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È stato arrestato un primario dell’ospedale di Piacenza, accusato di violenze sessuali e stalking su mediche e infermiere

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Un ospedale di Piacenza nel 2020, durante la pandemia di Covid-19 (ANSA/US AUSL PIACENZA)

Mercoledì un medico primario dell’Ospedale Civile di Piacenza è stato arrestato con l’accusa di violenza sessuale aggravata e atti persecutori ai danni di mediche e infermiere del suo reparto.

La polizia ha perquisito il suo studio e la sua abitazione, e l’uomo è stato messo agli arresti domiciliari. La sua identità non è stata diffusa.

Le indagini erano partite in seguito alla denuncia di una delle donne coinvolte: ha detto alla polizia che il medico l’aveva chiusa in una stanza e costretta a subire atti sessuali senza il suo consenso. Le intercettazioni telefoniche e ambientali nello studio del medico, durate 45 giorni, hanno permesso alla polizia di documentare 32 episodi di abusi. La polizia ha aggiunto che le violenze sarebbero state facilitate da un generale clima di omertà all’interno dell’ospedale, favorito anche dall’incarico di rilievo svolto dal medico.

Redazione Il Post

Dopo 17 anni Flavio Briatore è tornato a capo di una scuderia di Formula 1, la Alpine

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L'imprenditore Flavio Briatore parla con l'ex team principal Oliver Oakes durante il Gran Premio d'Arabia Saudita a Jeddah, 19 aprile 2025 (Kym Illman/Getty Images)

L’imprenditore e dirigente sportivo italiano Flavio Briatore è diventato il nuovo team principalcioè il capo, di Alpine, la scuderia di Formula 1 dell’azienda automobilistica Renault.

La nomina di Briatore è significativa perché è un ritorno: tra gli anni Novanta e Duemila vinse quattro Mondiali di Formula 1 da direttore esecutivo di Benetton e Renault (l’equivalente della carica che oggi viene chiamata appunto team principal), ma non era a capo di una scuderia da più di 15 anni. Nel 2008, infatti, era stato accusato di aver ordinato al suo pilota Nelson Piquet Jr di provocare volontariamente un incidente per favorire la vittoria nel Mondiale del compagno di squadra Fernando Alonso: ne seguì un bando a vita, poi revocato negli anni successivi.

Briatore tornò in Formula 1 nel 2024 come consigliere esecutivo di Alpine, cioè come consulente interno con ampi poteri decisionali. È diventato team principal dopo le dimissioni di Oliver Oakes, seguite a un inizio di stagione complicato: Alpine sta andando molto male al Mondiale di Formula 1 ed è penultima nella classifica costruttori.

Mercoledì Briatore ha subito sfruttato i suoi più ampi poteri da team principal e ha sostituito uno dei due piloti principali di Alpine, l’australiano Jack Doohan (penultimo in classifica piloti). Almeno per i prossimi cinque Gran Premi, al suo posto gareggerà il 21enne italoargentino Franco Colapinto, che era pilota di riserva di Alpine.

Redazione Il Post

Cane cieco e sordo capisce che la famiglia è tornata: ecco la sua reazione

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Fonte foto da video su TikTok di charcharbinksdachshund

Il cane cieco e sordo ha avuto una reazione unica quando ha capito che la sua famiglia era tornata

Charlie è un cane cieco e sordo che ha qualche difficoltà a vivere la sua quotidianità, come del resto tanti altri cani anziani nelle sue condizioni. La sua reazione quando ha capito che la famiglia era tornata a casa, però, ha lasciato tutti senza parole. In un video pubblicato su TikTok il Bassotto ha dimostrato che l’amore non ha proprio età, così come l’entusiasmo di rivedere gli affetti cari.

Quando la porta di casa si è aperta, Charlie non ha reagito come tanti altri cani. Nessun abbaio, nessun salto di gioia. Non sapeva nemmeno che la sua padrona fosse tornata. Charlie ha 14 anni, è un cane cieco e sordo. Vive nel buio e nel silenzio, ma con un cuore che riconosce ancora ciò che conta. Nel silenzio della stanza, si è sentito solo un leggero pianto. Charlie camminava intorno al divano, spaesato, con il naso che cercava disperatamente qualcosa di familiare. Poi, d’improvviso, ha percepito un odore conosciuto. La sua coda ha iniziato a muoversi, timida all’inizio, poi sempre più decisa. Solo grazie all’olfatto, il Bassotto ha seguito il profumo dell’amore fino a raggiungere i piedi della sua umana. E lì, si è fermato. In quel momento, il tempo sembrava essersi fermato con lui.

