Home Blog Page 26

Accoltella il compagno sordomuto come lei. Condannata a 4 anni

0

La loro storia era iniziata nel 2023 e per poco meno di un anno avevano convissuto in un appartamento di Orbassano

di Giulia D’Aleo
Redazione La Repubblica Torino

Da tempo aveva iniziato a sfogare la sua rabbia su di lui, insultandolo e picchiandolo dopo liti banali. Lo scorso aprile, lo aveva costretto a rimanere in mutande per non farlo uscire da casa. “Fai schifo”, gli aveva poi urlato poco prima di colpirlo quattro volte con il coltello con cui stava pelando le patate. Per questo motivo Giulia, 29 anni, è stata condannata dal tribunale di Torino a quattro anni per tentato omicidio e maltrattamenti nei confronti dell’ex compagno, un uomo di 31 anni.

La loro storia era iniziata nel 2023 e per poco meno di un anno avevano convissuto in un appartamento di Orbassano. Da fuori era un rapporto insospettabile: i due, entrambi persone sorde, erano riusciti a costruirsi una vita autonoma e apparentemente felice. Ma la realtà era diversa. Le botte erano continue, spesso con calci e pugni, persino con testate sul volto che gli facevano sanguinare il naso. Ogni volta la ragazza tentava di giustificare i suoi comportamenti violenti parlando abusi subiti da un precedente fidanzato, che però non esistevano.

E così il 31enne si trovava totalmente assoggettato, intrappolato in uno stato di umiliazione e paura costanti. Solo in un’occasione aveva chiesto l’aiuto dei genitori per sottrarsi alla compagna: per sfuggire alle aggressioni si era chiuso nel bagno dell’appartamento e li aveva avvertiti per telefono. Finché, il 17 maggio dello scorso anno, la situazione è esplosa. Per evitare di sottostare alle botte, il 31enne aveva tentato di abbandonare l’appartamento, ma Giulia lo aveva costretto a rimanere in mutande, poi gli aveva urlato che “faceva schifo”. Dopo averlo colpito più volte con calci e pugni, lo aveva anche accoltellato ripetutamente all’addome con un coltello da cucina. Una ferita potenzialmente mortale, come ha poi rilevato la perizia del medico legale Roberto Testi. Il ragazzo è riuscito a salvarsi solo uscendo dall’appartamento e chiedendo aiuto ai vicini.

In quel momento era scattata la denuncia, che aveva portato alla luce tutto il sommerso di quei mesi. Nel passato di Giulia, durante le indagini erano poi venute a galla altre storie simili, violenze sul precedente fidanzato. La ragazza aveva tentato di chiedere scusa con una lettera, poi aveva offerto un risarcimento di mille euro. Ma non è bastato. Per lei il pm aveva chiesto una condanna di sei anni, ridotti dalla giudice a quattro anni di detenzione domiciliare con varie restrizioni. La sentenza di oggi, arrivata in tempi brevi, “ci rende soddisfatti – commenta l’avvocata dell’uomo, Caterina Biafora -. Sono state riconosciute le violenze, ma la vittima e la sua famiglia non volevano che Giulia finisse in carcere. La conoscevano da tempo e si sono affezionati, è una ragazza fragile. A loro basta questa condanna e che lei stia seguendo un percorso di cura”. “Io non ce l’ho con la ragazzina – è il commento della mamma del ragazzo -: ce l’ho con i genitori che avrebbero dovuto seguirla”. Anche il trentunenne è ancora in cura: “Ha patito molto questa situazione – spiega la legale -, ma ha una rete familiare forte, che lo ha aiutato ad affrontare tutto il processo”.

 

In arrivo la miniluna, la Luna piena più distante del 2025

0
(Fonte: pexels)

La notte del 13 aprile sarà distante 406mila chilometri

In arrivo la miniluna, ossia la Luna piena più distante del 2025: il 13 aprile alle ore 02,24 italiane la Luna piena coinciderà con il suo passaggio all’apogeo, cioè la massima distanza dalla Terra, che in questo caso è di 406mila chilometri.

