Lorenza Ghinelli: “Io, sorda a destra, dico no agli apparecchi”

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“Ringrazio chi mi ama in tutta la mia bizzarria e mi sostiene, sempre. Mamma mia quanto è bella la vita”.

Lorenza Ghinelli (foto di Alessandro Rabboni)

Sono le ultime parole di un lungo post che Lorenza Ghinelli, cesenate, scrittrice (anche per ragazzi, qui la sua intervista sul libro “Almeno il cane è un tipo a posto”), ha pubblicato giorni fa, sul proprio profilo Facebook, in merito alla propria sordità profonda dall’orecchio destro o, meglio, in merito alla settimana passata a sperimentare due apparecchi acustici che le avrebbero dovuto dare “l’illusione” di sentire nello stesso modo da entrambe le parti.

Lorenza, era la prima volta che usava gli apparecchi per sentire a destra?
“Sì. A destra sono sorda profonda, il che significa che qualsiasi apparecchio acustico nel mio caso non funziona in quanto non c’è nulla da amplificare, nessun residuo di udito. Quindi come ho fatto a sperimentare l’udito a destra? Grazie ai miei otorini sono entrata per la prima volta in un centro audioprotesico di Cesena che ho trovato estremamente professionale. Lì ho potuto sperimentare gratuitamente il sistema CROS della Phonak. Non sono un medico, passatemi la spiegazione rudimentale: in casi come il mio vanno utilizzati due apparecchi. Come funzionano? Quello di sinistra (nell’orecchio udente) svolge la vera e propria funzione di apparecchio acustico e inoltre riceve, attraverso un sistema che potremmo definire wireless, i suoni captati dall’apparecchio di destra che poi li invia a sinistra. Continuo a sentire da un unico orecchio, ma l’illusione è di udire a destra grazie a un sistema incrociato in grado di eliminare la zona d’ombra con cui convivo da sempre per via dell’anacusia totale. È stata un’esperienza molto interessante. Al termine della prova ho deciso di non acquistarli, almeno per ora. Alla base della mia scelta c’è che a sinistra ho quasi un udito bionico che mi ha permesso di compensare la sordità profonda a destra. L’essere nata così mi ha permesso di sviluppare strategie personali di adattamento che mi sono care e che mi rendono la persona che sono. Se domani l’udito a sinistra dovesse calare è bello sapere che esiste una tecnologia a cui potrò, se vorrò, fare riferimento”.

Che cosa è per lei la normalità? Ha capito nuove cose di questo concetto, dopo l’esperienza degli apparecchi?
“Normalità è una parola usata spesso a sproposito, in realtà in molti casi è di ‘normalizzazione’ che la gente parla, ma senza rendersene conto. Si cerca di ‘normalizzare’ ciò che ci mette a disagio perché non sappiamo come rapportarci nei confronti di situazioni e comportamenti che mettono in discussione la nostra zona confort. Ci sono dei parametri che dovremmo analizzare quando ci rapportiamo con la diversità, provo a farti degli esempi: il soggetto è autonomo e indipendente o le sue particolarità lo ostacolano? Soprattutto dovremmo chiederci: sono le sue particolarità a ostacolarlo o sono l’incapacità e l’ignoranza della maggioranza a rendere difficile la sua situazione? Nei processi di normalizzazione spesso perdiamo molta bellezza. Attenzione, io sono favorevolissima agli sviluppi della scienza e della tecnologia, dico solo che dobbiamo mantenere la capacità di vedere gli altri nelle loro complessità, ridurli a una patologia, o semplicemente a un’etichetta, equivale a una sconfitta collettiva”.

Ha scritto che nella sua zona d’ombra nascono cose bellissime: anche le storie che scrive?
“Anche. Nella mia zona d’ombra si acquattano le mie fragilità, le mie paure, che altro non sono che risorse non in luce. Accettare questa parte di me significa illuminare a giorno i miei tesori più nascosti”.

Qual è stato e qual è oggi il suo rapporto con la sordità?
“La famiglia, gli amici, il mondo, mi hanno sempre trattata come udente, Quando dico di essere sorda al 100% nell’orecchio destro le persone restano di stucco. Questo ha fatto sì che io ignorassi per anni una parte di me molto importante. Eppure sedere a una tavolata mi ha sempre sbattuto in faccia la realtà delle cose: in mezzo al caos chiunque sia seduto alla mia destra viene escluso dalla mia attenzione, non capisco se camminando in strada il rumore che sento è di un mezzo che proviene in lontananza da sinistra o molto vicino da destra. Ho sempre cura di posizionarmi nello spazio in un modo che per me sia funzionale, ho avuto ed ho a che fare con problemi posturali. Tutto negativo? Affatto. Questo deficit mi ha reso negli anni più presente a me stessa, ho antenne che vibrano e la cosa mi piace. Tutto positivo?Affatto. Come per chiunque. Ognuno ha le sue zone d’ombra con cui fare i conti. Ogni volta che accennavo al fatto che mi sarebbe piaciuto studiare la LIS (lingua italiana dei segni), mi sono trovata tutti contro con frasi di questo tipo: ‘Ma di cosa ti preoccupi? Non ne hai bisogno!’. Be’, per fortuna ho fatto come sempre di testa mia e ho completato il terzo livello di LIS, il che mi ha permesso di capire che tutti avremmo bisogno di conoscerla”.

Come viene vista, dai medici, la sordità?
“Quello che spesso anche i medici ignorano è che la sordità è parte integrante dell’identità di un individuo. Faccio un esempio: una persona sorda decide di sottoporsi a un intervento chirurgico per l’impianto cocleare, bene, quella persona dopo un lungo e spesso difficile percorso di logopedia potrà sentire e muoversi nel mondo da persona udente. Quello che la gente e anche i medici dovrebbero capire è che quella persona resterà comunque sorda. Quanto le batterie si scaricheranno, quando dovrà farsi la doccia, quando suderà tanto da doverselo togliere, sarà sempre e comunque sorda. E la gente cosa fa in questi casi? Smette di comunicare con lei, la esclude dai discorsi, aspetta che si riconnetta al mondo. Quando invece potremo tutti essere connessi alla realtà degli altri accettandola e conoscendola. Inventeranno presto impianti che potranno essere tenuti sempre, ma la sostanza di quel che dico non cambia. Chi nasce sordo sa di essere sordo e deve potere scegliere come vivere. Esistono correnti di pensiero che considero riduttive e rischiose: quelle dei medici contrari alla LIS e quella di molti sordi contrari agli impianti. Credo (e mai come in questi giorni l’utilizzo di queste parole è importante) nell’importanza di costruire ponti che connettano differenze e mondi. Gli atteggiamenti divisivi non pagano, escludono sempre qualcuno e a risentirne è l’intera società. Questo è il motivo per cui so di essere udente, ma so di essere anche sorda e so per certo che nulla del mio stato è sbagliato o fuori posto.

Questa sono io, e sono anche altro. Quest’anno mi sono iscritta al corso interpreti di lingua dei segni italiana, a Bologna, perché ho deciso che questa lingua meravigliosa voglio conoscerla come conosco la mia lingua madre. Qualunque cosa accada quello che auguro a me e a tutti è di avere gli strumenti per essere sempre connessi agli altri. E se per farlo dobbiamo sforzarci un po’ di più, be’, sforziamoci”.

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