Javier Frana, l’uomo che ha saputo battere la sordità

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Dalle sue parti la chiamano “historia de superacion”. Difficile trovare una traduzione efficace. In sintesi, potremmo dire che Javier Frana ha affrontato e superato mille avversità. Una vita difficile, che soltanto oggi ha trovato il coraggio di raccontare.

Sono passati ventidue anni da quando l’ex numero 30 ATP è stato costretto a ritirarsi, contro la sua volontà, per la condizione di sordità all’orecchio sinistro, sopraggiunta dopo lo stress affrontato per le gravi condizioni di salute dal figlio.

Oggi è apprezzato commentatore per la versione latinoamericana di ESPN, ma non si è totalmente messo alle spalle certi momenti. Quando li ripercorre, sembra che viva la stessa disperazione di allora. Il dramma personale di Frana nasce a Wimbledon, nel 1997.

Dopo aver battuto Martin Damm, avrebbe dovuto affrontare Cedric Pioline al secondo turno. È stato costretto a dare forfait per un’improvvisa perdita di udito. “Quello che ho avuto si chiama ‘perdita spontanea di udito’

Inizialmente avevo soltanto l’orecchio tappato, continuavo a giocare, ma la situazione è gradualmente peggiorata. Avevo un ronzio che cresceva continuamente. Pensavo fosse dovuto al tempo, all’umidità, al cerume..”.

. Invece, dopo una serie di studi effettuati in Argentina e in Canada, si è scoperto che aveva una lesione alla parte interna dell’orecchio. Di solito, un problema di questo genere scaturisce da una forte esplosione.

Nel caso di Javier Frana, invece, la diagnosi era un’altra: stress. Profondo ed enorme stress. La sordità si è presentata in un periodo in cui aveva ritrovato un buon livello di gioco dopo il dramma familiare vissuto nel 1996.

Lucas Frana, suo primo figlio, è venuto al mondo in una cattiva posizione intrauterina e per questo è nato con il piede torto congenito. Si tratta di una particolare situazione in cui i piedi sono completamente ruotati, con le piante dei piedi rivolte l’una verso l’altra.

“Ci hanno prospettato diverse possibilità di trattamento, opposte tra loro e angoscianti – dice Frana – non sapevamo cosa fare. Un medico mi disse che avrei dovuto essere contento se mio figlio fosse stato in grado di camminare”.

Nell’aprile 1997, Frana dovette abbandonare in fretta e furia il torneo ATP di Atlanta perché decisero di operare Lucas e, nel processo di recupero, avrebbero dovuto cambiare il gesso ogni cinque giorni. “Il compito spettava a me ed era molto angosciante.

Lo è stato tutto il periodo. Quando gli hanno tolto i punti, nello spogliatoio del Roland Garros, ho visto che i piedi di Lucas erano nella posizione corretta e lì mi sono reso conto che il problema iniziava a risolversi”.

Con il cuore gonfio di sollievo, si è recato a giocare al Queen’s (dove peraltro avrebbe affrontato Pete Sampras) e poi Wimbledon. Aveva discrete aspettative, visto che proprio sull’erba aveva vinto uno dei suoi tre titoli ATP (Nottingham 1995), e il suo tennis ben si adattava ai campi veloci.

Ma a Londra la sua carriera si è interrotta bruscamente. “Dopo aver fatto tutte le valutazioni, i medici mi hanno chiesto di poter studiare il mio caso, perché ce ne sono pochissimi in tutto il mondo. Secondo loro è stato un problema di stress, che avrebbe potuto sfociare in un infarto o un ictus, invece si è ‘sfogato’ sull’orecchio sinistro.

In sintesi, devi essere molto attento quando affronti e superi una questione molto importante, perché sei inevitabilmente vittima di un picco di stress”. Quel ronzio all’orecchio, inizialmente sottovalutato, lo ha portato a perdere il 97% dell’udito.

“Non è che non sentissi nulla, ma era come se avessi costantemente il suono di un altoparlante. Avevo perso i filtri acustici e per me era tutto rumore. La gente mi parlava e non capivo, vedevo soltanto muoversi la bocca.

Ho ancora i brividi”. La lesione alla parte interna dell’orecchio non poteva essere operata, tuttavia Frana non si è dato per vinto e ha ripreso ad allenarsi. Ma il suo corpo si è ribellato, sotto forma di un paio di episodi di labirintite.

“Mi hanno dovuto ricoverare d’urgenza e il medico mi ha detto di fermarmi immediatamente ed evitare i cambiamenti climatici, lo sforzo, gli aerei, lo stress e tutto quello che il tennis richiede”. Le parole del dottor Santiago Arauz sono state una sentenza: il 1 agosto 1997, presso il Buenos Aires Lawn Tennis Club (laddove, tre anni prima, aveva giocato una lottatissima finale contro Alex Corretja), ha annunciato il suo ritiro.

Il “secondo tempo” della sua vita è iniziato dieci mesi dopo ed è stato sorprendente: ha iniziato a fare il commentatore per ESPN e si è fatto apprezzare fino a diventare una delle voci più note in lingua spagnola.

La carriera va avanti da 21 anni e prosegue a gonfie vele. “In realtà il ritiro dal tennis giocato non è stato doloroso, perché finalmente ho potuto intraprendere una vita normale e dedicarmi ad altre cose”.

In quel periodo non usciva di casa, evitava contatti col mondo esterno e “parlante”. Tuttavia, le cure hanno funzionato e l’udito è lentamente tornato. “In realtà ho ancora un piccolo ronzio, è la sensazione che hai quando torni a casa dopo la discoteca.

Ormai non ci faccio più caso: sono come uno che non vede bene, ma si è abituato a una visione un po’ offuscata”. In undici anni di carriera, Frana è stato un giocatore molto importante. Erano anni difficili per il tennis argentino, di transizione tra l’epoca dei Mancini e dei Perez Roldan e l’avvento della “Legiòn” nei primi anni 2000.

Non ha avuto la popolarità che meritava, anche perché è stato contemporaneo di una certa Gabriela Sabatini, capace di monopolizzare l’attenzione dei connazionali. Frana si è aggiudicato sette titoli in doppio, specialità in cui ha raggiunto la finale a Wimbledon insieme al messicano Leonardo Lavalle.

Inoltre ha vinto il doppio misto al Roland Garros (1996, con Patricia Tarabini) e vanta una medaglia olimpica, il bronzo conquistato a Barcellona 1992 insieme a Christian Miniussi (vedi foto in alto). Persero in semifinale contro Boris Becker e Michael Stich.

Oggi Javier Frana può guardare con serenità al suo passato e con ottimismo a un futuro, grazie a un presente che gli ha fornito un indennizzo per le sofferenze passate. Il termine “resilienza” nasce dall’ingegneria e descrive la capacità dei materiali di ritrovare la loro forma dopo essere stati sottoposti a una forte pressione.

Da qualche anno, il concetto viene utilizzato anche per descrivere la capacità umana di affrontare le avversità, superarle e persino trasformarle. Questo capitolo, poco noto, della vita di Javier Frana è un bell’esempio di costruzione della resilienza. Una storia che meritava di essere raccontata.

Ancora meglio se nella mattina di Natale.

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