Ha il senso dell’umorismo, è giovane, di spiccata intelligenza, fragile quanto basta e forte ben più dell’ordinario, cinica, attenta, empatica, carina, professionale e non vedente. È Blanca, l’investigatrice disegnata dalla penna di Patrizia Rinaldi tradotta poi per immagini nella fiction omonima per Rai Uno di Jan Maria Michelini. Ed è una supereroina.

di Beatrice Dondi – Redazione L’Espresso

Come (troppo) spesso accade, la disabilità si infila nel piccolo schermo con un gioco rigoroso di scambio. Ti mostro con piacere le avventure di un personaggio non vedente o autistico o in carrozzina o psichicamente instabile. Ma a patto che abbia almeno una dote eccezionale, sennò non vale. Nel caso di Blanca si tratta dell’udito, grazie al quale sente cose che noi umani non riusciremmo mai a percepire e che le permettono di risolvere casi intricati, a sfondo sociale, bambini disagiati, donne uccise, diritti mancati e altre belle storie colorate di giallo. Praticamente una sorta di Daredevil con cane di accompagno, che si aggira per una Genova dai colori vitrei e si dibatte tra un’impellente ricerca di giustizia mancata e quel pizzico di intrigo sentimentale che soprattutto in prima serata non guasta mai.

Serie di gusto, bene interpretata (un plauso al non sguardo di Maria Chiara Giannetta) e che nelle sue dinamiche fa quasi passare sopra alle consuete lungaggini, “Blanca” ha sicuramente anche il merito di raccontare una ipotetica società giusta, in cui tutti hanno il sacrosanto diritto alla normalità, compreso addirittura quello di muoversi su un luogo di lavoro seppur armati di bastone. Quello che fa però riflettere è proprio la rappresentazione della straordinarietà in quell’essere normale, quasi che ci si senta in obbligo di sfoderare l’arma segreta del superpotere per affrontare il racconto.

Un po’ come si è visto (e stravisto, dato il successo) nelle gesta in camice e guanti del giovane chirurgo Shaun Murphy affetto da autismo e sindrome del savant. Che nella serie “The Good Doctor” (Rai Due) entra sì in sala operatoria, ma giusto perché riesce a centrare la diagnosi corretta con una sovraumana capacità diagnostica. Insomma, bene, bravi e anche bis, ma tra un medico adorabile che riesce a raffigurarsi gli organi in tre dimensioni e una irresistibile specializzata in décodage in grado di identificare l’assassino da un solo brusio, serve ogni tanto ricordare che esiste anche un resto del mondo, che convive con la propria disabilità in città ostili, senza uno straccio di sostegno e neppure, incredibile a dirsi, una legge che li tuteli dai crimini d’odio. Altro che supereroi. 

 

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