79 anni fa italiani e italiane scelsero democraticamente di abolire la monarchia e diventare una repubblica, in un clima teso e con qualche incidente
Il 2 giugno è la Festa della Repubblica: si festeggia il referendum con cui il 2 e 3 giugno del 1946 gli italiani e le italiane scelsero democraticamente se mantenere la monarchia che governava il paese fin dalla sua unificazione o abolirla e instaurare una repubblica. Vinse la repubblica, che ottenne 12.718.641 voti, contro i 10.718.502 della monarchia, in un voto che per la prima volta vide la partecipazione a livello nazionale delle donne (che in molti casi avevano già votato alle amministrative di alcuni mesi prima).
Il voto si tenne alla fine di uno dei periodi più difficili della storia contemporanea italiana: dopo la compressione delle libertà del ventennio fascista e fra le macerie lasciate dalla Seconda guerra mondiale, dai bombardamenti degli Alleati e dalle demolizioni e rappresaglie di nazisti e fascisti. La povertà era diffusa ovunque e il clima era teso, dopo le divisioni lasciate dal regime, dalla guerra e dalla lotta per la liberazione: molti si aspettavano una guerra civile, e questo influenzò il voto e quello che accadde dopo.
Il risultato del voto, l’unico referendum istituzionale (cioè in cui si sceglie l’assetto dello stato) tenutosi in Italia, mostrò in effetti una profonda divisione: quella fra il Sud, che votò a larga maggioranza per il mantenimento della monarchia, e il Nord, che invece propese per la repubblica. In quella che è l’attuale Campania, per esempio, la repubblica ottenne più voti solo in una manciata di comuni, mentre al Nord le uniche province a votare in maggioranza la monarchia furono Cuneo e Padova. Il risultato più netto per la repubblica fu a Trento.
I leader dei principali partiti erano quasi tutti a favore della Repubblica, ma temevano che al sud i monarchici avrebbero potuto organizzare insurrezioni o rivolte e che in caso di disordini i carabinieri si sarebbero schierati con il re. Anche i repubblicani erano divisi tra di loro: i centristi temevano che i comunisti stessero organizzando un colpo di stato o una rivolta, non troppo diversa da quella scoppiata in Grecia in quei mesi. Al Sud ci fu qualche scontro: uno dei più gravi fu a Napoli, dove un gruppo di monarchici attaccò una sede del Partito Comunista – vi si era rifugiato anche Giorgio Napolitano, anni dopo divenuto presidente della Repubblica – e quando la polizia intervenne nove manifestanti monarchici furono uccisi.
Contestualmente al referendum si tennero anche le elezioni per l’Assemblea Costituente, l’organo che scrisse la Costituzione italiana e si occupò di alcuni importanti compiti istituzionali prima dell’elezione del primo parlamento, nel 1948. Il partito che ottenne più voti fu la Democrazia Cristiana, seguita dal Partito Socialista e da quello Comunista, i tre partiti che dominarono la vita politica del paese per i successivi cinquant’anni.
I primi risultati preliminari dello spoglio davano in vantaggio la monarchia, che però venne nettamente superata dalla repubblica col proseguire del conteggio. Il 10 giugno la Corte di Cassazione proclamò per la prima volta il risultato, con qualche complicazione: usò una formula dubitativa, che rimandava al 18 giugno l’ufficializzazione dell’esito del voto, per poter analizzare alcune segnalazioni arrivate soprattutto dalla parte monarchica. Gli aventi diritto erano 28 milioni, votarono in 25 (l’affluenza fu dell’89 per cento), i voti per la repubblica furono il 54 per cento di quelli validi, quelli per la monarchia il 45, le schede bianche o non valide 1 milione e mezzo, gli astenuti circa 3 milioni.
Alcide De Gasperi, capo del governo provvisorio, non attese però la proclamazione ufficiale: fra il 12 e il 13 giugno prese formalmente atto del risultato e proclamò il passaggio di poteri dal re Umberto II (in carica da un mese dopo l’abdicazione del padre Vittorio Emanuele III) al governo provvisorio, dopo un breve scontro con le istituzioni monarchiche.
Le complesse vicende dello spoglio, gestito in maniera incerta e a volte decisamente pasticciata, ma anche la situazione in cui si tenne il voto e la sua importanza storica hanno dato vita a teorie secondo cui il risultato fu determinato dai brogli, che riaffiorano periodicamente in occasione della Festa della Repubblica. Secondo le analisi di storici ed esperti che negli anni hanno approfondito le dinamiche del voto e i risultati, la votazione si svolse in maniera tutto sommato regolare; inoltre, creare artificialmente un distacco di quasi 2 milioni di voti avrebbe richiesto la complicità di migliaia di persone e lasciato dietro di sé molte prove.
Il voto non si svolse su tutto il territorio dell’Italia del tempo, né tutti i cittadini italiani ebbero veramente la possibilità di esprimersi. Migliaia di persone si trovavano ancora nei campi di prigionia alleati o internati in Germania. Inoltre non venne organizzato il voto in provincia di Bolzano, che venne annessa alla Germania alla fine della guerra e poi venne messa sotto controllo degli Alleati, né nei territori orientali, dell’Istria e a Zara, che furono ceduti alla Jugoslavia, e a Trieste, che fino al 1954 rimase sotto una forma di amministrazione internazionale.
La Festa della Repubblica si celebra dal 1948, ma non è stata sempre il 2 giugno. Nel 1977 per questioni economiche (per non perdere un giorno lavorativo) si decise di renderla una festa “mobile” che ricorreva ogni anno la prima domenica di giugno. L’anno precedente non si festeggiò a causa del terremoto che colpì il Friuli Venezia Giulia il 6 maggio 1976. Fu reintrodotta come giorno festivo al 2 giugno nel 2000 dal secondo governo Amato, su iniziativa del presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.
Il cerimoniale ufficiale della Festa della Repubblica prevede che il presidente della Repubblica deponga una corona d’alloro in omaggio al Milite Ignoto, all’Altare della Patria che si trova a Roma in piazza Venezia. Lungo i Fori Imperiali a Roma si svolge poi la sfilata delle forze armate. Oltre all’Esercito Italiano, alla Marina Militare, all’Aeronautica Militare e ai Carabinieri, alla parata partecipano anche la Guardia di Finanza, la Polizia, i Vigili del Fuoco, la Guardia Forestale, la Croce Rossa Italiana e alcuni corpi della Polizia municipale di Roma e della Protezione Civile.
Non è però sempre stato così.