Il sorprendente testamento del pittore sordomuto del Seicento

Risale al 1624 il testamento di Luca Riva, pittore sordomuto di 33 anni che, per le proprie volontà, decise di realizzare un documento davvero unico nel suo genere, correlato da illustrazioni

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Risale al 1624 il testamento di Luca Riva, pittore sordomuto di 33 anni che, per le proprie volontà, decise di realizzare un documento davvero unico nel suo genere: un testamento corredato da illustrazioni.

Alla vigilia della Giornata Internazionale dei diritti delle persone con disabilità, il Ministero della Cultura guidato da Dario Franceschini presenta sui propri canali social un video il cui protagonista è proprio questo testamento nel racconto del Direttore dell’Archivio di Stato di Milano, Benedetto Luigi Compagnoni.

Il documento contiene complessivamente 40 carte, di cui 12 costituiscono il libretto figurato. Le immagini rappresentano le diverse persone o istituzioni cui Riva intende destinare eredità più o meno consistenti. Il giudice, “per maggior cautela”, comanda al pittore di completare il libretto riportando sotto a ciascun disegno la consistenza del legato e apponendo la propria firma.

Tra le illustrazioni più interessanti vi sono la prima, che rappresenta l’artista e la moglie mentre lui le consegna la più significativa parte di eredità; la scena con protagonista il nipote di Riva, Giulio, rappresentato come uno “scapestrato” che non fa altro che giocare a carte, al quale dunque spetta poco o nulla; e la scena delle orfanelle, alla cui parrocchia l’artista lascia 600 lire.

Anche l’Ospedale Maggiore di Milano conserva il testamento di Riva, ma nella sola versione notarile, quindi senza disegni, per questo il documento custodito dall’Archivio di Stato di Milano sin dalla prima metà del Novecento è unico nel suo genere.

Inoltre, come descrivono gli archivisti dall’Asmi, per spiegare le proprie volontà il testatore ricorre a “molti segni con il capo, mani et occhi”: per interpretarli sono presenti Gregorio Farra, canonico della chiesa collegiata di San Nazaro in Brolo, Giulio Cesano e Bernardo Cavallazzo, esperti “per la longa prattica et famigliarita” non solo con il “detto luca Riva”, ma anche “con altri muti et sordi sino dalla natività loro”.

Il notaio può così verbalizzare le richieste del pittore, redigendo un testamento valido a tutti gli effetti. Durante la seduta, per meglio chiarire le sue intenzioni, Luca scrive “per Abaco distinto” le somme che intende lasciare su un foglio di carta (allegato al testamento); esibisce inoltre un “libretto” di dodici carte rilegate, da lui preparato in precedenza, “sopra il quale si sono viste diverse figure fatte d’inchiostro et di propria mano di detto luca Riva […] et in esso libretto vi sono rappresentate diverse chiese, figure de’ Santi, et altre cose”.

Le immagini alludono alle diverse persone o istituzioni cui Riva intende destinare eredità più o meno consistenti. Il giudice, “per maggior cautela”, comanda al testatore di completare il libretto riportando sotto a ciascun disegno la consistenza del legato e apponendo la propria firma.

 

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