Di conseguenza il nostro satellite apparirà nel cielo circa il 6% più piccolo di una Luna piena media e sarà anche meno luminosa. “Si tratta di differenze modeste, praticamente impercettibili e la Luna piena all’apogeo non ha particolare significato scientifico”, osserva l’astrofisico Gianluca Masi, responsabile scientifico del Virtual Telescope Project

“Tuttavia – prosegue – questa condizione aggiunge ulteriore fascino allo spettacolo della Luna piena, sempre di grande bellezza”. Questo plenilunio successivo all’equinozio di primavera costituisce anche il punto di riferimento per la data della Pasqua, che cade infatti sempre nella prima domenica dopo la Luna piena. Questa consuetudine venne stabilita dal Concilio di Nicea del 325 d.C., come ricorda l’Unione Astrofili Italiani (Uai), anche se, in quell’occasione, l’equinozio venne fissato per sempre al 21 marzo, nonostante possa capitare anche il 19 o il 20 del mese: dunque la Pasqua può oscillare solo tra 22 marzo e 25 aprile.

Ciò spiega l’anomalia verificatasi nel 2019: quell’anno l’equinozio è avvenuto il 20 marzo, il plenilunio il giorno successivo e la prima domenica il stata così il 24 marzo. Eppure, la festività pasquale si è celebrata il 21 aprile, proprio in ragione di quanto stabilito nel Concilio di Nicea. Per gli appassionati che desiderano seguire da vicino lo spettacolo, il Virtual Telescope ha in programma una diretta streaming sul suo sito a partire dalle 02,00 del 13 aprile: i ricercatori condivideranno in tempo reale le immagini della mini-Luna, catturate grazie ai telescopi robotici installati a Manciano, in provincia di Grosseto, sotto il cielo più buio dell’Italia peninsulare.

 

Redazione ANSA

 

Il suono di avvio di Windows 95 entra nella storia Usa fu composto da Brian Eno

0

Il suono di avvio del software di Microsoft Windows 95 entra nella storia americana.

E’ tra i 25 elementi aggiunti nel National Recording Registry, l’archivio che conserva le registrazioni ritenute di importanza culturale, storica ed estetica per gli Stati Uniti. Il Reboot Chime, così si chiama, dura poco più di 3 secondi ed è stato composto nel 1995 dal leggendario musicista e produttore Brian Eno su richiesta di Microsoft per l’uscita del sistema operativo.

“Questi sono i suoni dell’America, la nostra storia e cultura ad ampio raggio. Il National Recording Registry è la playlist della nostra nazione in evoluzione – ha affermato in una nota la Bibliotecaria del Congresso Carla Hayden – La Library of Congress è orgogliosa e onorata di selezionare questi tesori audio degni di conservazione tra cui musica iconica di una varietà di generi, registrazioni sul campo, storia dello sport e persino i suoni della nostra vita quotidiana con la tecnologia”.

Entrano a far parte del National Recording Registry, tra gli altri, anche l’album di Elton John ‘Goodbye Yellow Brick Road’, ‘Back to Black’ di Amy Winehouse, l’album omonimo di Tracy Chapoman del 1988, lo storico disco del 1975 di Keith Jarrett ‘The Kӧln Concert’ e il musical Hamilton.

Per Microsoft, che ha da poco festeggiato i 50 dalla fondazione, c’è una doppietta: nei nuovi suoni entrati nel registro c’è anche la colonna sonora del gioco ‘Minecraft: Volume Alpha’, scritta da Daniel Rosenfeld nel 2011. E’ la seconda opera musicale legata ai videogiochi a entrare nel registro, dopo il tema di Super Mario Bros nel 2023.

 

Redazione ANSA

 

Camminare per giorni per protestare, in Serbia

0
Il corteo degli studenti vicino a Cumic, un paese alla periferia di Kragujevac, il 14 febbraio 2025 (AP Photo/Darko Vojinovic)

Da mesi gli studenti organizzano marce in tutto il paese per criticare il governo del nazionalista Aleksandar Vučić

Negli ultimi mesi le grandi proteste studentesche in Serbia contro la corruzione e contro il governo hanno preso diverse forme: oltre alle manifestazioni e alle occupazioni delle università, sono state organizzate lunghe marce da una città all’altra per raggiungere le zone più rurali del paese. Le marce sono diventate inaspettatamente la parte più raccontata delle proteste, e hanno raccolto molto interesse sia tra la popolazione serba sia tra i giornali internazionali.

