La mamma: «Mio figlio non udente solo in aula

Adesso preferisco che resti a casa». L’inclusione che non c’è

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“Si sentirebbe il più sfortunato della classe, l’unico costretto ad alzarsi tanto presto, senza godersi un po’ di riposo, visto che è questo il pensiero di tanti ragazzini e soprattutto si sentirebbe discriminato

L.B.

VENEZIA. Frequenta la prima media. A lui, non udente, e agli altri studenti con una certificazione di disabilità, le istituzioni concedono la possibilità di continuare a partecipare alle lezioni in presenza. In aula, soli, se non al fianco del docente di sostegno, ma solo in caso di handicap certificato.

«Ma io l’ho detto subito: se mio figlio deve andare a scuola da solo, allora preferisco che rimanga a casa, frequentando le lezioni nelli saremmo finiti in zona rossa era prevedibile. Bisognava pensare questa estate alla modalità di frequenza per i bambini Bes o con handicap, non una settimana prima della sospensione delle lezioni in presenza. E invece ci si è concentrati sui banchi con le rotelle» denuncia la mamma. A fare la differenza – come spesso accade in questa scuola un po’ scalcinata, ma piena di esempi virtuosi – sono i singoli.

Valentina Sapienza, la mamma, non ha dubbi. «Non vedo perché mio figlio debba andare a scuola da solo. Si sentirebbe il più “sfortunato” della classe – l’unico costretto ad alzarsi tanto presto, senza godersi un po’ di riposo, visto che è questo il pensiero di tanti ragazzini – e soprattutto si sentirebbe discriminato. Insomma, sarebbe un atteggiamento tutto fuorché inclusivo. Oltre a questo, mi metto nei panni degli insegnanti. Non vedo come possano dividersi tra uno studente in presenza e gli altri 20 collegati a casa». Per questo, in alcuni casi gli studenti con handicap partecipano all’ora di lezione al computer, al fianco dell’insegnante di sostegno, a scuola. «Ma che senso avrebbe per mio figlio? Tanto vale che stia a casa, allora».

Il ragazzo, non udente, segue le lezioni online con difficoltà. «È evidente sia così. Ma, con le protesi, ha un ottimo recupero uditivo. E poi è seguito da una insegnante di sostegno e un’assistente alla comunicazione fantastiche» continua la mamma. Nella scuola italiana, la tanto sbandierata inclusione, proprio nel nome della quale è garantita la presenza in aula dei ragazzi con handicap, si infrange in un sistema ottuso, che ancora una volta non è stato capace di tendere la mano ai più fragili.

«La scuola, intesa come istituzione, è in perenne ritardo. Che prima o poi

«Io sono fortunata, perché mio figlio è iscritto in una scuola molto buona del centro storico, con una dirigente e dei docenti capaci e volenterosi, con un’insegnante di sostegno che sta facendo un lavoro splendido. E a tutti loro va il mio ringraziamento. La preside sta valutando la possibilità di far frequentare i ragazzi con certificazione insieme a dei piccoli gruppi di compagni, ma siamo già alla fine della prima settimana di dad».

In questo caso, la donna sicuramente sarebbe molto più propensa a far frequentare le lezioni al figlio, in presenza. Pur considerando fondamentale la libertà di scelta in capo alle singole famiglie. «Se io penso che mio figlio tragga più beneficio dal rimanere a casa, per paura che si contagi, allora è giusto che mi venga concessa questa possibilità. Le forme di handicap non sono tutte uguali ed è opportuno che, a seconda del singolo caso, sia il genitore, insieme agli insegnanti, a valutare e decidere. Il problema è che la scuola è troppo spesso in ritardo e non è giusto che a rendere il sistema virtuoso siano sempre i singoli» conclude la mamma. —

 

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