La straordinaria storia del danzatore sordomuto nel campo di concentramento di Ferramonti

Ballerino straordinario, ebreo, degenerato e omosessuale. La storia dell’artista che ispirò (forse) Totò. E della sua incarcerazione

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di Mario Rende

Ferramonti di Tarsia: come un prezioso forziere che custodisce e dispensa storie umane, Ferramonti continua a regalarci sorprese. Non solo mere vicende biografiche, ma anche elementi di riflessione per il tempo di oggi. Ho incontrato per la prima volta il nome di Hans Julius Spiegel in una foto presente in un articolo sul campo di Ferramonti pubblicato nel “Picture Post” dell’ottobre 1943, un giornale inglese largamente diffuso fra i soldati alleati. La foto mostrava un uomo magro, di mezza età, che appendeva dei panni da asciugare. La didascalia recitava: “Hans Julius Spiegel, un famoso danzatore e artista tedesco”. Pur essendomi interessato molto ai vari personaggi presenti in quel campo, Spiegel mi era totalmente sconosciuto e quell’aggettivo di “famoso” mi ha spinto a saperne di più. Si è così aperta una strada che mi ha svelato una storia umana e artistica tra le più straordinarie.
È facile immaginare che se Spiegel era a Ferramonti, certamente era lì perché ebreo, ma in realtà il suo destino era marcato a fuoco da ben quattro elementi: ebreo, artista degenerato, omosessuale e handicappato. Nella Germania nazista bastava anche uno solo di questi quattro elementi per essere eliminato: Spiegel ce li aveva tutti, nessuno escluso.

Spiegel, la danza e l’incontro che gli cambia la vita

Spiegel in maschera (cortesia del Deutsches Tanzarchiv Köln)

Berlinese del 1891, proveniva da una famiglia della media borghesia. A tre anni Hans Julius contrasse una malattia che lo renderà per sempre sordomuto. Poco dopo perde entrambi i genitori e viene inviato in un collegio per sordomuti di Berlino. Dimostra subito attitudine verso il disegno e la pittura che studia sia all’accademia di Berlino che in quella di Monaco. A Berlino conosce il coreografo e ballerino Max Terpis che lo introduce alla danza. Tuttavia, l’incontro fondamentale della sua vita artistica è quello con un principe giavanese con cui inizia una relazione e che lo introduce nel mondo delle caratteristiche danze in maschera di quelle regioni dell’estremo oriente. Alla sua morte, il principe dona a Spiegel tutta la sua collezione delle maschere rituali giavanesi con gli abiti necessari per quelle danze. Da quel momento in poi Spiegel si interesserà molto poco alla pittura, ma si dedicherà ad approfondire i suoi studi di danza orientale con Raden Mas Jodjana, un altro danzatore giavanese. I suoi spettacoli di danza in maschera, quasi sempre senza musica, ebbero un grandissimo successo di pubblico e della critica nei teatri d’avanguardia delle principali città europee che, attraverso Spiegel, furono introdotti alla danza orientale. Vi chiederete: come può danzare una persona che non sente? È quindi necessario chiarire un aspetto importante: in occidente la danza è quasi sempre un riflesso della musica. Musica e danza sono sempre strettamente correlate e questo ovviamente ostacola un ballerino sordomuto. Tuttavia, non è così in Estremo Oriente dove la danza è una espressione di sentimenti che si mostrano soprattutto attraverso il movimento del corpo che diventa la parte essenziale della rappresentazione. La musica può anche non esserci o avere solo un ruolo di accompagnamento secondario. Non più una danza che nasce dalla musica con il ballerino in body, ma una danza del corpo che esprime i sentimenti attraverso un mix di gestualità cadenzata e di maschere rituali sempre indossate dal ballerino che mai mostra il suo vero volto. Al contrario della danza europea, in quella orientale i movimenti non sono molti, ma ciascuno ha la sua profonda importanza che la maschera e l’abito di scena valorizza, sintetizzando l’emozione.

La fama di Spiegel: una celebrità dell’avanguardia artistica europea

Hans Julius Spiegel divenne famosissimo e conquistò l’amicizia e la stima dei grandi scrittori tedeschi di allora, da Thomas Mann a Rainer Maria Rilke e Gerhard Hauptmann che gli regalarono con dedica molte delle loro prime edizioni. Nel 1928 vinse il primo premio al Carnevale di Monaco e danzò nella famosa Galleria Sturm di Berlino, patria degli espressionisti tedeschi.

