Per la prima volta in Messico si vota per eleggere i giudici, alla cieca

0
7 Numero visite
La presidente messicana, Claudia Sheinbaum, mostra com'è fatta la scheda elettorale, il 28 maggio a Città del Messico (Carlos Santiago/eyepix via ZUMA Press Wire)

Perché le schede sono complicate e si sa poco della miriade di candidati: tranne di qualcuno che ha lavorato per i narcos o avuto guai con la giustizia

Domenica in Messico si vota per la prima volta per eleggere una parte consistente dei magistrati del paese, inclusi i 9 giudici della Corte suprema. Sono elezioni eccezionali perché sono il risultato di una contestata riforma costituzionale, fatta approvare dal partito di governo Morena contro la volontà della categoria, che aveva scioperato e protestato. La maggioranza delle persone ha scarsa consapevolezza su queste elezioni anche perché sono state organizzate con regole intricate, la campagna elettorale è stata dispersiva, e perché i candidati sono tantissimi: 7.773 per 2.681 incarichi. Ci si aspetta pertanto un’affluenza bassa.

In Messico le cariche giudiziarie sono circa 7mila, per quelle che restano fuori da questa tornata si voterà nel 2027. La riforma era stata introdotta dall’allora presidente Andrés Manuel López Obrador e portata avanti dalla sua successora Claudia Sheinbaum, entrambi di Morena. López Obrador si era ripetutamente scontrato con i giudici, che avevano bloccato alcune sue riforme. Quella della giustizia era stata vista come un modo per rendere più controllabile la magistratura, politicizzandola ma anche esponendola a maggiori condizionamenti. I suoi fautori, invece, avevano sostenuto che servisse a ridurre la corruzione e aumentare la trasparenza.

In precedenza i giudici venivano nominati sulla base di qualifiche, titoli di studio e anni di esperienza, come in molti altri paesi. Gli incarichi da rinnovare quest’anno, tra cui quelli di 881 giudici federali, sono stati sorteggiati. Prima del sorteggio si erano candidate quasi 50mila persone, ma molte non rispettavano i requisiti previsti: una laurea in legge, almeno cinque anni d’esperienza, un saggio e una lettera di referenze di cinque persone.

Il processo di selezione dei candidati è stato piuttosto opaco, affidato a commissioni statali su cui hanno avuto grossa influenza il governo e il parlamento, dove Morena ha una maggioranza schiacciante. Alla fine sono passati anche alcuni candidati assai problematici: per esempio due ex avvocati di esponenti di cartelli del narcotraffico, uno dei quali invischiato in un caso di minacce di morte a giornalisti uccisi, e due arrestati in passato per traffico di metanfetamina (uno è stato in carcere negli Stati Uniti).

Una protesta contro la riforma della giustizia, lo scorso settembre a Città del Messico

Una protesta contro la riforma della giustizia, lo scorso settembre a Città del Messico (AP Photo/Felix Marquez)

I dirigenti di Morena hanno parlato di «errori umani», sostenendo che questi casi siano una minoranza rispetto all’enorme mole di candidature. In ogni caso, i candidati potranno essere esclusi solo dopo le elezioni: l’Instituto Nacional Electoral (INE), cioè l’agenzia pubblica che le organizza, infatti esaminerà solo i candidati più votati.

Alberto Zinser, un avvocato penalista messicano, ha spiegato al New York Times che il problema non sono tanto questi casi noti perché raccontati dai media, «ma ciò che non sappiamo sulle migliaia di candidati per cui voteremo». Secondo un sondaggio, citato pure dalla presidente Sheinbaum, solo il 23 per cento degli intervistati sa qualcosa sui candidati, che per la maggioranza delle persone sono degli sconosciuti.

Il governo ha creato una piattaforma web per consentire alle persone di familiarizzare con i candidati. Le regole e le modalità delle elezioni, però, non hanno aiutato a uscire dall’anonimato quelli meno noti di loro. Ai candidati è stato vietato di rendere pubblica la loro eventuale affiliazione politica, anche se quelli vicini a Morena hanno largamente ignorato questa indicazione e in diversi casi il partito ha dato indicazioni di voto.

Il sorteggio di quali incarichi giudiziari includere in questa tornata elettorale, lo scorso 30 gennaio al Senato messicano

Il sorteggio di quali incarichi giudiziari includere in questa tornata elettorale, lo scorso 30 gennaio al Senato messicano (AP Photo/Eduardo Verdugo)

Per la campagna elettorale si potevano usare solo finanze proprie, con un limite di spesa di 220mila pesos (10 mila euro), a prescindere dall’incarico a cui si aspirava, fosse la Corte suprema o un tribunale distrettuale. Per fare un paragone, per chi si candida alle elezioni politiche il limite è di 2,2 milioni di pesos (100mila euro).

Erano vietati anche i grossi comizi e l’acquisto di spazi pubblicitari sui media tradizionali. I candidati, dunque, si sono buttati su una campagna porta a porta e sui social network, a volte con esiti bizzarri. Per esempio uno ha fatto campagna sulla app per incontri Tinder. Un altro per mostrarsi alla mano si è paragonato al chicharrón, un piatto di cotica di maiale fritta, e da lì in poi sui media è diventato il «giudice chicharrón». Un’altra si è soprannominata «Dora la transformadora», in un doppio riferimento a un cartone animato e a uno dei mantra politici di López Obrador e Sheinbaum, la «quarta trasformazione» del Messico.

Un video tutorial in cui la presidente, Claudia Sheinbaum, mostra le schede e le modalità del voto

I tentativi di candidate e candidati di attirare l’attenzione si scontrano con un sistema di voto piuttosto laborioso. Anzitutto, a differenza delle elezioni politiche, sulle schede non ci sono i loghi dei partiti, ma occorre scrivere un numero associato al candidato. Le schede sono almeno sei, di altrettanti colori diversi: una per ciascun ramo della magistratura federale per cui si vota. Somigliano a tabelle molto fitte e al loro interno c’è un secondo schema di colori, che asseconda le branche del diritto: civile, penale, amministrativo.

Un'elettrice mostra le istruzioni di voto ricevute da una candidata, con il fac-simile delle schede

Un’elettrice mostra le istruzioni di voto ricevute da una candidata, con il fac-simile delle schede (AP Photo/Fernando Llano)

Infine in 19 stati su 32 si vota anche per i livelli locali della magistratura (1.800 posti in tutto), e quindi lì le schede aumentano. Per esempio, nella capitale Città del Messico gli elettori ricevono in tutto 9 schede e, in teoria, devono scegliere una cinquantina di nomi da un elenco di 300. L’INE ha calcolato che per votare ci vorranno tra gli 8 e i 14 minuti.

Saranno infine aperti meno seggi del solito – 84mila contro i 170mila delle scorse presidenziali – perché il governo ha stanziato metà della cifra richiesta dall’INE. I voti verranno contati a mano e non ci saranno exit poll o proiezioni: i risultati si sapranno a partire dal 15 giugno. «Non abbiamo mai visto nulla del genere prima. Il Messico sta facendo un esperimento, e non sappiamo quale sarà l’esito», ha detto all’Associated Press Carin Zissis, la direttrice del sito del think tank Council of the Americas.

Redazione Il Post

L'informazione completa