Il momento è stato filmato e condiviso in un video su TikTok (@charcharbinksdachshund). Nel video, si vede Charlie mentre si aggira confuso e poi si lascia guidare dall’olfatto, fino a riconoscere chi ama più di ogni cosa. Sulle immagini, una frase tenera: “Si emoziona così tanto e un po’ si confonde”. Tra i commenti, molti hanno scritto di essersi commossi. “Questo mi spezza il cuore”, ha detto qualcuno. “Non voglio che il mio cane invecchi mai”, ha scritto un altro. La padrona ha risposto con affetto: “Di solito, quando non ci sono, dorme soltanto”.

 

Charlie rappresenta la forza degli animali anziani, la loro capacità di amare anche quando il corpo li tradisce. Con l’età, i sensi si affievoliscono, ma il legame con chi li ama resta intatto. E proprio come ha fatto Charlie, l’amore trova sempre la strada per tornare a casa.

Redazione il mio cane è leggenda
di Patrizia Chimera

 

 

 

Come Firenze sta provando a regolare e limitare gli affitti brevi

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Una veduta del fiume Arno e del Ponte Vecchio di Firenze, 1 settembre 2024 (Ivan Romano/Getty Images)

Lunedì sera il consiglio comunale di Firenze ha approvato con alcune modifiche un nuovo regolamento sugli affitti brevi in città, che era stato presentato dalla giunta l’8 aprile. Firenze è probabilmente la città italiana che si sta muovendo di più per regolamentare e limitare gli affitti brevi (anche perché è tra quelle in cui ce ne sono di più) e la sindaca Sara Funaro, eletta lo scorso giugno, ha reso il contrasto al turismo di massa uno dei punti più importanti del suo mandato: molte città stanno guardando con interesse quello che sta provando a fare Firenze. Il regolamento dovrebbe entrare in vigore il 21 maggio, o comunque 15 giorni dopo la pubblicazione nell’albo pretorio del comune (prevista appunto per oggi, 6 maggio).

Le nuove regole riguardano in sintesi gli standard qualitativi degli alloggi, le autorizzazioni da ottenere per affittare un appartamento, le sanzioni e i controlli. Sono state sostenute dalla maggioranza formata da PD, Alleanza Verdi e Sinistra e dalla lista civica di Funaro, mentre la destra e Italia Viva hanno votato contro (gli altri si sono astenuti).

Il regolamento istituisce un registro comunale delle locazioni turistiche, a cui i proprietari degli alloggi devono essere necessariamente iscritti per poterli affittare. Dovranno ottenere un’autorizzazione valida cinque anni per ogni unità immobiliare da affittare: l’autorizzazione sarà revocata se l’immobile viene venduto o se non viene affittato per oltre 12 mesi. Un emendamento approvato lunedì sera prevede però che per mantenere l’autorizzazione attiva basterà affittare l’appartamento almeno per 30 giorni in un anno. L’autorizzazione sarà revocata anche se dovessero essere riscontrate violazioni per tre volte, per esempio il mancato pagamento della tassa di soggiorno.

Non saranno inoltre concesse nuove autorizzazioni nell’area UNESCO, un’area con un raggio di circa 2 chilometri che coincide più o meno col centro storico. Questo divieto era già stato anticipato dal comune nei mesi scorsi. Stando a dati del comune, nell’area UNESCO sono disponibili quasi tre posti letto per ogni residente (al 31 dicembre scorso in quella zona i residenti erano 35.954) tra alberghi, altre strutture ricettive e appartamenti per affitti brevi.

Le stanze degli alloggi dovranno inoltre rispettare delle dimensioni minime: gli appartamenti affittati dovranno essere grandi almeno 28 metri quadrati. Grazie a un emendamento approvato lunedì sera, gli affittuari di strutture che vengono già usate per gli affitti brevi avranno tempo fino al 2028 per adeguarsi alle altre misure richieste (camere singole 9 mq, matrimoniali o doppie 14 mq, cucina abitabile 9 mq e bagni 2,5 mq).

