Al governo il regolamento europeo sui rimpatri non piace più

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Dopo averlo rivendicato come un proprio successo, ora Fratelli d’Italia e il ministero dell’Interno chiedono di cambiarlo, tra molte contraddizioni

di Valerio Valentini

Martedì la commissione parlamentare Politiche dell’Unione Europea del Senato ha discusso la nuova proposta di regolamento europeo sui rimpatri. Quando la commissione, lo scorso marzo, aveva presentato questo piano, Fratelli d’Italia lo aveva accolto con toni trionfalistici, e la stessa Giorgia Meloni lo ha poi più volte descritto come un successo del suo governo.

Ci si attendeva dunque che anche in parlamento venisse confermato questo apprezzamento. Invece Marco Scurria, il senatore di Fratelli d’Italia a cui era stato assegnato il compito di fare da relatore sul tema, nel suo intervento ha fatto diverse critiche al regolamento europeo, ripetendo in sostanza quelle indicate in un rapporto di 50 pagine elaborato dal ministero dell’Interno, e che era rimasto finora riservato. Scurria ha così ottenuto dal presidente della commissione, Giulio Terzi di Sant’Agata, pure lui di Fratelli d’Italia, che il seguito della discussione venisse rinviato alla prossima settimana.

La richiesta di maggiori approfondimenti su un atto della Commissione Europea sottoposto al parere dei parlamenti nazionali non è di per sé un fatto rilevante. Lo è però, in questo caso, per due motivi: innanzitutto perché finora proprio le politiche migratorie, e la scelta della presidente della Commissione Ursula von der Leyen di rendere più severe alcune procedure di accoglienza e rimpatri, erano state il tema su cui Meloni aveva rivendicato il suo maggior successo in ambito europeo; e poi perché la scorsa settimana alla Camera la maggioranza aveva dato parere favorevole alla nuova proposta di regolamento, quando era stata discussa nella commissione analoga. C’è dunque una contraddizione difficile da spiegare.

«Io, nel mio intervento, mi sono attenuto a una relazione fatta dal governo, che esprime appunto, pur nel complesso di un generale apprezzamento per l’inasprimento delle norme europee, alcune critiche», spiega Scurria. «L’incongruenza col parere espresso dalla Camera è un tema su cui ci confronteremo coi nostri colleghi deputati, ma ha a che vedere purtroppo con uno strambo funzionamento del nostro parlamento per cui, quando le due camere sono chiamate a esprimere pareri su analoghe disposizioni europee, non si consultano preventivamente per coordinarsi tra loro».

Il regolamento in questione era stato presentato dalla Commissione Europea l’11 marzo: introduce, tra le altre cose, delle misure per facilitare il rimpatrio di migranti irregolari, rendendo più omogenee le procedure tra i vari Stati membri, e consentendo per esempio che un paese possa eseguire immediatamente un provvedimento di espulsione nei confronti di una persona anche quando il provvedimento è stato emanato da un altro paese dell’Unione. Inoltre, il regolamento prevede la possibilità di trasferire i migranti in attesa di espulsione fuori dal territorio dell’Unione Europea. Nel complesso il regolamento accoglieva, in modo più o meno diretto, molte delle istanze dei governi e dei partiti di destra e di estrema destra.

Proprio per questo,vari dirigenti di Fratelli d’Italia avevano esultato: dall’europarlamentare Alessandro Ciriani, fratello del ministro Luca, al senatore Marco Lisei; dal vicepresidente della Camera Fabio Rampelli al viceministro della Giustizia Andrea Delmastro. La stessa Meloni, durante il Consiglio Europeo del 20 e 21 marzo che esaminò il regolamento, disse che si trattava di «un documento che abbiamo sostenuto e che sosteniamo con forza».

Come sempre succede in questi casi, la proposta di regolamento della Commissione viene inviata al parlamento e al Consiglio Europeo: e questa procedura prevede un giudizio preliminare dei vari parlamenti nazionali, che hanno 8 settimane di tempo, cioè fino al 27 giugno, per esprimere eventuali obiezioni di merito e di metodo. In particolare, i parlamenti nazionali sono chiamati a valutare se il nuovo regolamento rispetti i principi di sussidiarietà e di proporzionalità: cioè, in sintesi, se effettivamente l’intervento dell’Unione Europea nel disciplinare materie su cui non ha una competenza esclusiva comporti una maggiore efficienza a livello europeo e introduca delle regole che siano un compromesso coerente ed equo per tutti gli Stati membri.

