L’Argentina condanna i preti pedofili che in Italia si sono salvati con la prescrizione

Oltre 45 anni di carcere a Buenos Aires per i sacerdoti che abusavano dei minori nei collegi dell’istituto Provolo. Nel nostro Paese invece nessuno ha pagato

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Argentina batte Italia 45 a 0. Sul campo minato della questione pedofilia tra i preti cattolici, il confronto tra nazioni si è chiuso con un risultato imbarazzante per il sistema giudiziario del nostro Paese. Dopo anni di indagini e processi sugli abusi contro decine di bambini dell’istituto italo-argentino Antonio Provolo, la Corte Suprema di Giustizia di Buenos Aires, che equivale alla nostra Cassazione, ha confermato in via definitiva le condanne per i primi tre religiosi finiti sotto accusa: dovranno scontare pene comprese tra 18 e 45 anni di reclusione. In Italia nessuno ha pagato: zero condanne, anche se le sentenze argentine spiegano che le violenze sui minori sono continuate per almeno cinquant’anni ed erano iniziate in Italia. Dove però l’unica inchiesta giudiziaria si è chiusa sul nascere, senza neppure un indagato, grazie alle norme italiche sulla prescrizione dei reati.

L’istituto Provolo, che ha la sede centrale a Verona, gestisce una rete di collegi, in Italia e in Argentina, specializzati nell’assistere bambini con problemi di sordità e conseguenti difficoltà a parlare. Dopo anni di sospetti, lo scandalo è stato scoperchiato nel 2009 da un’inchiesta giornalistica del nostro settimanale, firmata da Paolo Tessadri, che ha filmato e pubblicato le testimonianze di 15 ex allievi di due collegi veronesi, che denunciavano di aver subito per anni abusi e violenze da oltre venti sacerdoti, chierici e altri dipendenti dell’istituto. L’allora vescovo di Verona, Giuseppe Zenti, grande protettore del Provolo, ha attaccato L’Espresso e denunciato per calunnia l’associazione delle vittime. I giudici hanno però archiviato le sue accuse, spiegando che gli abusi sono risultati «certi e documentati», anche se prescritti. E il prelato ha dovuto patteggiare una condanna per aver diffamato le vittime.

In Argentina le indagini sono iniziate nel 2015, quando si è scoperto che uno dei sacerdoti denunciati a Verona era diventato direttore del collegio della provincia di Mendoza. L’istruttoria si è poi allargata al centro di La Plata, con decine di indagati in diversi processi. Ora la Corte Suprema, confermando le prime tre condanne, ha pubblicato un comunicato per chiarire l’importanza del caso: «Questo processo ha riguardato fatti avvenuti tra il 2005 e il 2016 a danno di undici bambini sordi o ipoudenti, quando avevano tra i 5 e i 17 anni. La maggior parte delle vittime proveniva da famiglie povere, che li affidavano ai collegi: i direttori del Provolo reclutavano i bambini sostenendo che il loro era un istituto modello. È la prima volta – sottolinea la Corte – che i sacerdoti di un ordine religioso, con sedi a Verona, La Plata e Mendoza, sono stati perseguiti dopo 50 anni di accuse di stupri, abusi sessuali, maltrattamenti e corruzione di minorenni». I giudici hanno inflitto 45 anni di reclusione al prete argentino Horacio Hugo Corbacho Blank, ex direttore di Mendoza; 42 al suo vice, il sacerdote italiano Nicola Bruno Corradi Soliman, già attivo a Verona; 18 anni ad Armando Ramón Gómez Bravo, un dipendente dell’istituto religioso.

All’arresto è sfuggito un altro sacerdote italiano, Eliseo Pirmati, che nel 2017 è scappato dall’Argentina, rifugiandosi nella sede del Provolo a Verona, dove è stato poi filmato da L’Espresso. Proprio quell’anno Papa Francesco, il pontefice italo-argentino, ha rimosso la dirigenza e commissariato l’istituto Provolo.

 

di Paolo Biondani – Redazione L’Espresso

 

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