Oltre a essere conformi alle regole previste per l’edilizia, l’impiantistica, l’antincendio, l’acustica e ovviamente a quelle igienico-sanitarie, tutti gli alloggi dovranno obbligatoriamente possedere ed esporre il CIN, il “codice identificativo nazionale” per gli affitti brevi, introdotto nel 2024 in tutta Italia. È un codice di cui si deve dotare chi mette un immobile in affitto per periodi brevi, che dovrà essere esposto in ogni annuncio e tramite un bollino dovrà essere visibile anche fuori dall’edificio in cui è collocato l’immobile: sostituirà i sistemi di riconoscimento regionali, allo scopo di censire e tracciare su scala nazionale le locazioni turistiche inferiori a 30 giorni.

Negli appartamenti dovranno inoltre essere disponibili istruzioni e sacchetti per la raccolta differenziata in diverse lingue e un vademecum sul turismo sostenibile.

Una squadra apposita della polizia comunale sarà incaricata di controllare che tutte queste regole vengano rispettate. Chi le viola dovrà pagare sanzioni che vanno dai 1.000 ai 10mila euro. Il comune di Firenze ha infine fatto un accordo con un dipartimento dell’università La Sapienza di Roma, che si occuperà di controllare gli effetti delle nuove regole. L’assessore al Turismo e allo sviluppo economico, Jacopo Vicini, aveva detto a inizio aprile: «Contiamo di ottenere un contenimento nell’immediato della crescita del fenomeno, con un’inversione del trend nei tre anni».

Firenze ha iniziato da tempo a fare vari tentativi di limitare le conseguenze negative del turismo di massa nel centro storico. A novembre, tra le altre cose, il comune ha annunciato un piano per vietare dal 2025 di installare le keybox, le cassette per le chiavi che i proprietari di appartamenti per turisti attaccano sui muri o ai cancelli fuori dai portoni delle case.

Funaro ha spiegato che il regolamento fa parte di un investimento più ampio del comune di Firenze sulle politiche abitative. «Abbiamo bisogno di una città non solo con regole per gli affitti turistici brevi, ma anche di una città in cui il mercato immobiliare sia sostenibile per i cittadini, per i lavoratori, per le famiglie e anche per i tanti studenti che vengono qui e non riescono a trovare casa», ha detto.

Redazione il Post

Treno veloce, WiFi lento

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(ANSA)

Perché navigare su Internet mentre si è in viaggio su un Frecciarossa o un Italo è spesso frustrante

Ogni giorno migliaia di persone salgono su un treno dell’alta velocità e si collegano al WiFi aspettandosi di navigare online a bassa velocità, ammesso la connessione funzioni. I più ottimisti rimangono collegati anche quando non riescono a scaricare nemmeno una email, i più metodici provano a fare attacca-stacca del wireless sperando di ottenere qualche miglioramento, mentre gli scettici lasciano perdere e provano a cavare qualche dato in più dalla connessione dati del loro smartphone. Le difficoltà si trasformano in frustrazioni ed è ormai diffuso il luogo comune che sull’alta velocità “il WiFi non funziona mai”, anche se non è sempre così.

Rispetto a qualche anno fa, sia sui treni Frecciarossa sia sugli Italo la qualità della connessione è in media migliorata, soprattutto su alcune tratte e in alcuni momenti della giornata, ma come spesso avviene i disservizi si fanno notare di più delle cose che funzionano. Il fatto è che mantenere connesse decine di persone su un treno che viaggia a 250 chilometri orari, spesso in aperta campagna, tra le montagne o in galleria, non è semplice ed è da sempre un grattacapo per chi si occupa di telecomunicazioni.

Per consentire ai passeggeri di navigare su Internet tramite il proprio WiFi, un treno si comporta in un certo senso come se fosse un gigantesco smartphone. Sulla sommità dei suoi vagoni sono installate antenne, che ricevono e inviano i segnali collegandosi ai ripetitori della rete cellulare (tecnicamente “stazioni radio base”), più o meno come fa un singolo telefono. Il segnale viene gestito da un modem, decisamente più potente di quello che si ha di solito in casa, che si occupa con altre strumentazioni di trasformarlo in onde radio compatibili con la tecnologia WiFi, in modo che possano essere trasmesse da altre antenne, questa volta all’interno dei vagoni, e captate da smartphone, computer portatili e altri dispositivi.

Se il treno è fermo e nelle vicinanze di uno o più ripetitori delle rete cellulare, non ci sono particolari problemi, ed è per questo che nelle stazioni intermedie la connessione sui Frecciarossa e sugli Italo è di solito buona (in quelle di partenza viene talvolta disattivato fino a quando il treno non lascia la stazione). È invece tutto più complicato quando il treno è in movimento, e si avvicina e allontana molto velocemente dai ripetitori con i quali deve scambiarsi i dati per rendere possibile la connessione a bordo.

