2020, anno zero per il turismo mondiale: mai cosi in basso

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Un calvario iniziato dodici mesi fa con la notizia di un misterioso virus che falcia inesorabile la popolazione di Wuhan, località semisconosciuta dell’immensa nazione cinese. Non più Pechino e Grande Muraglia, non più anatra laccata e ravioli al vapore.

di Assunta Saragosa

Inevitabile lo stop ai collegamenti aerei con la Cina. Nel frattempo, la nave da crociera Diamond Princess resta in quarantena nel porto di Yokohama per un focolaio a bordo. L’ombra del virus sembra estendersi minacciosa sul mondo. Poi, veloci come una miccia innescata, i primi contagi in Italia, il caso Codogno, il blocco dei viaggi d’istruzione, i turisti italiani respinti a Mauritius. Ai primi di marzo l’Italia è in lockdown: si svuotano le città, si fermano treni e aerei, chiudono hotel e villaggi turistici. Le navi da crociera sono giganti dormienti all’àncora nei porti deserti, i dipendenti di agenzie viaggi e tour operator vanno in cassa integrazione, i commerciali del settore restano senza sostegno. Uno scenario dai toni apocalittici ai quali nessuno era preparato. Gli artigli del virus bloccano il turismo e, in senso generale, ogni possibilità di viaggiare.

L’impatto è devastante. Il settore invoca lo stato di crisi. Non si pensi esclusivamente ai viaggi di piacere, ma a tutte le forme di turismo. Quello congressuale, quello sportivo, culturale, editoriale, enogastronomico, scolastico, religioso. Eventi di portata internazionale vengono cancellati o rinviati: l’ITB di Berlino, l’Expo di Dubai, le Olimpiadi di Tokyo e gli Europei di calcio.

Arrivano le restrizioni, la chiusura delle frontiere, l’introduzione del voucher, strumento dibattuto ma indispensabile per evitare il collasso dei fornitori. Il lavoro diventa smart, i contatti e le relazioni si sviluppano sui social. Ci si aggiorna e ci si reinventa nell’illusione che, con l’estate, la normalità possa riprendere il suo corso.

Ma sarà solo un fuoco di paglia. Il bonus vacanze scontenta tutti e non favorisce nessuno. I rigidi protocolli di sicurezza non bastano a riavviare il mercato crocieristico. I villaggi fanno i conti con capienze dimezzate e attività condizionate dalle misure anti-Covid. Prende piede solo il turismo di prossimità, le vacanze outdoor, qualche timido tentativo di viaggiare in Europa. Poi, la curva dei contagi riprende a salire vertiginosamente e il turismo scivola ancora sul terreno infido dei DPCM e di un’Italia segmentata tra colori e divieti.

Potente e accorata, nel corso di tutta la pandemia, la voce delle agenzie viaggi, che registrano uno spaventoso crollo del fatturato pari a oltre il 90%. Protestano a più riprese davanti ai Ministeri e occupano le maggiori piazze d’Italia con centinaia di trolley al seguito. Pianificano modelli di business come il coworking e l’online, assumono identità inedite con la vendita di prodotti alternativi, si specializzano in viaggi ecosostenibili, creano su Facebook movimenti appassionati sotto l’hashtag #nonsmetteremodiviaggiare. Si costituiscono infine come MAAVI, primo Movimento Autonomo delle Agenzie Viaggi, presieduto da una carismatica Enrica Montanucci che accede al tavolo delle trattative con le Istituzioni.

I numeri sono numeri e, aldilà di tutte le encomiabili iniziative, la sopravvivenza di un’intera categoria passa attraverso la parola liquidità. Una partita difficile quella giocata contro un governo spesso sordo al grido di protesta. Alla fine, lo stanziamento di milioni di euro a fondo perduto destinato ad agenzie viaggi e tour operator, tra ritardi e incongruenze, si rivela una vitale boccata d’ossigeno per ipotizzare il futuro.

 

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