Innovazione Roma, il robot che traduce la lingua dei segni

Sono più di 50 le startup di imprese, scuole, università e centro di ricerca regionali presenti tra i 250 espositori alla rassegna dell’innovazione a Roma dall’8 al 10 ottobre: che ha visto 21 mila presenze. Tra le novità il latte scaduto che diventa bioplastica

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Il «Beluga», un drone che consegna sacche di sangue, plasma e farmaci in situazioni di urgenza e in aree difficilmente raggiungibili (foto Lami/Ansa)

Il Lazio torna protagonista dell’innovazione europea con la nona edizione della Maker Faire Rome.

di Mirko Giustini

Alla fiera della creatività, che in tre giorni ha fatto registrare oltre 21mila presenze, hanno trovato posto più di 50 stand di startup, imprese, scuole, università e centri di ricerca del territorio sui 250 totali.

Nei dodici ettari di spazio messi a disposizione dalla società energivora Eni all’interno del Gazometro di via Ostiense sono stati illustrati progetti pioneristici applicabili a diversi comparti dell’economia reale: dalla sostenibilità ai trasporti, passando per agricoltura, manifattura, robotica, sicurezza, intelligenza artificiale, mobilità, design e salute. A legare tra loro la maggior parte delle invenzioni regionali è stata l’attenzione per i bisogni primari delle persone.

Ecco ad esempio l’Istituto Alessandro Volta di Frosinone: gli allievi Francesco De Angelis e Valerio Calcagni hanno presentato «Brother», un androide capace di tradurre in tempo reale la Lingua italiana dei segni in maniera testuale, vocale e tattile. «Una volta identificate le lettere dell’alfabeto Lis attraverso due microcamere il robot invia segnali a un supporto dotato di una matrice braille – spiegano –. In questo modo si abbattono le barriere comunicative tra non vedenti e non udenti». Nasce da una collaborazione tra l’impresa elettronica Eurolink System di Roma e l’Università Niccolò Cusano il «Beluga», un drone che consegna sacche di sangue, plasma e farmaci in situazioni di urgenza e in aree difficilmente raggiungibili da squadre di soccorso. Tra salute e ecosostenibilità la professoressa Emanuela Gatto, responsabile della startup SPlastica di Roma propone una tecnologia innovativa per trasformare il latte scaduto in bioplastica, attraverso una sintesi sostenibile a livello economico e ambientale.

I prodotti di SPlastica sono costituiti da biopolimeri naturali e rispettano le norme Ue sulla messa al bando della plastica monouso: sono 100% biodegradabili e compostabili a temperatura ambiente e si dissolvono in acqua di mare in circa 60 giorni.

 

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