Come i modem dei normali cellulari, anche quello del treno deve farsi riconoscere e deve scambiare qualche dato con il ripetitore, per mantenere attiva la propria connessione. Le reti cellulari sono costruite per gestire questo passaggio, che si chiama “handover”, ma soprattutto nel caso di antenne più datate o con minore capacità non sono sempre attrezzate per farlo così velocemente e di continuo: un conto è farlo per uno smartphone nella tasca di qualcuno che cammina a piedi, va in bicicletta o in automobile, e un altro è farlo per un treno che viaggia a centinaia di chilometri orari.

Attività di manutenzione su un ripetitore 5G (Daniel Karmann/dpa via ANSA)

I Frecciarossa di Trenitalia sono stati tra i primi treni ad alta velocità in Europa a offrire una connessione WiFi ai passeggeri, già agli inizi del servizio circa 15 anni fa. All’epoca non c’era il 5G, le reti cellulari avevano una minore capacità e non c’erano strumentazioni paragonabili a quelle di oggi: la connessione a bordo era definita “sperimentale” ed era quasi sempre un disastro, proprio per la difficoltà di mantenere il treno stabilmente collegato alla rete cellulare. Oggi la qualità della connessione non è paragonabile a quella dell’epoca, che probabilmente ha contribuito più di tutto a confermare l’idea che “il WiFi sull’alta velocità non funziona mai”, ma rimangono comunque alcuni problemi legati più al modo in cui sono fatte le reti mobili che ai treni stessi

La maggior parte dei ripetitori viene installata nelle aree più densamente popolate, a cominciare dalle città, sia per offrire una buona copertura sia per soddisfare tutte le richieste di collegamento da parte di migliaia di dispositivi. Ogni ripetitore può infatti gestire una quantità finita di connessioni per volta ed è il motivo per cui se ne installano di più e con maggiore capacità dove ci sono più persone.

Le zone rurali o montuose sono meno popolate e di conseguenza beneficiano di una minore copertura: il segnale c’è, ma si possono gestire meno dispositivi in contemporanea. Una ferrovia passa necessariamente per queste zone in cui la connessione mobile è meno efficiente, e questo si riflette sulle possibilità di tenere collegato un treno, soprattutto se si sta muovendo molto velocemente.

Per mitigare il problema, i sistemi impiegati sui treni sono di solito in grado di collegarsi in contemporanea a ripetitori che funzionano con tecnologie diverse e che sono gestiti da diversi operatori. Lo scopo è di poter usare più segnali da gestire insieme, in modo da ridurre il rischio che falliscano gli handover e che la connessione salti di continuo. Icomera, una società svedese specializzata nella connettività per i trasporti e tra i partner di Trenitalia, ha sviluppato per esempio un sistema per gestire in contemporanea i segnali 3G, 4G e 5G da ripetitori diversi e di vari operatori, utilizzandoli per compensare i salti di connessione e rendere più stabile il servizio.

(Icomera)

In linea di principio sistemi come questi rendono molto più efficiente il servizio, ma se la distribuzione dei ripetitori lungo la linea ferroviaria è poco omogenea o carente si avranno comunque problemi di connessione, ed è soprattutto per questo motivo che in alcune zone è difficile accedere a Internet sui Frecciarossa o su Italo.

La lentezza e l’inefficienza della connessione possono inoltre essere legate a quante persone stanno utilizzando in contemporanea la rete WiFi del treno, i cui sistemi devono smistare le richieste e fare in modo che la banda disponibile sia usata più o meno equamente da tutti. È il motivo per cui di solito viene limitata la possibilità di guardare video in streaming con il WiFi di bordo, in modo da ridurre il consumo di banda da parte di un singolo dispositivo.

Sia Italo sia Trenitalia danno la possibilità di usare un “portale di bordo” per accedere a film, serie tv e altri contenuti che sono memorizzati e disponibili già nei sistemi del treno, in modo da non doverli scaricare dall’esterno. È per questo motivo che di solito questi servizi sono più veloci e si possono guardare i film anche quando non c’è una connessione funzionante a Internet.

