società. È chiaro che le persone sorde non sono tutte uguali ma presentano esigenze diverse. C’è chi non conosce la lingua dei segni, chi presenta un buon residuo uditivo e per questo necessita di servizi diversi come ad esempio: l’uso della lettura labiale, il campo a induzione magnetica, l’inserimento di sottotitoli e audio nei supporti visivi presenti. Per questo motivo negli ultimi anni sono sempre più orientato verso la produzione di audio video guide inclusive rivolte a un pubblico più vasto possibile, in modo da consentire a tutti di apprezzare l’arte italiana attraverso la visione di descrizioni multimodali.

6. Sulla base della tua esperienza come educatore sordo, quali possono essere strategie utili a favorire l’inclusione scolastica?
Ho iniziato a lavorare come educatore sordo alla fine degli anni ’90. Ho poi proseguito dopo gli studi in America in diverse scuole fino a due anni fa, lavorando sia come educatore sordo che come assistente alla comunicazione. L’esperienza mi ha insegnato che si può sfruttare molto la tecnologia – che ormai da anni si è diffusa anche in contesti scolastici – ai fini dell’inclusione. Ci si può ad esempio avvalere dell’uso di internet, scegliendo filmati esplicativi di alcuni contenuti da un canale video (es. youtube), attivare i sottotitoli e visionarli con l’intera classe. Oppure procurarsi dei video in lingua dei segni, in cui siano presenti narratori sordi che raccontano storie in LIS o descrivono argomenti di letteratura, storia, arte, tecnologia o altre materie, da utilizzare come parte integrante della lezione del docente di classe. Nei casi in cui non si dovesse riuscire a reperire materiale in lingua dei segni, una strategia utile per favorire l’inclusione scolastica è creare materiale in LIS con lo studente sordo e i suoi compagni. In questo modo si può insegnare loro a sfruttare la tecnologia per inserire supporti adeguati per le persone sorde come i sottotitoli e il testo o per creare mappe concettuali visive e presentazioni ppt accessibili [vedi ad es. https:// youtu.be/NatLUZfiCwQ (addio cecilia) – https://youtu.be/2SxbcBzOKD4(il tuono) ]. In un’ottica più vicina al bilinguismo il massimo dell’inclusione si potrebbe ottenere se la scuola avesse nel suo organico anche insegnanti sordi o udenti competenti in lingua dei segni, oltreché nella materia corrispondente agli studi effettuati. In questo modo le lezioni potrebbero essere svolte direttamente sia in italiano che in lingua dei segni, consentendo il crearsi di un ambiente paritario che stimoli l’apprendimento. I bambini e gli studenti sordi si sentirebbero sicuramente a proprio agio e parte della classe.

7. Quali benefici pensi apporterebbe l’inserimento della LIS come materia scolastica? 
I benefici dell’inserimento della LIS come materia scolastica sarebbero molteplici: dall’inclusione all’ampliamento delle capacità di espressione, comunicazione e attenzione visiva di tutti i bambini sordi e udenti. Credo però che tra i maggiori benefici ci sarebbe quello di aiutare a sconfiggere il bullismo. Per esperienza diretta a scuola, ho potuto notare che l’uso della lingua dei segni in alcune attività didattiche ha fatto sì che i ragazzi potessero partecipare con la voglia di imparare e condividere esperienze. Li ha così aiutati a conoscersi e a capirsi meglio. I bambini sono soggetti all’influenza delle opinioni degli adulti e con l’inserimento della LIS a scuola sarebbero gli adulti a insegnare ai bambini il bello della diversità. La LIS consentirebbe inoltre di divertirsi tutti insieme.

8. Perché promuovere un’educazione di tipo bilingue? 
L’educazione bilingue per i bambini sordi in Italia è attualmente ancora poco diffusa. Ci sono esperienze positive di bilinguismo all’interno di alcuni contesti familiari, grazie al supporto di educatori sordi qualificati o perché i genitori utilizzano sia la lingua dei segni che la lingua italiana. In ambito scolastico invece non si sono ancora raggiunte esperienze di vero e proprio bilinguismo secondo i modelli scientificamente provati in altre nazioni per le lingue parlate e le lingue segniche. Questo tipo di educazione, difatti, presuppone a livello scolastico la presenza di insegnanti competenti sia in lingua dei segni che nella materia corrispondente agli studi effettuati, in modo che le lezioni possano essere svolte direttamente sia in italiano che in lingua dei segni, senza bisogno di traduzioni o mediazioni, consentendo a tutti, sordi e udenti, di divenire competenti nelle due lingue. Come ho già detto, l’educazione bilingue permette di apprendere in un contesto paritario in cui tutti (non solo il bambino sordo) presentano livelli di apprendimento diverso dell’una o dell’altra lingua. Consente a chiunque, sordo o udente, di sentirsi parte integrante di scuola, società e famiglia. Aiuta infine ad andare oltre la diversità di lingua, cultura, deficit o razza per mettersi in contatto con l’altro. Questo è quanto ho potuto sperimentare personalmente anche in famiglia. In casa con mio figlio udente io segno e mia moglie udente parla. Lui già a meno di due anni sapeva dire che io segno e che la mamma parla. Ora a due anni ha capito che io non sento e che la mamma sente. Per lui è la normalità, non vede nulla di strano in questo e sa come comunicare con l’uno o con l’altro. Questo approccio di educazione bilingue, accompagnato da osservazioni di apprezzamento sulla bellezza specifica delle persone, credo fermamente che gli consentirà di comunicare senza paura con chiunque, non guardandolo come diverso o come una persona con bisogni specifici, bensì come essere umano. Un po’ come se uscisse dalla bolla di vetro in cui vive, costituita dalla sua lingua e cultura, per mettersi in contatto con le persone con cui vorrà comunicare.

9. L’Italia e il riconoscimento della Lingua dei Segni Italiana (LIS). Cosa pensi possa cambiare per le persone sorde? 
Il riconoscimento della Lingua dei Segni Italiana sarebbe una rivincita sul Congresso di Milano del 1880. Il Congresso, conclusosi con il motto “I segni uccidono la parola”, portò al divieto dell’uso della lingua dei segni nell’educazione dei sordi. Questo ebbe tristi conseguenze per le persone sorde dal punto di vista dell’apprendimento e della comunicazione, tra cui anche la scomparsa di molti educatori sordi che prima di allora avevano insegnato negli istituti specializzati. Immagino che il riconoscimento possa accelerare la riconquista della dignità e dei diritti negati ai sordi dopo il 1880 e costituire un passo in avanti verso il bilinguismo.

10. Qual è il tuo motto? 
Never give up! È importante credere nella strada che si è scelta e non lasciarsi scoraggiare dalle difficoltà che si incontrano lungo il cammino. Solo così si può raggiungere la propria meta.

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di Michele Peretti
redazione@viverefermo.it

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