Il suo ritmo e l’ineguagliabile controllo del proprio corpo, le sue danze esotiche e le sue maschere lo trasformarono in una celebrità dell’avanguardia artistica europea. Questa sua fama giustifica quindi l’interesse del giornalista inglese che, fra tutti gli artisti di Ferramonti, fotografa solo lui e il pittore Fingesten. Da un certo punto di vista, mentre Fingesten sicuramente portò al massimo vertice un’arte grafica già nota in Europa come quella degli ex libris, Spiegel introdusse nella danza europea qualcosa di totalmente nuovo. Il suo contributo è stato così importante nella storia della danza che al giorno di oggi in Germania esiste un “Hans Julius Spiegel-Zentrum” (i lettori se vorranno potranno curiosare fra le sue pagine Facebook) molto attivo nell’organizzazione di quel genere di spettacoli e per lo studio su Spiegel. Non esiste un simile “Zentrum” per Fingesten, la cui conoscenza e apprezzamento, anche se grandissimo, è un capitolo di nicchia della storia dell’arte, relegato a pochi studiosi e appassionati collezionisti.

La fuga a Capri, (breve) buen retiro

Nella prima metà degli anni ’20, Spiegel fa numerose tournée in Italia dove ha il suo secondo incontro importante: quello con l’isola di Capri che lui visita per la prima volta nel 1924 alloggiando presso i canonici lateranensi insediatisi presso la Certosa di San Giacomo. Sembrerebbe che con loro, e durante un successivo soggiorno a Roma, Spiegel si convertì al cattolicesimo.
Nel frattempo l’Europa s’infiamma e in Germania il nazismo dilaga: non c’è posto per uno come Spiegel condannabile a morte per ben quattro motivi diversi. Subito dopo essere stato radiato dall’albo degli artisti tedeschi e aver avuto nel suo passaporto una vistosa J rossa ad indicare la sua appartenenza di “juden”, Spiegel lascia la Germania e nel 1938 si ritira in Italia, nella sua amata Capri. In realtà, la pace del suo buen retiro caprese durò poco: il 18 giugno 1940 viene arrestato e trasferito in carcere a Napoli. Fece però in tempo a consegnare le sue maschere e gli abiti da scena a una famiglia locale di sua fiducia. Sembra che i suoi carcerieri napoletani non credessero affatto alla sua menomazione, anzi pensavano fosse il sotterfugio di una spia. Per questo motivo facevano esplodere dei botti o sparavano proprio dietro di lui per capire se sentiva e si spaventava. Compresa la realtà della sua sordità, il 24 giugno 1940 trasferirono Spiegel in confino all’Isola del Gran Sasso dove, particolare interessante, erano confinati anche il gruppo dei cinesi, a lui affini per l’arte coreutica. Insieme a questo gruppo etnico dall’Isola del Gran Sasso, Spiegel raggiunge il campo di internamento di Ferramonti di Tarsia il 16 maggio del 1942.
Del periodo passato a Ferramonti ci sono pochissime tracce se non due foto: quella in cui compare nell’Atelier degli Artisti e quella scattata dai soldati inglesi per Picture Post. Finora non ho trovato altra documentazione che attesti una sua qualche attività coreutica a Ferramonti. Questo però non deve meravigliarci perché la sua specifica danza prevedeva obbligatoriamente l’uso di maschere e di abiti che a Ferramonti non aveva. Quindi non poteva esibirsi come gli altri artisti presenti nel campo.
Arriviamo quindi alla liberazione di Ferramonti di Tarsia del 14 settembre del 1943. Spiegel è un uomo di 52 anni che lascia il campo alla fine di febbraio del 1944, libero di tornare nella sua amatissima Capri e alle sue maschere e costumi.

Il ritorno alle danze mascherate nella “dolce vita caprese”

Foto gentilmente fornita dal dottor Di Tucci

Nel 1944 Capri prende un volto molto diverso dagli anni precedenti: gli americani la usano come un “rest camp”, cioè un luogo ameno dove far riposare gli aviatori militari tra una missione e l’altra. Per questo requisiscono ogni albergo. In un ambiente del genere le sue danze orientali non erano di alcun interesse e, soprattutto, economicamente non lo avrebbero fatto vivere. All’inizio si adatta a fare qualche ritratto agli aviatori o a vendere qualche quadretto con gli scorci di Capri. Probabilmente anche questa attività di pittore non gli dà né sicurezze economiche né soddisfazione. Quindi Hans Julius decide di ritornare alle danze mascherate, ma adattate al nuovo clima americano che sta conquistando l’isola e che porterà, fra gli anni ’50 e ’60, alla cosiddetta “dolce vita caprese”. Spiegel si maschera da guitto, da personaggio strambo e curioso da fotografare. Migliaia e migliaia di turisti di quegli anni avranno portato nei quattro angoli del mondo le loro foto accanto ad un pittoresco e simpatico folletto vestito con abiti dai colori vivaci e stravaganti che si aggirava tra i tavoli della Piazzetta. Maglietta celeste o rossa, pantaloni e calze gialle, scarpe blu, in testa un fez con fiocco multicolore che, nei periodi estivi, veniva sostituito da un ampio sombrero. Una grande pipa ricurva di terracotta, due sacche di tela a tracollo, dita piene di anelli, al collo una infinita varietà di amuleti tra cui un fallo d’avorio con cui benediceva.