Molte persone si fanno comunque un’idea sulla qualità del WiFi a bordo confrontandolo con la velocità dei loro smartphone, che spesso offrono una connessione migliore e perdono meno di frequente il segnale. I motivi possono essere diversi, a cominciare dalla presenza di modem più recenti ed elaborati sui singoli dispositivi rispetto a quelli impiegati sul treno: cambiare smartphone è del resto più semplice ed economico che cambiare di frequente un intero apparato di gestione del segnale su un treno.

Il proprio smartphone usa inoltre direttamente la propria rete cellulare, ci sono meno passaggi intermedi e il ripetitore garantisce al singolo utente una certa quantità di banda, che può essere superiore a quella messa a disposizione dal WiFi del treno. Gli smartphone più recenti possono inoltre essere meglio attrezzati per gestire il passaggio da una antenna a un’altra, anche se il loro raggio di attività può essere inferiore rispetto a quello dei sistemi montati sul treno.

L’avvento delle reti 5G, con maggiore capacità e minori tempi di risposta, ha inoltre ridotto i problemi di saturazione dei ripetitori dovuti al collegamento in contemporanea di centinaia di persone. In un certo senso, quando un treno dell’alta velocità si avvicina a un ripetitore è come se portasse in pochi secondi un piccolo paese di circa 500 persone che hanno tutte in tasca un telefono. Se il ripetitore è già congestionato per qualche motivo, possono esserci rallentamenti nella connessione per qualche secondo (i ripetitori utilizzano comunque vari sistemi per la gestione contemporanea delle connessioni e per soddisfare le richieste, con gestione di flussi di dati multipli).

I prossimi sviluppi per migliorare le connessioni dal treno arriveranno probabilmente dallo Spazio, grazie all’integrazione delle tecnologie satellitari nei sistemi di ricezione. Icomera da un paio di anni ha avviato lo sviluppo di sistemi ibridi che possano utilizzare non solo i segnali dai ripetitori terrestri, ma anche quelli dalle costellazioni di satelliti in orbita bassa intorno alla Terra come Starlink, la rete di migliaia di satelliti di SpaceX per avere Internet dallo Spazio. La società ha in programma di offrire le prime soluzioni commerciali entro quest’anno, ma non è chiaro quali saranno i primi clienti a beneficiarne.

Redazione Il Post

È vero che il cinema se ne sta andando dagli Stati Uniti

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(AP Photo/Damian Dovarganes)

Trump ha ipotizzato di introdurre dei dazi anche in questo settore, che però da tempo chiede interventi ben diversi

La nuova stagione della serie tv statunitense Suits, intitolata Suits: LA perché ambientata a Los Angeles, inizialmente sarebbe dovuta essere girata a Vancouver. Se non fosse arrivato a sorpresa un incentivo da 12 milioni di dollari dal governo della California comunque non sarebbe stato strano girare in Canada. La serie originale per esempio era stata girata tutta a Toronto, pur essendo ambientata a New York. Almeno dagli anni ’90 le grandi città del Canada fanno da controfigura per quelle statunitensi, perché girare lì costa meno e perché lo stato incentiva le produzioni.

Riportare negli Stati Uniti la produzione di film e serie, e quindi le possibilità di lavoro che offrono, è da diversi anni una richiesta di lavoratori e produttori di Hollywood. Per risolvere il problema lunedì il presidente Donald Trump ha manifestato sul suo social network Truth l’intenzione di introdurre dazi del 100% sui film girati fuori dagli Stati Uniti. Non è chiaro come potrebbero funzionare e non si sa se Trump li imporrà davvero, ma la sua proposta sta comunque facendo discutere perché renderebbe le cose molto difficili alle aziende del settore, che da tempo chiedono interventi diversi per risolvere il problema.

La sproporzione tra i costi da sostenere per girare negli Stati Uniti, particolarmente in California, e quelli per girare all’estero è aumentata costantemente negli ultimi 30 anni, portando almeno un terzo di tutte le ore girate di film e serie tv statunitensi fuori dalla nazione. Significa che trasportare una parte del cast e della troupe in aereo, sistemarli in hotel e sostenere in generale i costi di una trasferta anche intercontinentale per mesi è comunque più conveniente rispetto a girare negli Stati Uniti. Si teme che a Los Angeles stia accadendo con il cinema ciò che negli anni Settanta è accaduto a Detroit con l’industria automobilistica, cioè la delocalizzazione di un settore di produzione che ha sempre sostenuto l’economia locale.