Nessuno dei parlamenti che hanno finora esaminato la proposta ha espresso pareri contrari. Se dunque la settimana prossima il Senato voterà, come anche lo stesso Scurria ritiene scontato, accogliendo le riserve del ministero dell’Interno, quello italiano sarà il primo parlamento a fare obiezioni. La Commissione, a quel punto, esaminerà il parere del Senato e potrà rispondere o spiegando il motivo per cui non accoglie quelle richieste di modifica, oppure – cosa assai rara – decidendo di riformare la proposta di regolamento.

Nel merito, le obiezioni di Fratelli d’Italia riguardano il fatto che l’armonizzazione dei regolamenti sui rimpatri a livello europeo comporterebbe, per l’Italia, un «aggravio procedurale tale da compromettere l’obiettivo stesso del regolamento, ossia il miglioramento dell’efficienza del sistema dei rimpatri». In sostanza, per il governo il problema è questo: le nuove norme europee, seppure nel complesso più restrittive di quelle attuali, imporrebbero però all’Italia di seguire procedure più lunghe e più complesse di quelle attualmente in uso.

Per esempio, sul mutuo riconoscimento delle decisioni di rimpatrio. Se oggi un migrante riceve un decreto di espulsione in Italia, una volta che riuscisse ad andare in Francia, quel provvedimento sarebbe non più valido, e la Francia dovrebbe iniziare da capo le procedure per verificare l’effettivo diritto di quella persona a restare sul proprio territorio, e poi nel caso per emettere un nuovo decreto di espulsione.

Il nuovo regolamento risolve questo problema: il provvedimento di espulsione emesso da un qualsiasi Stato membro è valido ed eseguibile ovunque nel territorio europeo. Per il governo italiano, però, ciò limiterebbe «la discrezionalità dello Stato membro per quanto riguarda, per esempio, la durata del divieto di reingresso». Ovvero: l’Italia dovrebbe eseguire un provvedimento fatto da altri paesi europei che impedisce al migrante irregolare di tornare in Europa, e dunque anche in Italia, dopo un periodo che il governo italiano potrebbe ritenere troppo breve.

Il senatore di Fratelli d’Italia Marco Scurria durante un convegno a Roma, il 15 dicembre 2022 (Roberto Monaldo/LaPresse)

Un altro punto del regolamento contestato dal governo italiano ha a che fare con l’introduzione dell’obbligo di attendere fino a 14 giorni prima di eseguire il rimpatrio: un periodo ritenuto troppo lungo. Inoltre, il governo si oppone all’obbligo di creare strutture di assistenza e di consulenza per fornire ai cittadini di paesi terzi informazioni e orientamenti sulle diverse possibili procedure di rimpatrio: «tale obbligo, pur ispirato a finalità positive», secondo la relazione di Scurria potrebbe «comportare oneri organizzativi e amministrativi significativi».

Per questi e altri motivi, dunque, il governo giudica che il regolamento, così com’è scritto, presenti «aspetti che suscitano preoccupazione», e che «non possa ritenersi soddisfatto il principio di proporzionalità». Pertanto chiede alla Commissione di cambiare alcune parti del testo. Per Scurria, però, questo giudizio in buona sostanza negativo non contraddice la soddisfazione con cui il governo aveva inizialmente accolto la proposta della Commissione. «Un cambio di approccio c’è, in Europa, da quando l’Italia con Meloni ha preso l’iniziativa sul tema migratorio, e questo non può che renderci orgogliosi e contenti. Ma proprio perché il momento è propizio per una svolta rispetto al precedente atteggiamento dell’Unione, noi riteniamo che si debba sfruttare questa circostanza per chiedere modifiche più stringenti e più efficaci».

Lunedì la commissione Politiche dell’Unione Europea del Senato tornerà a discutere il testo: il voto, previsto per mercoledì 25 e dunque due giorni prima della scadenza prevista, recepirà verosimilmente le indicazioni del governo e dunque, conferma Scurria, determinerà un parere contrario del Senato.

Redazione il Post

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