Il sistema di vita, la comunità civile, la gente, le Istituzioni che emanano Decreti che non possono più condizionare la vita dalla anormale situazione della Corona Virus non danno ancora la piena disponibilità a porre attenzione verso chi vive in difficoltà e sofferenza.

Nelle difficili situazioni in ambito sociale degli adolescenti e dei giovani in genere, occorre concepire l’educazione come la ricerca dello sviluppo integrale ed armonioso della persona, della maturazione, della coscienza morale per discernere il bene ed agire, specie ora che si tenta di spostare i confini dell’umano.

Questo è stato in succinto il monito lanciato dal Papa nel Simposio Europeo su “Le sfide dell’educazione” svoltosi a Roma, perché le difficoltà dei giovani nella loro vita personale siano superate dalla maturazione della coscienza morale e non dal possesso dell’avere”.

Le parole del S.Padre vanno verso la dinamica spirituale dei giovani in crescita sollecitando genitori,insegnanti,educatori a “mobilitarsi e lavorare insieme per i giovani”,riflessioni guidate da una crescita di sensibilità e di solidarietà verso i problemi sociali con una visione pienamente umana della cruda realtà quotidiana,quale impegno di vicinanza sociale verso tutti specie delle categorie più deboli e bisognose.

Ma ognuno aspira a star meglio,disattendendo quella conclamata solidarietà verso quelle “persone”,(deboli e bisognose) che hanno gli stessi diritti: e che vogliono concorrere,con le loro residue forze,al bene della società.

Al di là delle barriere architettoniche,ben più dure a cadere sono le barriere intellettive che offendono tutti,abili e disabili,ritorcendosi contro chi le continua a porre in atto, mentre la comunità civile può trovare su questo terreno argomenti di interesse comune ,specie laddove le famiglie provate dalla disabilità in qualche suo componente fatica a stare al passo,a interloquire con un mondo che sembra sfuggire non solo al confronto,ma anche lo sguardo per timore di perdere.

Lo Stato esperto di umanità e socialità “non ascolta,non sente,non vede”,negando quindi la necessità dell’incontro e del dialogo col mondo della sofferenza.

I disabili fisici, specie quelli mentali, lottano da anni per ottenere legali diritti sanciti dalla Costituzione, ma soprattutto per far conoscere il loro status sociale che quotidianamente incontrano e che rende la loro esistenza,oltre quella dei loro familiari, molto difficile.

In questi frangenti restano dimenticati quanti drammaticamente “vivono” ora per ora, minuto per minuto con i“malati”, mentre familiari, persone e società, non rassegnati, hanno continuato a coltivare la speranza che in quel 2004 Anno Internazionale dedicato dall’ONU alla Famiglia e all’unisono con i dettami della Costituzione Europea, si ponesse più attenzione al mondo della disabilità, sofferenza, dolore .

Ma così non è stato !.

“Est modus in rebus” (c’è una misura nelle cose) questo famoso detto di Orazio esprime l’ideale classico del giusto mezzo, perché i giovani e gli adolescenti possano ottenere esempi ed insegnamenti di vita dai “grandi”, dato che per il momento quel “giusto equilibrio“ resta alquanto precario”

E con le sagge parole del Santo Giovanni Paolo II° “ Andiamo avanti con speranza !”
Previte.
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