Il cinema e la serialità televisiva statunitensi storicamente si facevano in California e nello specifico a Los Angeles, con qualche produzione girata a New York e una piccola percentuale in altri stati se la sceneggiatura lo richiedeva. La maggior parte delle persone che lavorano nell’audiovisivo vive a Los Angeles, e lì ancora ci sono le sedi di tutte le società di produzione e di tutte le piattaforme di streaming. I teatri di posa sono stati a lungo il posto in cui veniva fatta la maggior parte delle riprese, poi per costi e mutamenti di stile si è passati a girare in strada, nelle vere location, ma sempre più che altro in California. Tra gli anni ’90 e Duemila l’uso metodico e intensivo in vari paesi dello strumento del tax credit (uno sgravio fiscale che funziona come un incentivo garantito a chi gira nel paese o nella regione che lo promuove) ha iniziato a portare le produzioni fuori dalla California.

Almeno 38 stati degli Stati Uniti oggi offrono incentivi a girare sul loro territorio tramite tax credit. Complessivamente in questi anni sono stati spesi 25 miliardi di dollari per attirare le produzioni. Il Michigan a fasi alterne ha investito molto, prima credendo nello strumento e poi dubitando molto della sua effettiva efficacia nel funzionare come un propulsore per l’economia locale (chi vuole usufruire degli incentivi non deve solo girare nello stato ma spendere soldi e usare maestranze locali), e così anche Arizona, Indiana, Wisconsin, Kentucky, Missouri e West Virginia. Nessuno tuttavia lo ha fatto quanto la Georgia, che ha creato un hub produttivo finendo per spendere lungo gli anni 5 miliardi di dollari in incentivi. Quasi tutti i film dei Marvel Studios dal 2008 a oggi sono stati girati in Georgia, ad esempio. E qualcosa di simile lo hanno fatto anche la Louisiana o lo stato di New York.

Ma meglio ancora in termini di incentivi hanno fatto negli ultimi quindici anni molti paesi fuori dagli Stati Uniti. Per esempio il nuovo Avengers: Doomsday ha abbandonato la Georgia e come molte produzioni hollywoodiane è stato girato nel Regno Unito, da sempre molto attrezzato per produzioni grandi e con troupe che parlano inglese. E così accadrà anche per il prossimo grande film tratto da fumetti DC o il prossimo Guerre stellari. La lingua però non è un grande vincolo: i film americani si girano ovunque convenga. A lungo uno dei posti più frequentati è stata l’Italia, che dal 2017 all’anno scorso ha avuto uno dei tax credit più convenienti (40% delle spese sostenute in Italia) e una storica attrattiva per preparazione delle maestranze e varietà delle ambientazioni. Ma l’Ungheria, la Repubblica Ceca e la Germania non sono state da meno.

Nonostante anche la California abbia un suo tax credit, questo non è paragonabile per percentuale di sgravio a quello degli altri paesi, in aggiunta al fatto che già i costi in quello stato sono più alti che altrove. Il costo della vita a Los Angeles è molto cresciuto e in particolar modo il costo dei lavoratori è salito. Il New York Times ha fatto un calcolo scoprendo che a Budapest il costo di una squadra di sette attrezzisti per 30 giorni di riprese costa 60.000 dollari mentre a Los Angeles, per il medesimo lasso di tempo, con 53.000 dollari si paga un solo tecnico che fa quel medesimo lavoro. Tra le ragioni di questo divario ci sono i maggiori costi aggiuntivi come la previdenza sociale o l’assicurazione sanitaria

Questo senza contare che il denaro allocato per il tax credit in tutta la California è 750 milioni di dollari (recentemente è stato chiesto un raddoppio). È più o meno quanto quello allocato dallo stato italiano nel 2023 per il suo tax credit, con la differenza che i film in America hanno budget più o meno dieci volte superiori a quelli italiani. Significa che meno produzioni possono accedere a incentivi meno sostanziosi e che certe categorie sono proprio escluse. Inoltre a differenza di quanto avviene all’estero le serie che non sono di finzione non possono chiedere lo sgravio fiscale (documentari ma anche show televisivi), e le serie tv di finzione lo ricevono solo alla prima stagione. Questo fa sì, per esempio, che la versione statunitense del quiz televisivo The Floor, del network televisivo Fox, sia tutta girata a Dublino.