Le proteste erano cominciate a novembre dopo il crollo di una tettoia nella stazione ferroviaria di Novi Sad, che aveva causato la morte di 16 persone. L’incidente era stato fin da subito considerato emblematico della corruzione diffusa in Serbia, paese guidato dal presidente Aleksandar Vučić, che domina la politica serba da una decina d’anni. Le manifestazioni sono presto diventate le più ampie proteste antigovernative in Serbia degli ultimi trent’anni.

Fin dall’inizio delle proteste, uno dei principali problemi per gli studenti è stato farsi raccontare. La copertura da parte di molti quotidiani e televisioni serbe è stata parziale, se non apertamente ostile. Fra gli altri il tabloid Informer, il più letto giornale serbo, apertamente filogovernativo, ha spesso etichettato i manifestanti come estremisti e delinquenti. La televisione pubblica ha adottato in alcuni casi la stessa linea, specialmente dopo essere stata ripresa da Vučić per alcuni servizi sulle proteste che secondo lui erano troppo favorevoli agli studenti.

È da qui che è nata l’idea delle marce: come un modo per contrastare la narrativa del governo amplificata dalla stampa fedele a Vučić.

Gli studenti hanno iniziato a organizzarsi nelle assemblee di decine di facoltà occupate in tutto il paese. Hanno creato comitati con competenze diverse e ben definite, hanno cominciato a stabilire in anticipo i percorsi delle marce privilegiando strade secondarie con poco traffico, e le città dove fare le soste. Hanno preso contatti con le amministrazioni e associazioni locali per organizzare i pasti e i pernottamenti.

Il campo da calcio con le tende degli studenti a Indija, all’alba di venerdì 31 gennaio 2025 (AP Photo/Armin Durgut)

«Attraverso la marcia, abbiamo voluto mostrare e spiegare [a chi incontravamo] chi siamo e cosa rappresentiamo», ha detto Vukašin, uno studente di economia dell’Università di Belgrado che ha partecipato a due marce antigovernative (Vukašin non ha voluto rendere pubblico il suo cognome: una scelta comune fra gli studenti che stanno prendendo parte alle proteste, per evitare ritorsioni da parte della polizia).

La prima marcia era stata alla fine di gennaio. In circa due giorni un centinaio di studenti avevano camminato quasi 80 chilometri dalla capitale Belgrado a Novi Sad. Poi ci sono state altre marce, più lunghe.

A metà febbraio decine di studenti erano partiti da diverse città serbe per arrivare insieme a Kragujevac, nel centro del paese. Il 1° marzo, quattro mesi dopo il crollo della tettoia, avevano fatto lo stesso convergendo verso la città meridionale di Niš. Quindici giorni dopo il punto d’arrivo era diventata Belgrado, dove si è svolta quella che è stata finora la più grande manifestazione antigovernativa in Serbia degli ultimi cinque mesi.

Marcia dopo marcia, la popolarità degli studenti nelle varie cittadine attraversate è cresciuta. Ad accoglierli non c’erano più solo i volontari, ma anche alcuni residenti che volevano mostrare la loro vicinanza alle ragioni delle proteste.

Gli studenti cenano al buffet organizzato dagli abitanti di Stara Pazova, vicino a Indija, durante la marcia da Belgrado a Novi Sad, il 30 gennaio 2025 (AP Photo/Armin Durgut)

C’è stata poi un’ulteriore evoluzione, perché il 3 aprile un’ottantina di persone sono partite in bicicletta da Novi Sad per raggiungere Strasburgo, la città francese dove ha sede il Parlamento europeo, con l’obiettivo di ottenere un po’ di attenzioni dall’Unione Europea. È un viaggio di quasi 1.400 chilometri attraverso l’Ungheria, la Slovacchia, l’Austria e la Germania. Dovrebbero arrivare il 15 aprile.

Le proteste hanno avuto alcune conseguenze concrete, sebbene non sufficienti a intaccare il potere di Vučić. A fine gennaio per esempio si è dimesso il primo ministro Miloš Vučević e pochi giorni fa è stato sostituito con Djuro Macut, un medico senza alcuna esperienza in politica che difficilmente potrà cambiare le cose.

