Dalla socialità al sociale: storia di due locali che funzionano (e fanno del bene)

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Uno degli scatti dell'interno del ristorante Numero Zero

Il Presidente della Repubblica ha insignito con la Medaglia al Merito il Ristorante Numero Zero e il Senza Nome Cafè, entrambi con missioni importanti nel nome dell’integrazione. Seguici anche su Facebook 

di Lara de Luna

Trentasei cittadini. Donne e uomini di tutta Italia, che vivono lontani tra loro, uniti da una sola cosa. Il 29 dicembre 2020 sono stati insigniti dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella della Medaglia al merito. Il motivo: si sono tutti distinti nell’aiuto verso il prossimo, dalla solidarietà alla promozione della legalità, passando per cooperazione internazionale, finendo alle attività in favore della coesione sociale e dell’integrazione. Come il ristorante Numero Zero di Perugia e il Senza Nome Cafè di Bologna. Entrambi impegnati ogni giorno nel creare ponti tra le persone: il primo impiega personale affetto da problemi psichiatrici, il secondo sostiene la comunità dei non udenti e crea quotidianamente contatti tra sordi e udenti tra le quattro pareti del bar. Due storie forti, di profonda umanità.

Dalla socialità al social: storia di due locali che funzionano (e fanno del bene)

Le porte di Numero Zero hanno aperto negli ultimi mesi del 2019, ma la loro storia parte più di un anno prima. “I soggetti fondamentali, iscindibili tra loro, sono la fondazione La Fondazione Città del Sole Onlus e l’Associazione Realmente APS. Nel 2018 la Fondazione ha dovuto intraprendere un’attività di centro diurno psichiatrico e con grande fortuna – racconta Marco Casodi, vicepresidente della RealMente e Direttore Generale della Fondazione La Città del Sole – abbiamo trovato uno spazio libero in questo palazzo storico nel centro di Perugia”. Un luogo fondamentale per Casodi e i suoi, perché il loro lavoro volevano che non fosse nascosti ai margini cittadini, ma nel cuore del capoluogo umbro. “Stavamo pensando a come far vivere questo luogo anche di altra vita, ci sembrava riduttivo lasciarlo chiuso tutte le sere nei festivi. Abbiamo studiato altre esperienze. Uno di noi è andato a Torino a studiare il Caffè Basaglia, un altro a Trieste al Posto delle Fragole, tutte esperienze molto interessanti”. Ma mancava chi avesse le competenze per gestire un locale con accoglienza al pubblico e così, come per un aiuto del destino, è arrivato l’incontro con Vittoria Ferdinandi, direttrice del Numero Zero e titolare della Medaglia assegnata al gruppo dalla Presidenza della Repubblica.

“Avevamo già lavorato insieme – continua Castoldi – e così è nato il ristorante. Ha una componente mista, la brigata è composta da 6 professionisti e da 8 pazienti psichiatrici con varie mansioni: un magazziniere, tre impiegati in cucina, e gli altri in sala e al bar. Lo abbiamo pensato perchè fosse un luogo piacevole, di quelli in cui si ama andare a mangiare. Abbiamo impostato la nostra offerta a metà tra il fine dining e la tradizione regionale; uno dei punti di forza è il camino che campeggia nella sala, sotto le volte, dove cuociamo la carte alla brace”. La reazione alla notizia dell’onoreficenza? “E’ stato molto emozionante, un vero fulmine a ciel sereno, ci hanno avvisati il pomeriggio prima dell’uscita della notizia, all’ultimo momento. I ragazzi sono stati molto contenti, non tutti hanno capito bene fino in fondo cosa significava, ma tutti hanno ben chiaro che è molto importante”. Il futuro? “Adesso siamo impegnati anche a cercare di far fruttare questo dono che ci è arrivato dal cielo. Cerchiamo di ripartire senza avere debiti alle spalle, abbiamo aperto a fine 2019 e il Covid ci ha messi in grande difficoltà. Per poterci sostenere abbiamo una campagna di crowfounding a cui teniamo moltissimo e abbiamo cominciato a incontrare le istituzioni”. 

A non moltissimi chilometri di distanza, a Bologna, insiste un luogo che mette a stretto contatto e insegna a convivere le persone udenti da coloro che invece i suoni non riescono a udirli. Sara Longhi e Alfonso Marrazzo, 38 e 36 anni sono i gestori di questo luogo speciale, un arcobaleno in un mondo sempre più esacerbato contro tutto ciò che non è apparentemente perfetto. “Per il loro esemplare contributo – recitare la motivazione dell’onoreficenza – alla conoscenza delle diversità e alla promozione di una cultura di reale inclusione e dialogo”, la conclusione-non conclusione onorata di un percorso lungo, che affonda le sue radici nel lontano 2012. Anche in questo caso il destino, come in tutte le questioni che contano, ci ha messo lo zampino. Il luogo che Sara e Alfonso cercavano doveva essere destinato alla produzione di momenti ed eventi artistici che coinvolgesse la loro comunità, per creare occasioni di aggregazione e promuovere l’utilizzo della Lis. Il locale che hanno trovato ha fatto però scoccare la scintilla ed è diventato un bar, il Senza Nome Cafè. Che non ha soppiantato i progetti precedenti, ma li ha semplicemente ampliati. Perché apertura è il vero nome in codice di questo locale, l’essenza del loro lavoro: accogliere chiunque. E perché non ci siano barriere, le ordinazioni non viaggiano né nella lingua italiana parlata né nella lingua italiana dei segni, bensì su dei fogliettini dove viene scritta sia la parola del prodotto che il suo segno corrispondente, il biglietto può essere consegnato al bancone o si ordina segnando. Sullo stesso bancone c’è anche un foglio con l’alfabeto gestuale per chi volesse allenarsi con i segni. Non un luogo quindi dove c’è un pensiero dominante a cui la minoranza deve adeguarsi, ma nemmeno il contrario, semplicemente un luogo in cui le parole, in qualsiasi forma esse siano poste, sono un’occasione di incontro e di pace.

Esattamente quello che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha voluto premiare e lasciare, forse come memento in un anno così difficile, ai posteri.

 

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