Spiegel “imperatore di Capri” diventa l’attrazione del jet-set internazionale

Così conciato diventa l’attrazione della Piazzetta, attirando la simpatia dei turisti e soprattutto del jet-set internazionale di attori e attrici famosissimi che in quegli anni frequentavano Capri. Da Orson Wells a Clarke Gable e Richard Burton, da Liz Taylor a Lana Turner, Grace Fields, Jennifer Jones e Joan Crawford, tutti amici del simpatico guitto di Capri. Tuttavia lo spettacolo si deve sempre pagare, quindi Spiegel chiedeva in cambio un cappuccino o un cornetto, del cibo al bar. Per avere questa ricompensa riusciva a pronunciare solo due parole: “caro amico” e “gratis”. Conseguentemente, Gratìs (con l’accento sulla i) diventa il suo nome popolare, il modo con cui tutti lo chiamavano, turisti e capresi.

Diventa così famoso nel jet-set di quegli anni che, per il suo abbigliamento e la sua bizzarra fisiognomica, venne scelto per diversi spot pubblicitari passati a Carosello e nei giornali. Forse qualche lettore, come me bambino in quegli anni, ricorda la sua figura mentre tiene in mano il “cavallino rosso” simbolo di un brandy di allora, o nella pubblicità del vermouth “Punt e Mes” o accanto alla macchinetta del caffè Gaggia. Possiamo anche immaginare che lo stesso Totò potrebbe aver preso ispirazione proprio dal suo abbigliamento stravagante per alcune scene del film “L’imperatore di Capri” dove recita il personaggio di un artista un po’ dandy. Le somiglianze fra il suo abito di scena e quello di Spiegel sono impressionanti.
Tuttavia, pochissimi dei suoi spettatori capresi sapevano la sua vera storia, chi realmente si celava sotto la maschera del folletto “Gratìs”. Pochissimi sapevano del ballerino famoso in tutta Europa e amico dei grandi scrittori mitteleuropei. Lo sapevano i suoi pochi amici privati che potevano vedere i suoi spettacoli in maschera giavese a Villa Rubina, la casa della famiglia Russo che lo ospitò fino alla fine.

Conoscere e preservare la storia di Ferramonti

Visse come attrazione folkloristica di Capri, nutrendosi dei cappuccini e del cibo che gli veniva dato…gratis! Solo verso la fine degli anni Sessanta ebbe dalla Germania una pensione come perseguitato per la sua origine ebrea. Ho chiesto a chi lo frequentò a Capri se avesse in qualche modo “raccontato” qualcosa del tempo, della sua prigionia, se avesse mai mostrato documenti o foto di quel tempo. Nulla: in quel tempo triste non era in maschera, era stato costretto ad essere solo se stesso.
Morì per problemi cardiaci il 13 ottobre 1974, sempre nella sua amata Capri dove è sepolto. Un tedesco abitante nella stessa isola curò il suo lascito testamentario per cui attualmente le sue maschere e gli abiti sono conservati come “fondo Spiegel” presso il museo etnografico di Monaco. Bisogna sottolineare la sua lucidità nel fine vita: malgrado gli anni passati da guitto, “Gratìs” non aveva scordato il suo passato di famoso danzatore ed era ancora perfettamente cosciente del valore della sua arte. L’essere stato guitto e un po’ burattino per necessità economiche non gli fece scordare l’importanza dell’apporto che aveva introdotto nella danza europea. Questo voleva che rimanesse di lui: danzatore e artista, intellettuale mitteleuropeo. Ancora oggi viene studiato e la sua danza ancora oggi vive nel centro che porta il suo nome.
Per questi giorni della Memoria del 27 gennaio 2023 ricordiamo Hans Julius Spiegel, così come tutte le altre storie di Vita che il campo di Ferramonti, l’amicizia e l’accoglienza degli abitanti di Tarsia hanno preservato nei tempi bui. Tuttavia, non può che meravigliare come queste vite salvate a Ferramonti a loro volta abbiano sviluppato nel mondo storie straordinarie. All’inizio della mia ricerca sul campo, mai avrei collegato Ferramonti al cornetto Algida (Alfred Wiesner), ad un importante ministro greco (Evangelos Averoff-Tossizza), al genio degli ex libris (Michel Fingesten), alla cinematografia italiana degli anni ’60 (Morris Ergas), alla psichiatria di Jung (Ernst Bernard), al jazz (Oskar Klein) e infine al danzatore d’avanguardia Hans Julius Spiegel. Da qui anche la necessità e l’obbligo morale per la nostra nazione, e per il Sud in particolare, di conoscere e preservare quella storia, così come è, con le sue ombre (fu in ogni caso una vergogna della storia italiana) e le sue luci (aver accolto al meglio che si poteva chi non poteva più fuggire).

*Università degli Studi di Perugia

 

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