Meloni: «La manovra? Sì solo alle cose che si possono fare». E poi «stop, stop, stop» al reddito di cittadinanza

La proroga di soli sei mesi per chi potrebbe lavorare

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di Monica Guerzoni

«Stop, stop, stop». Al tavolone rotondo della Sala Verde la presidente Giorgia Meloni lo ripete più volte, blindando la «linea dura» con gesti eloquenti delle mani. Stop al reddito di cittadinanza. Sei mesi di proroga e poi basta sussidio a chi è in grado di lavorare, «dobbiamo dare un segnale di forte discontinuità e l’abolizione del reddito, oltre che una questione etica, è uno dei punti di forza del nostro programma elettorale».

È buio, la premier è rientrata dal G20 di Bali con una gran voglia di correre sui dossier ed è reduce da una giornata infernale. Una riunione via l’altra. L’autonomia differenziata. I migranti. La manovra economica, da approvare a tempo di record. Alle sette di sera Meloni si chiude nella Sala Verde con i capigruppo, i vicepremier Salvini e Tajani e il sottosegretario Mantovano e vuole trasmettere la determinazione a varare nei tempi previsti una legge di bilancio che lasci il segno, nonostante i pochi soldi in cassa: «Dobbiamo dimostrare con una manovra seria e credibile di essere un governo che tiene i piedi per terra, per allontanare l’idea che tanti hanno di noi. Non rinunciamo alle nostre battaglie, ma non siamo quelli che sfasciano i conti. Si faranno solo le cose che si possono fare». E purtroppo, ammette Meloni in vista del Consiglio dei ministri di lunedì, «alcune scelte avranno dei costi politici».

Il messaggio è chiaro e il destinatario dell’avviso non è solo Matteo Salvini, che dovrà rimangiarsi tanti proclami su fisco e pensioni perché il caro energia si prende il grosso delle risorse e per Meloni le bollette sono priorità assoluta. Forza Italia porta a casa la detassazione per l’assunzione dei giovani e proverà a intestarsi l’azzeramento dell’Iva su pane, pasta e latte, ma le pensioni minime a mille euro invocate da Silvio Berlusconi in campagna elettorale restano un miraggio. Lo certifica Giancarlo Giorgetti, introducendo il vertice con una formula che silenzia le ambizioni dei partiti: «Le misure economiche che proponete devono coprirsi da sole, le uscite e le entrate devono essere dello stesso ambito».

La parola chiave è prudenza e la scandisce più volte anche la premier. Il suo principale obiettivo è «tutelare i redditi bassi, gli italiani più fragili e vulnerabili, i giovani e gli anziani». Ma sul reddito è linea dura. Si discute sulla proroga per i percettori che possono lavorare. Qualcuno propone otto mesi, ma lei insiste: «Ne bastano sei e poi chi ha tra i 18 e i 59 anni deve trovarsi un lavoro e se rifiuta una proposta, niente proroga». Coincidenza vuole che a Palazzo Chigi siano in corso lavori programmati da mesi che includono la ristrutturazione del celebre balcone da cui Luigi Di Maio gridò di aver «sconfitto la povertà». Grazie al reddito di cittadinanza, appunto. Sono passati quattro anni e Meloni ammaina, sia pure gradualmente, la bandiera del M5S. «Il reddito va cancellato perché non ha funzionato», gridava la leader di FdI in campagna elettorale, ma ora è tempo di governare il Paese e la premier si impegna a «proteggere chi non può lavorare».

Tutti d’accordo, da Tajani a Salvini, passando per Licia Ronzulli. «Mai visto un governo così unito», sorride all’uscita Maurizio Lupi. L’attenzione della premier agli equilibri interni è evidente, prova ne sia l’apertura del tavolo sull’autonomia guidato dal ministro leghista Calderoli per compensare la prudenza sui vessilli economici sbandierati in campagna elettorale.

Eppure la cautela sui conti produce qualche frizione sottotraccia. È successo da ultimo sulla decisione di alzare a 5 mila euro il tetto al contante, che è uscita dal decreto Aiuti quater perché il Quirinale non ha ravvisato i requisiti di urgenza. E poiché è stata la Lega giovedì a segnalare che «la norma sarà inserita nella legge di Bilancio», tra i meloniani c’è chi sospetta che Salvini abbia voluto «mettere un cuneo» tra Palazzo Chigi e il Colle, nonostante la decisione fosse stata concordata senza traumi. Raccontano che al Quirinale siano state registrate con sorpresa alcune interpretazioni che sembrano contrapporre il presidente Mattarella alla presidente del Consiglio, come se il capo dello Stato volesse fare il controcanto a Meloni. Non è così, i rapporti sono buoni e non si registrano attriti.

 

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