Vučić ha detto anche pubblicamente di essere consapevole dell’enorme portata delle proteste, ma sta cercando di presentare i manifestanti come degli antagonisti che non sono disposti al dialogo e anzi stanno creando solo disagi alla popolazione. Intanto però la sua popolarità sta calando parecchio: in un sondaggio interno di metà marzo solo un terzo degli intervistati aveva detto di aver fiducia nella sua leadership, mentre molti si erano detti in qualche modo favorevoli alle proteste organizzate dagli studenti.

Redazione il Post

40 migranti sono stati trasferiti dall’Italia al CPR di Gjader, in Albania

0
La nave Libra arriva al porto di Shengjin, in Albania, l'11 aprile 2025 (EPA/MALTON DIBRA/ANSA)

Per mesi il centro era rimasto vuoto, dopo i tentativi a vuoto del governo di portarci le persone soccorse in mare

Venerdì sera i 40 migranti arrivati poche ore prima in Albania sulla nave Libra della Marina militare italiana sono stati trasferiti nel centro per migranti di Gjader, in Albania.

Il centro è pronto dallo scorso ottobre, ma finora era stato utilizzato solo per pochissimi giorni. È uno dei due che il governo italiano ha fatto costruire in Albania con l’obiettivo di portarci i migranti soccorsi in mare, ma finora non era mai riuscito a utilizzarlo perché i vari tribunali competenti non avevano convalidato i trattenimenti dei migranti, ritenendoli in contrasto con le norme europee.

Finora qualche migrante ci aveva trascorso solo poche notti prima di essere riportato in Italia. Ora il governo è riuscito a farci trasferire i migranti per mezzo di un decreto approvato a fine marzo con cui sta cercando di superare gli ostacoli per cui finora non era mai riuscito a utilizzare il centro.

Il decreto ha stabilito che il centro di Gjader potrà essere usato come centro di permanenza per i rimpatri: è il nome esteso dei cosiddetti CPR, i posti in cui vengono mandate le persone che hanno già ricevuto un decreto di espulsione e aspettano di essere rimpatriate, dopo che è stata rifiutata loro la richiesta d’asilo.

Significa che da ora nel centro per migranti verranno portate le persone che si trovano già in Italia e non quelle intercettate nel mar Mediterraneo come prevedevano i piani iniziali del governo.

L’europarlamentare del Partito Democratico Cecilia Strada, che si trova sul posto, ha detto al Post che il gruppo di migranti è stato trasferito nel centro di Gjader in autobus e ci è arrivato verso le 19.

Il gruppo era arrivato venerdì pomeriggio al porto di Shengjin, e la nave a bordo di cui si trovavano era partita in mattinata da Brindisi. A Shengjin c’è un altro centro che il governo italiano aveva pensato come hotspot per le prime procedure di identificazione dei richiedenti asilo (e quindi non può essere usato per la detenzione amministrativa, come un CPR).

I migranti appena arrivati in Albania sono originari di Tunisia, Egitto, Bangladesh, Pakistan, Algeria, Georgia, Nigeria e Moldavia. Secondo l’ANSA arrivano da diversi CPR italiani, tra cui quelli di Bari, Torino, Trapani, Gorizia, Milano e Brindisi. Il giornalista Valerio Nicolosi, che è a Shengjin e ha parlato con Strada, ha detto al Post che i migranti avevano delle fascette attorno ai polsi, ufficialmente per impedire loro di commettere gesti di autolesionismo.

Nonostante il decreto del governo il centro di Gjader resterà comunque in larga parte inutilizzato: era stato pensato originariamente per essere diviso in tre parti: un centro di trattenimento da 880 posti, un CPR da 144 posti e un carcere da 20 posti. Al momento i posti nella parte adibita a CPR sono 48.

Redazione Il Post

Il marito di Liliana Resinovich è indagato per l’omicidio della moglie

0
Sebastiano Visintin, marito di Liliana Resinovich (ANSA/ETTORE FERRARI)

Sebastiano Visintin, marito di Liliana Resinovich, la 63enne scomparsa a Trieste il 14 dicembre 2021 e trovata morta il 5 gennaio 2022, è indagato per l’omicidio della moglie. Inizialmente gli investigatori avevano ipotizzato che la donna si fosse suicidata, ma una recente perizia, disposta dopo che la giudice per le indagini preliminari di Trieste aveva respinto la richiesta di archiviazione del caso, ha escluso questa ipotesi: secondo la perizia Resinovich sarebbe stata aggredita e soffocata probabilmente il giorno della scomparsa.

