“Noi persone sorde vogliamo tutte le stesse cose”: Usa e Italia negli occhi di un’attivista

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Lei è una scrittrice sorda che vive tra gli Stati Uniti e l’Italia.

Dopo la laurea al Massachusetts Institute of technology (Mit), sei anni fa si è trasferita in Italia con delle borse di studio e ricerca. Tra analogie e differenze, le riflessioni sulle differenze tra Stati Uniti e Italia

di Sheila Zhi Xu

Vivere in Italia come immigrata americana sorda presenta sfide uniche, ma è anche un’esperienza illuminante.

Mi sono innamorata di questo Paese per la prima volta nel 2014, durante il mio primo viaggio con lo zaino in spalla. All’epoca mi ero da poco laureata al Massachusetts Institute of technology (Mit) ed ero partita alla volta dell’Europa per un viaggio in solitaria. L’Italia era una delle mie destinazioni. Qui ho avuto la possibilità di incontrare e socializzare con italiani sordi in tutta la Penisola, da Milano alla Sicilia. Nonostante la nostra diversa educazione e lingua, siamo stati in grado di entrare in contatto facilmente gli uni con gli altri, con calore e amicizia. Abbiamo imparato che condividiamo molte “esperienze da persone sorde”, atteggiamenti e opinioni comuni. Mi sono innamorata ancora di più dell’Italia quando ho avuto modo di assaggiare i piatti della vostra deliziosa cucina, mangiando cibo che non avevo mai visto negli Stati Uniti.

Mi sono trasferita in Italia poco dopo aver terminato il mio viaggio zaino in spalla. Avevo vinto due borse di studio per insegnare e fare ricerca per un periodo di circa due anni, il che ha reso più facile il trasferimento. Dopo aver concluso i miei studi accademici, ho sposato un affascinante e dolce sordo italiano, decidendo di fare dell’Italia la mia casa, dove ho trascorso oltre cinque anni. Trasferirmi mi ha dato l’opportunità di diventare, dal punto di vista culturale, una “cittadina globale” pur mantenendo forti legami con entrambi i Paesi. Essendo nata e cresciuta negli Stati Uniti, dove ho trascorso l’intera vita, trasferirmi in un Paese straniero e adattarmi come immigrata sorda ha comportato alcune sfide e una crescita personale.

Ammetto di essere abituata, negli Stati Uniti, a migliori sistemazioni, servizi, programmi e a maggiori diritti per le persone sorde. Nel mio Paese riesco a fare molte più cose che in Italia. Per esempio, le leggi statunitensi prevedono delle buone sistemazioni per le persone con disabilità, incluse quelle sorde, nella sfera pubblica (istruzione, medicina, legge, luoghi di lavoro, eccetera). Questo è il motivo per cui ho la possibilità di seguire i corsi presso qualsiasi istituto di formazione negli Stati Uniti e di aspettarmi che le mie esigenze di comunicazione vengano soddisfatte. Dispongo di un sottotitolista dal vivo o di un interprete nella lingua dei segni per ogni singola lezione, evento, seminario, senza dover sostenere il costo della prestazione. Ho accesso gratuito al servizio di ritrasmissione video-telefonica 24 ore su 24, sette giorni su sette, che mi permette di telefonare a qualsiasi numero di telefono, compresi quelli internazionali. Se un datore di lavoro mi assume, è legalmente obbligato a fornirmi soluzioni ragionevoli e non può discriminarmi per la mia sordità durante il processo di selezione. Tuttavia, la qualità dei servizi non è sempre uniforme negli Stati Uniti (che non sempre garantiscono il massimo dell’accessibilità). La popolazione sorda anche lì subisce ancora discriminazioni, oppressione, disoccupazione e sottoccupazione, come la maggior parte dei sordi nel resto del mondo.

La realtà è diversa in Italia. Non esiste un servizio di ritrasmissione video-telefonica gratuito 24 ore su 24, sette giorni su sette, diffuso su tutto il territorio. I servizi di ritrasmissione per le persone sorde hanno orari limitati, attualmente estesi dalle 8:00 all’1:00 dal lunedì al venerdì e dalle 8:00 alle 14:00 il sabato. Ogni scuola decide in che misura può ospitare i propri studenti sordi, poiché la legge italiana non richiede necessariamente agli istituti di fornire adeguamenti o servizi accessibili. A volte i sordi devono pagare di tasca propria per avere un interprete nella lingua dei segni, che sarebbe normalmente coperto dal fornitore (governo, azienda, istituzione, ospedale, eccetera) negli Stati Uniti. Questa è una delle ragioni principali per cui non riesco a trovare corsi di lingua italiana con adattamenti adeguati agli stranieri sordi. Volevo imparare e migliorare il mio italiano in un contesto di insegnamento formale. In questo modo avrei potuto comunicare meglio con i miei familiari italiani, comprendere le sfumature della vostra cultura e della vostra lingua e leggere le notizie in italiano con maggiore facilità. Nonostante le difficoltà, sono però riuscita a studiare da sola con un libro e l’anno scorso ho superato con successo l’esame di lingua italiana B1 Plida. Faccio ancora del mio meglio per leggere, ascoltare e comprendere l’italiano ogni giorno, ma è una battaglia lenta e in salita.

Anche se posso avere difficoltà con l’italiano, le mie competenze nella lingua dei segni italiana (Lis) sono migliorate talmente tanto che mi sento a mio agio nel tenere un discorso in Lis dinanzi a un pubblico italiano sordo. Dato che parlo già correntemente la lingua dei segni americana (Asl), è molto facile per me imparare una lingua dei segni di un altro Paese e socializzare con gli italiani sordi, anche se Asl e Lis non sono la stessa cosa. Ogni Paese ha la sua lingua dei segni. Io e mio marito comunichiamo quotidianamente in quattro lingue diverse: Lis, Asl, italiano e inglese.

Le comunità dei sordi negli Stati Uniti e in Italia non sono troppo diverse l’una dall’altra. Usiamo la lingua dei segni del nostro Paese, condividiamo valori culturali simili e sperimentiamo lotte e discriminazioni analoghe. Insomma, condividiamo tutti il sogno di godere del diritto di perseguire opportunità senza limitazioni per raggiungere il nostro massimo potenziale e per una società più equa, giusta e inclusiva.

Questo articolo è tratto dal numero di ottobre di SuperAbile INAIL, il mensile dell’Inail sui temi della disabilità

 

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