Rebibbia: scarcerato perché sordomuto. «Ha diritto a una vita di relazione»

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di Ilaria Sacchettoni – Roma Corriere

Di origini siciliane sconta condanne per furti aggravati e stupefacenti. Il lavoro nel penitenziario lo aveva reso orgoglioso. L’esclusione, invece, violento

L’uomo che non sente, ora, è divenuto un simbolo di giustizia, di un carcere alleggerito dalle afflizioni supplementari che somigliano tanto alla crudeltà gratuita. La storia di F.F., 42 anni, detenuto per una sfilza di furti aggravati, sordomuto dalla nascita e oggi scarcerato perché possa ritrovare il contatto con i suoi simili, comincia a Rebibbia qualche anno fa. Figlio di una famiglia siciliana che lo avvia all’attività criminale, racconta (tramite il linguaggio dei segni) che il padre e lo zio lo spingevano a rubare. Non finisce le elementari, si dedica a piccoli traffici illeciti, conosce una donna con la quale fa un figlio ma che lo tradisce e dalla quale, umiliato, si allontana.

 Accumula una condanna per stupefacenti prima e altre per furto aggravato poi. In carcere la sua solitudine si converte al linguaggio della rabbia contro sé e contro gli altri. Dà fuoco agli arredi, arriva a tentare di impiccarsi, litiga. Il rapporto con il prossimo è scandito solo da ragioni opportunistiche: una piccola pensione che ha a dispos izione lo colloca tra i soggetti di cui approfittare. Paga per tutti il poco che un penitenziario può offrire sotto il profilo degli acquisti.

Lui, intanto, si strugge per ritrovare suo figlio che vive in un altro Paese. Non ha un domicilio che non sia il penitenziario, quindi anche le alternative diventano improbabili. Di nuovo la soluzione appare per caso. Padre Castiglione si rende disponibile a ospitarlo una volta a settimana nella sua missione dove vivono altri sordomuti come lui. È un esperimento. Ma funziona. Il sabato, dalle 12 alle 19, F.F. trova degli amici in quella comunità. La vera svolta, però, arriverà più avanti, quando Vittoria Stefanelli, magistrato di sorveglianza, firmerà l’ordinanza di scarcerazione: F.F. sconterà l’anno residuo di condanna nella missione di padre Castiglione. Una frase di quel documento restituisce al detenuto i suoi diritti e una qualche prospettiva di felicità: «Si ritiene di poter ammettere F. all’esecuzione della pena presso il domicilio (la missione, ndr) in considerazione del fatto che la disponibilità all’accoglienza da parte del citato studentato appare una risorsa da non sprecare e si ritiene che, in questo ambito, possa essere contenuta la pericolosità del condannato e possa essere avviato un reale percorso di recupero garantendogli una reciprocità relazionale con persone sordomute che conoscono il linguaggio dei segni». 

Lui, intanto, si strugge per ritrovare suo figlio che vive in un altro Paese. Non ha un domicilio che non sia il penitenziario, quindi anche le alternative diventano improbabili. Di nuovo la soluzione appare per caso. Padre Castiglione si rende disponibile a ospitarlo una volta a settimana nella sua missione dove vivono altri sordomuti come lui. È un esperimento. Ma funziona. Il sabato, dalle 12 alle 19, F.F. trova degli amici in quella comunità. La vera svolta, però, arriverà più avanti, quando Vittoria Stefanelli, magistrato di sorveglianza, firmerà l’ordinanza di scarcerazione: F.F. sconterà l’anno residuo di condanna nella missione di padre Castiglione. Una frase di quel documento restituisce al detenuto i suoi diritti e una qualche prospettiva di felicità: «Si ritiene di poter ammettere F. all’esecuzione della pena presso il domicilio (la missione, ndr) in considerazione del fatto che la disponibilità all’accoglienza da parte del citato studentato appare una risorsa da non sprecare e si ritiene che, in questo ambito, possa essere contenuta la pericolosità del condannato e possa essere avviato un reale percorso di recupero garantendogli una reciprocità relazionale con persone sordomute che conoscono il linguaggio dei segni». 

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