Sono 257 i disabili che si sono candidati dai Paesi membri dell’ESA: 31 solo dall’Italia, tra cui 7 donne. Uno di loro parteciperà come parastronauta. Si potrebbe rivoluzionare il mondo delle esplorazioni spaziali

di Valeria Carbone Basile

ROMA – Si è appena chiusa la presentazione delle candidature per la nuova classe di astronauti dell’Agenzia Spaziale Europea, con 22.589 domande presentate, di cui un quarto donne. Una selezione più che mai all’insegna dell’inclusività, e non solo di genere, visto che per la prima volta un’agenzia spaziale offre questa possibilità anche a persone con disabilità. Sono 257 i disabili che si sono candidati dai Paesi membri dell’ESA (31 solo dall’Italia, tra cui 7 donne). Uno di loro parteciperà come parastronauta ad uno studio di fattibilità che potrebbe rivoluzionare il mondo delle esplorazioni spaziali.

Non saranno “turisti spaziali”. Dopo dodici anni, l’Agenzia Spaziale Europea ha aperto le selezioni per rinnovare il suo corpo astronautico con 4 nuovi astronauti regolari e una ventina di riserve, tra cui rientrerà il primo o la prima parastronauta della storia. L’ESA è infatti la prima agenzia spaziale al mondo ad iniziare il Parastronaut Feasibility Project, un programma per reclutare un astronauta con disabilità motorie, con l’obiettivo di studiare la possibilità di inviare in futuro sulla Stazione Spaziale Internazionale anche persone disabili, non come “turisti spaziali”, bensì come scienziati impegnati a tutti gli effetti in missioni utili e sicure, esattamente come i colleghi normo-dotati, del resto – aveva puntualizzato l’astronauta Samantha Cristoforetti – “nello spazio siamo tutti in qualche modo disabili, anche noi che non abbiamo impedimenti fisici all’origine. È la tecnologia ad aiutarci, e dopo gli studi di fattibilità, sarà solo questione di adattare le tecnologie a determinate necessità.”

Una novità dirompente e apprezzata. Talmente dirompente e apprezzata che alle 257 candidature per parastronauti giunte dai Paesi membri dell’ESA, se ne sono aggiunte 30 da ogni parte del mondo, inclusi gli Stati non elegibili. “L’idea nasce innanzitutto dalla necessità di utilizzare al massimo le risorse umane. Esiste infatti personale estremamente qualificato che non ha mai avuto questa possibilità per via di una disabilità fisica”, aveva commentato l’astronauta Luca Parmitano durante la presentazione del progetto, ribadendo che “Questa non è un’operazione di facciata, bensì una evoluzione, e ci auguriamo che possa diventare un cambiamento strutturale del volo spaziale.”

I requisiti richiesti per la candidatura. Grazie ad una preliminare consultazione con il Comitato Paralimpico Internazionale e ad uno studio scientifico ad hoc, la selezione dei parastronauti è stata aperta a persone con un deficit a uno o entrambi gli arti inferiori, purché al di sotto del ginocchio; una lunghezza delle gambe diversa; una statura inferiore a 130 cm. La persona selezionata entrerà a far parte delle riserve agli astronauti regolari, e contemporaneamente aiuterà l’ESA a comprendere come adattare l’attuale hardware spaziale a specifiche disabilità motorie. Ma caratteristiche fisiche a parte, i requisiti per presentare domanda erano gli stessi della selezione generale, poiché i parastronauti devono dimostrarsi psicologicamente, cognitivamente, tecnicamente e professionalmente qualificati per il ruolo, a prescindere dalla disabilità.

Un budget di un milione di euro. Per questo progetto di fattibilità, l’Agenzia Spaziale Europea impegnerà un budget iniziale di 1 milione di euro per studi tecnici, simulazioni spaziali, missioni analoghe (in ambienti naturali simili a quelli extraterrestri), e per lavorare con partner internazionali e fornitori di voli spaziali commerciali, al fine di realizzare i necessari adattamenti tecnologici per l’accessibilità.

Talenti e risorse, a prescindere dalla disabilità. L’attenzione al tema della disabilità non è nuova per l’ESA, già nel 2014 Samantha Cristoforetti aveva portato sulla ISS la bandiera della pattuglia aerea di piloti disabili italiani WeFly! Team, nell’ambito dell’iniziativa WeFly! Con Futura… osa volare, che mirava a scardinare i pregiudizi e a valorizzare la disabilità non come limite, bensì come opportunità.  Per la stessa ragione, l’ESA da un paio d’anni ha attivato un programma di inserimento di neo-laureati con disabilità, ritenendoli una risorsa utilissima per il loro particolare uso del pensiero laterale, la capacità di pensare fuori dagli schemi e in modo innovativo.

L’obiettivo della Stazione Spaziale. “Se c’è una cosa che abbiamo imparato lavorando sulla Stazione Spaziale Internazionale, è che c’è un grande valore nella diversità. Includere persone con bisogni speciali significa anche beneficiare della loro straordinaria esperienza, capacità di adattamento ad ambienti difficili e diversi punti di vista”,  ha spiegato Loredana Bessone, addestratrice di astronauti dell’ESA, “I nostri astronauti eseguono moltissimi esperimenti di scienze della vita nello spazio, e il fatto che siano persone con disabilità a condurre tali esperimenti potrebbe portare a risultati scientifici nuovi e sorprendenti, a beneficio di tutta l’umanità”.
L’impegno di ESA e della ricerca spaziale per migliorare la qualità di vita dei disabili. Con il suo Spin-off ESA Space Solutions, l’Agenzia Spaziale Europea da molti anni collabora con aziende, università e vari settori della società, per sfruttare i risultati e le ricerche in ambito spaziale allo scopo di migliorare la qualità della vita sulla Terra, inclusa quella dei disabili.

Gli occhiali a realtà aumentata. È il caso ad esempio dei rivoluzionari EyeSpeak, occhiali a Realtà aumentata che proiettano sulle lenti uno schermo e una tastiera virtuali, consentendo a chi ha subito lesioni al midollo spinale oppure è affetto da malattie neurodegenerative come la SLA, di comunicare attraverso i movimenti delle pupille che fungono da mouse al posto delle dita, e grazie ad un software trasformano la scrittura in messaggio vocale. Questo strumento, per esempio, è nato dagli studi di realtà aumentata che dal 2008 si stavano conducendo per ottimizzare la visualizzazione delle checklist degli astronauti durante le passeggiate extraveicolari con le voluminose tute spaziali.

L’arricchimento nelle tecnologie spaziali. Le tecnologie spaziali possono portare, inoltre, numerosi benefici alle persone cieche e ipovedenti. Basti pensare che, grazie alle informazioni dei satelliti geostazionari EGNOS e SISNET, un’azienda spagnola è riuscita a creare un navigatore personale affidabile che può essere indossato dai pedoni non vedenti, per girare in sicurezza in città. La sola tecnologia GPS non è infatti abbastanza accurata e precisa da rilevare i singoli ostacoli lungo il percorso, ma i due satelliti riescono a correggere i segnali, con una precisione di 2 metri. Senza dimenticare il monumentale lavoro di sonificazione delle immagini e di migliaia di cataloghi di dati astrometrici raccolti durante varie missioni ESA, che l’Agenzia sta proseguendo dal 2016 e ha già reso disponibili a tutti, al fine di promuovere non solo una nuova modalità di studio e mappatura del cielo, ma anche di facilitare l’apprendimento dell’astronomia per gli studenti ipovedenti.

 

 

 

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