Tre anni fa il corpo di Resinovich venne trovato nel boschetto dell’ex ospedale psichiatrico San Giovanni di Trieste: era intatto, aveva un sacco infilato dalla parte della testa e un altro dalla parte dei piedi, mentre sulla testa c’erano due sacchetti trasparenti usati per la conservazione di alimenti legati con un cordino.

Il suo corpo venne riesumato a febbraio del 2024 per permettere nuove analisi. La nuova perizia, al contrario di quanto aveva concluso la procura inizialmente, dice che «non vi sono elementi tecnico scientifici che supportino l’ipotesi del suicidio». Nella perizia sono stati documentati segni di ferite in diverse parti del corpo di Resinovich (alla testa, alla mano destra e probabilmente al torace), che sarebbero state inferte alla donna poco prima della morte.

Redazione Il Post

Bilancio positivo per scacchi ne’ Monti

0
La palestra del Cattaneo allestita per la manifestazione

Prosegue il bilancio positivo del torneo “Scacchi ne’ Monti”, organizzato dall’Istituto Cattaneo Dall’Aglio, che ha coinvolto 64 studenti provenienti da 8 scuole della provincia. La competizione, caratterizzata da partite avvincenti e un esito incerto fino all’ultimo turno, ha evidenziato il talento e la passione dei giovani scacchisti.

Nella classifica a squadre, l’Istituto Cattaneo Dall’Aglio ha conquistato il primo posto, seguito dall’Istituto Einaudi di Correggio al secondo e dall’IIS Silvio D’Arzo di Montecchio Emilia al terzo. 

Il professor Iacopo Ferrari, docente accompagnatore dell’Istituto Einaudi, ha espresso il suo entusiasmo

Anche noi abbiamo partecipato al torneo ‘Scacchi ne’ Monti’, organizzato dall’Istituto Cattaneo Dall’Aglio di Castelnovo ne’ Monti. Ci siamo presentati con un team ‘internazionale’, capitanato dal Candidato Maestro, Kyrylo Rostalnyi, imbattuto e primo assoluto nella classifica individuale. Anche gli altri ragazzi, Matteo Zambelli, Rowen Ulrich (studente americano in scambio culturale presso il nostro istituto), Ruben Ligabue, Mohammad Sanan e Shut Andrii si sono distinti durante il torneo, tanto da portarci al secondo posto nella classifica a squadre, dietro solo al Cattaneo stesso. Ci tengo a ringraziare il prof. Nicola Carpanoni per l’impegno, la professionalità nell’organizzazione e la passione che ha dimostrato nel realizzare questo fantastico progetto che ha appassionato i tanti studenti presenti. Davvero una bella giornata di scacchi e sana competizione.

Anche il professor Marco Iotti dell’IIS Silvio D’Arzo ha condiviso il suo apprezzamento 

Tramite le vostre pagine, se possibile, vorremmo esprimere il nostro più sentito ringraziamento all’Istituto organizzatore. Ciascuno dei partecipanti della nostra delegazione è rimasto positivamente colpito dall’organizzazione e si è sentito sfidato da altri ragazzi in un gioco in cui la componente logica riveste un ruolo fondamentale. Tutti i partecipanti hanno espresso il desiderio di ritornare l’anno prossimo, provando a migliorare se stessi in questa manifestazione. La nostra delegazione è arrivata terza nel torneo a squadre e uno dei nostri studenti, Lorenzo Ferrarini, ha conquistato il terzo posto nella classifica individuale; i ragazzi hanno ottenuto veramente un ottimo risultato, considerando che eravamo alla prima partecipazione. La manifestazione ha inoltre avuto l’indubbio risultato di aumentare l’attenzione dei ragazzi verso questo gioco che può essere un’ottima alternativa a passatempi digitali meno costruttivi.”