Negli ultimi anni l’industria cinematografica ha in più occasioni sollevato il problema, chiedendo soluzioni che permettessero di tornare a girare in California o a Los Angeles, dove negli ultimi venti anni la produzione è calata di un terzo, causando la chiusura di molte attività legate al cinema e alla serialità. È anche partita una campagna di pressione chiamata #StayInLA che chiede incentivi fiscali più forti in California e vuole ottenere che le grandi case di produzione (che sono quelle che più tendono a girare fuori dagli Stati Uniti) si impegnino ad aumentare del 10% le produzioni in città nei prossimi tre anni. Secondo un sondaggio fatto dall’ente ProdPro ai principali produttori, un aumento degli incentivi sarebbe l’unica maniera per trattenerli.

FilmLA, l’ente che regola e monitora le produzioni che avvengono a Los Angeles, sostiene che solo nel 2024 c’è stato un calo del 5,6% delle richieste di permessi per girare a Los Angeles, rispetto all’anno precedente che già era sembrato disastroso. L’associazione di categoria degli attrezzisti sostiene che solo dal 2022 al 2024 15mila opportunità di lavoro sono sfumate e, in generale, anche le ore lavorate dagli attrezzisti sono calate nello stesso periodo da 123 milioni a 88 milioni. La tendenza è sempre più forte. Nei tre mesi da gennaio a marzo del 2025, i giorni di riprese a Los Angeles sono calati ancora del 22% rispetto all’anno precedente e in totale del 58% in meno rispetto al 2021. E anche guardando ai piani delle grandi società di produzione non sembra ci sia l’intenzione di invertire la tendenza. Netflix, che è uno dei produttori che più girano negli Stati Uniti e che ha costruito un intero studio nel New Mexico e uno nel New Jersey per girare lì, ha anche annunciato di avere in piano di investire 1 miliardo di dollari per produrre in Messico.

La proposta di Trump è arrivata lunedì, dopo che nel weekend il presidente aveva incontrato nella sua residenza di Mar-a-Lago Jon Voight. L’ex attore era stato nominato insieme a Sylvester Stallone e Mel Gibson “ambasciatore speciale” presso Hollywood dalla presidenza qualche giorno dopo l’insediamento. Secondo quanto riportato dalle testate che si occupano dell’industria, Voight nell’ultimo mese ha incontrato sia i grandi studios come Universal, Warner e Disney, sia le piattaforme di streaming che i sindacati, per mettere a punto un piano per riportare la produzione negli Stati Uniti. Proprio questo piano sarebbe stato quello di cui si è discusso a Mar-a-Lago nel weekend. La proposta portata da Voight e dal suo manager e produttore Steven Paul è stata poi resa pubblica a seguito delle dichiarazioni del presidente e tra le altre cose comprendeva effettivamente l’idea di imporre dei dazi, ma solo limitandosi a un numero ristretto di casi, oltre a ipotesi di incentivi fiscali a livello federale, sussidi per esercenti e produttori, e accordi di coproduzione con paesi stranieri (misura che i paesi europei utilizzando da decenni).

Redazione il Post

Uici, plauso dai disabili visivi per il Laboratorio Multisensoriale del Museo di Lipari

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Maria Francesca Oliveri, presidente del Consiglio regionale dell’Uici

“Profonda soddisfazione” della presidente del Consiglio regionale dell’Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti Maria Francesca Oliveri per la struttura aperta nella maggiore delle Eolie grazie a un progetto finanziato dal Pnrr e che “rende l’Arte più vicina, più viva, più vera”. La convinzione del direttore del Museo, Rosario Vilardo, che la conoscenza sia “un diritto civile” e l’auspicio dell’Unione ciechi che queste iniziative possano diffondersi.

“Esprimo profonda soddisfazione per l’iniziativa realizzata a Lipari, dove la potenza espressiva delle maschere teatrali è stata resa accessibile ai visitatori non vedenti”.

Lo ha detto Maria Francesca Oliveri, presidente del consiglio regionale dell’Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti della Sicilia, commentando la tre giorni in cui, nella maggiore delle isole Eolie, grazie al progetto “Dal Museo al Teatro”, messo a punto da Maria Clara Martinelli, archeologa del Parco archeologico delle Isole Eolie e realizzato dallo stesso Parco con l’università Cattolica di Milano, l’ateneo di Reggio Calabria e il Naos Lab.

Il progetto, finanziato con fondi del Pnrr, si ispira alla convinzione del direttore del Parco di Lipari, Rosario Vilardo, che la conoscenza sia “un diritto civile” e ha consentito di inaugurare nei giorni scorsi un Laboratorio Multisensoriale dedicato a non vedenti e non udenti. La struttura ha 35 reperti tattili, segnaletica in Braille e Lis, mappe per autistici, e anche mascherine scure per sperimentare la visita al buio, app e animazioni digitali per lo storytelling.

