L’artista salvato dal sole, diventato cieco è tornato a dipingere

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Per un pittore, che vive tra immagine e forma, colore e luce, forse non esiste peggior dramma che diventare cieco.

È accaduto a Giancarlo Cerri, milanese, classe 1938, artista e grafico pubblicitario fin dagli anni 50: logica perfetta, spirito pronto, fisico saldo, ma gli occhi non riescono più a guardare. «Era il 24 giugno del 2004 — ricorda con esattezza —. All’improvviso ho perso la vista dall’occhio destro per una maculopatia. I medici mi hanno avvisato che si sarebbe spento anche l’altro occhio, così ho potuto curarmi in anticipo: almeno con il sinistro riesco ancora a distinguere oggetti e persone». Cerri è un uomo autonomo, pieno di vita, propositivo. «Ma allora sono andato in crisi, è stato un vero colpo. Fino al 2006 ho cercato di dipingere ancora, poi ho smesso del tutto». Un pittore autentico non riesce mai a staccarsi dalla sua passione: Giancarlo continuava ad andare in studio tutti i giorni. «Però mi veniva una gran tristezza. Ho cercato più volte di escogitare sistemi per tornare a dipingere, ma volevo una pittura di qualità, non pasticci». Tentativo dopo tentativo, arriva l’estate del 2016. «Mi son reso conto che l’intensità della luce estiva mi permetteva di percepire un po’ i colori. Solo quelli saturi, primari, soprattutto giallo, rosso, nero, bianco».

Si accende una speranza. «Ho capito che avrei dovuto cambiare stile, affidarmi ad una pittura meno istintiva e più ragionata, fatta di colore e composizione. Per poter tornare a lavorare dovevo ricorrere alla memoria, alla padronanza del mestiere». Pian piano Cerri mette a punto un metodo. «Prima costruisco il dipinto nella mia testa. Poi, secondo lo schema che ho immaginato, attacco sulla tela col nastro adesivo dei cartoncini rettangolari di misure diverse, che ho tagliato e numerato per riconoscerli. Ne traccio il profilo col pennarello nero, stacco il cartoncino e riempio di colore la campitura con un pennello largo. Per non lasciare sbavature proteggo i contorni con l’adesivo e procedo così». Il risultato? Sorprendente. Tra 2017 e 2018 Giancarlo ha dipinto più di 40 quadri: composizioni astratte di grande impatto visivo e rigore formale, tinte pure a contrasto suddivise da contrappunti neri o bianchi. Un geometrismo che non aveva mai praticato prima: partito da una fase giovanile figurativa e novecentista, tra paesaggi e ritratti, dalla metà degli anni 70 era passato ad un naturalismo informale e materico, per approdare infine a potenti composizioni astratte. Naturalmente oggi per Giancarlo l’atto creativo non spontaneo come prima: con l’aiuto del figlio Giovanni, anche lui pittore, tutto viene preparato in anticipo, ogni cosa al suo posto con ordine.

Usa l’acrilico al posto dell’olio perché asciuga più rapidamente e ogni barattolo di colore porta un’etichetta scritta in grande, che lo identifica in modo preciso. «È necessario, perché distinguo ancora le tinte primarie ma non distinguo più le diverse tonalità. Quelle sono solo nella mia mente». Ma la soddisfazione di avercela fatta non finisce qui. Perché i nuovi lavori dell’artista stanno per andare in mostra: inaugura martedì 19, al Centro Culturale di Milano, la rassegna «Giancarlo Cerri. I quadri dell’orbo», ideata e curata da Stefano De Angelis in collaborazione con Cbm Italia Onlus e il suo direttore Massimo Maggio. Cbm è un’associazione umanitaria, nata a livello internazionale nel 1908, impegnata nella battaglia contro cecità e sordità. Le 21 opere in esposizione hanno tutte lo stesso titolo, «Sequenza plurima», e saranno in vendita alla cifra simbolica di mille euro: il ricavato sosterrà le attività della onlus per la prevenzione della retinopatia neonatale e infantile. «Bisogna avere conservato il senso del colore e dell’armonia compositiva, acquisiti grazie all’esperienza» conclude con semplicità Cerri. Bisogna anche avere una cultura pittorica profonda. E poi essere coraggiosi, pazienti, tenaci. Tanto di cappello, Giancarlo.

https://milano.corriere.it

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di MP Iscriviti gratuitamente ⤹