Il torneo ha visto anche la partecipazione straordinaria di Michele Biasiolo, campione di scacchi della Federazione Sport Sordi Italia, come testimonial della manifestazione. Durante la manifestazione sono intervenuti anche il sindaco Ferrari, l’assessore allo sport Boni, la dirigente scolastica Bacci, il presidente del circolo scacchistico Ippogrifo Giuseppe “Silvano” Ferraroni e il rappresentante della Federazione Scacchi regionale Antonio Dentale.   L’organizzazione tecnica è stata curata dai docenti del Cattaneo, coordinati dal professor Nicola Carpanoni con il supporto del professor Andrea Magnavacchi.

Per consultare i risultati e le classifiche complete del torneo, è possibile visitare il sito ufficiale dell’evento:

🔗 Classifiche ufficiali
🔗 Risultati incontri

Redazione Redacon
di Sara Cavalletti

L’esclusione delle donne dal baseball negli Stati Uniti

0
Justine Siegal, la fondatrice dell'associazione Baseball for all (AP Photo/Mark Duncan, File)

Non possono quasi mai giocarci e vengono fortemente indirizzate verso il softball, senza alcuna ragione logica o pratica

Il baseball è uno degli sport più popolari e radicati nella cultura degli Stati Uniti, eppure ancora oggi solo gli uomini possono ambire a giocarlo ad alto livello. Non esiste infatti un campionato professionistico femminile, e non ci sono nemmeno squadre liceali o universitarie femminili. Per le ragazzine che hanno cominciato a praticarlo, a un certo punto le alternative sono sostanzialmente due: smettere o passare al softball, che non è proprio la stessa cosa.

«Chiunque conosca i due sport sa che non sono equivalenti. Sono entrambi sport fantastici, ma la nostra cultura ha accettato la falsa equivalenza tra i due per non dover mai affrontare il problema che le donne vogliono giocare a baseball, e dovrebbero poterlo fare», ha detto Leslie Heaphy, co-autrice di Encyclopedia of Women and Baseball, in un lungo articolo sulla questione scritto da Kaitlyn Tiffany sul magazine The Atlantic.

Il softball si gioca con una palla diversa (più grande), che viene lanciata in modo diverso (dal basso invece che dall’alto), su un campo più piccolo, e le partite sono un po’ più semplici e veloci; quello che giocano nella recente serie animata della Pixar Win or Lose è softball, per esempio. Fu inventato nel 1887 a Chicago come alternativa indoor al baseball, quando l’inverno rendeva proibitivo giocare all’aperto, ma con gli anni fu incoraggiato e accettato come uno sport praticabile dalle donne, alle quali invece il baseball fu quasi del tutto precluso.

Oggi il softball si gioca molto anche con squadre miste, formate quindi da donne e uomini, a livello sia amatoriale sia agonistico. «Le donne giocano praticamente tutti gli sport mai inventati, anche quelli strambi. Per ragioni non ovvie né pratiche o logiche, è permesso loro amare il baseball, ma quasi mai giocarlo. Non possono giocare al gioco americano per eccellenza», si legge ancora sull’Atlantic.

Il movimento di lancio nel softball è molto diverso e va dal basso verso l’alto (Brian Bahr/Getty Images)

Ultimamente un po’ di cose stanno cominciando a cambiare. Nel 2026 dovrebbe iniziare un campionato professionistico femminile, la Women’s Pro Baseball League, e alcune squadre come i Boston Red Sox e i New York Yankees organizzano fantasy camp pensati appositamente per le donne; i fantasy camp sono programmi in cui tifosi e tifose si allenano con vecchi giocatori della Major League Baseball (MLB) e partecipano a un torneo.

Un articolo uscito da poco su The Conversation e intitolato Le donne rivendicano il loro posto nel baseball ha fatto notare che nel 2024 il 39 per cento degli spettatori alle partite della MLB (il principale campionato maschile) era composto da donne, e che stanno molto aumentando le donne che hanno ruoli nel baseball professionistico e nuovi percorsi che consentano alle giovani di giocarci. Per il momento comunque, si legge anche su The Conversation, «la maggior parte delle ragazze viene incoraggiata a passare al softball se vuole ottenere una borsa di studio universitaria. Se vogliono continuare a giocare a baseball, devono confrontarsi costantemente con ostinate convinzioni culturali e preconcetti che le vorrebbero invece impegnate nel softball».