“Avere la possibilità di toccare con le mani, immaginare con la mente ed emozionarsi con il cuore, è sempre un dono grande che rende l’Arte più vicina, più viva, più vera. Auspico che queste iniziative possano diffondersi sempre di più affinché la Cultura e l’Arte diventino davvero inclusive, universali, eterne”.

Il titolo del progetto si deve al fatto che le piccole maschere conservate nel Museo di Lipari, digitalizzate per essere riprodotte in formato tattile, sono state anche ingrandite per esser utilizzate nello spettacolo “Prometeo incatenato” di Eschilo. Il lavoro, diretto e interpretato da Christian Poggioni e con la drammaturgia di Elisabetta Matelli, storica del teatro antico della Cattolica, è stato presentato con successo nel Teatro di Lipari sabato scorso.

Redazione ViviEnna

 

Sistema Museale Piceno: nel 2025 16 appuntamenti in 13 comuni con la “Camminata dei musei” di Unione Sportiva Acli

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Per il terzo anno consecutivo riprende la collaborazione tra Bim Tronto e U.S. Acli Provinciale per la realizzazione del progetto “Camminata dei musei” nelle strutture del Sistema Museale Piceno di 13 comuni. Sabato 10 Maggio, infatti, prenderà il via a Grottammare il primo di sedici appuntamenti che andranno avanti in periodi dell’anno che favoriscono la destagionalizzazione turistica.

Il primo appuntamento è fissato con il Museo dell’illustrazione contemporanea di Grottammare a cui farà seguito un percorso sul lungomare cittadino che comprende opere d’arte e gli splendidi villini.

La partecipazione è gratuita ma occorre prenotare, con un messaggio, al numero 3939365509 indicando nome e cognome di chi partecipa entro l’8 maggio.

“Questa proficua collaborazione con US Acli è espressione concreta della nostra visione di cultura come bene comune e strumento di coesione territoriale» – dichiara Luigi Contisciani, Presidente del Bim Tronto – «Come ente capofila del Sistema Museale Piceno, il BIM Tronto è orgoglioso di sostenere progetti che mettono in rete musei, enti locali, cittadini e associazioni, promuovendo il nostro patrimonio culturale e museale anche oltre i confini regionali”.

Nel corso del 2025 saranno 16 gli appuntamenti in vari centri del Piceno come Ascoli Piceno (Museo Diocesano, 11 Maggio), Castorano (Museo arti e mestieri della civiltà contadina “Giacomo Speca” – 17 Maggio), San Benedetto del Tronto (Pinacoteca del Mare e Villa Marittima 18 Maggio), Cossignano (Antiquarium e Museo civico di arte sacra 24 Maggio). “Camminata dei musei” toccherà poi Acquaviva Picena, Carassai, Cupra Marittima, Monsampolo del Tronto, Monteprandone, Offida, Ripatransone e Spinetoli, altri appuntamenti sono programmati, nel corso dell’anno, a San Benedetto del Tronto (“Musei pietraia dei poeti” e “Museo diocesano”) e a Grottammare (musei situati nel vecchio incasato).

In alcuni degli appuntamenti sarà garantito il Servizio di interpretariato della Lingua Italiana dei Segni per favorire la partecipazione di persone sorde (così come avvenuto nelle precedenti edizioni del progetto).

Nella prima annualità di collaborazione tra Bim Tronto e U.S. Acli provinciale,  tra Luglio 2022 e Aprile 2023,  sono state realizzate 20 iniziative che hanno coinvolto 726 persone (tra i 3 e gli 86 anni). Il 16% dei partecipanti non risiede nella Provincia di Ascoli Piceno segno che le attività organizzate hanno coinvolto persone che non abitano nella zona. Nella seconda annualità di collaborazione tra Bim Tronto e U.S. Acli provinciale, tra Marzo 2024 e Febbraio 2025, sono state realizzate 11 iniziative che hanno coinvolto 417 persone (tra i 10 e gli 82 anni) di cui 23 sorde. Il 24% dei partecipanti non risiede nella Provincia di Ascoli Piceno (dato in aumento rispetto alla prima edizione).

2615- Camminata dei musei Sistema Museale Piceno

da Cooperative Marche