La storia e le differenze tra baseball e softball

In realtà le donne hanno giocato a baseball sin dagli inizi: già a fine Ottocento c’erano alcune squadre solo femminili, e durante la Seconda guerra mondiale, mentre molti giocatori erano impegnati al fronte, fu fondata la prima lega professionistica femminile, l’All-American Girls Professional Baseball League. Andò avanti dal 1943 al 1954, contribuendo a far crescere l’interesse delle donne per il baseball, e fu raccontata nel film del 1992 A League of Their Own (in italiano Ragazze vincenti) e più di recente nell’omonima serie tv prodotta da Prime Video. La presenza delle donne nello sport statunitense, e in particolare nel baseball, fu però quasi sempre marginale e marginalizzata almeno fino al 1972.

Quell’anno infatti fu approvata una legge federale (il Title IX) che vietava la discriminazione di genere nei programmi educativi e scolastici finanziati dal governo federale. Fu un passaggio cruciale per lo sport femminile negli Stati Uniti, perché in sostanza obbligò i licei e le università ad avviare programmi e borse di studio con parità di accesso per ragazzi e ragazze, che da quel momento cominciarono a praticare vari sport con maggiore costanza e soprattutto in modo più strutturato e professionale.

In quello stesso anno Maria Pepe, una dodicenne del New Jersey, provò a entrare negli Young Democrats, una squadra della Little League, il principale circuito di tornei giovanili di baseball, dal quale le ragazze erano state ufficialmente escluse nel 1951. Pepe superò i provini e giocò come lanciatrice (pitcher) per tre partite, fino a quando alcuni genitori segnalarono la cosa gli organizzatori della Little League, i quali minacciarono di escludere la squadra dalla lega. Pepe fu costretta quindi a smettere, ma la National Organization of Women, una delle principali organizzazioni femministe negli Stati Uniti, fece causa alla Little League per discriminazione di genere.

La Little League per difendersi usò vari argomenti controversi, se non proprio falsi, sostenendo addirittura che giocare a baseball aumentasse il rischio di cancro al seno e facendo così capire quanto pretestuosa e profonda fosse l’avversione alla presenza delle donne nel baseball. Due anni dopo, quando Pepe era ormai troppo grande per giocare in quella squadra, una giudice diede ragione a lei e alla National Organization of Women: la Little League, dopo aver perso anche in appello, fu quindi obbligata ad aprirsi alla partecipazione femminile. Il 20 aprile 1974, venti giorni dopo il verdetto, Elizabeth Osder diventò la prima giocatrice ammessa regolarmente a una partita di Little League.

L’ostracismo nei confronti delle donne però continuò nonostante questa sentenza e l’approvazione del Title IX, anzi per il baseball quella legge paradossalmente ebbe effetti opposti rispetto agli altri sport, perché tutte le istituzioni scolastiche puntarono su programmi di softball per le ragazze (equiparandolo al baseball per i maschi), che quindi continuarono a non trovare sbocchi nel baseball una volta uscite dalla Little League.

Maria Pepe in una foto d’archivio (Bettmann/Getty Images)

Il softball femminile diventò sempre più competitivo e seguito, a scapito però del baseball. Tra il 1992 e il 2008, e poi di nuovo nel 2020, i due sport furono ammessi alle Olimpiadi: nel torneo femminile si giocò a softball, in quello maschile a baseball. Solo di recente negli Stati Uniti si sta muovendo qualcosa: la creazione di una lega professionistica femminile, che nei piani iniziali comprenderà per il momento sei squadre del nord-est degli Stati Uniti, sarà un passaggio importante a livello soprattutto simbolico.

A livello pratico le novità più importanti hanno a che fare con la creazione di borse di studio universitarie per le ragazze che giocano a baseball, perché le poche che riescono a proseguire spesso giocano in squadre maschili. Ci sono anche progetti di inclusione portati avanti da associazioni come Baseball For All, che organizza tornei in tutti gli Stati Uniti a cui possono partecipare anche le ragazze e che tiene corsi per aspiranti giocatrici e allenatrici. È un cambiamento insomma che dovrà partire dal basso, e per cui servirà ancora tempo, secondo Tiffany.

Redazione Il Post