La ministra Stefani: «Per l’autismo occorre potenziare i servizi»

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Boom di richieste di aiuto da parte delle famiglie durante la chiusura. Non possiamo permetterci di lasciare solo chi si occupa da sempre di figli disabili

Palazzi delle istituzioni e monumenti illuminati da fasci di luce blu, per richiamare l’attenzione sui diritti delle persone con disturbi dello spettro autistico e su quelli delle loro famiglie.

L’occasione è la Giornata mondiale di consapevolezza sull’autismo, che l’Assemblea Generale dell’Onu ha istituito nel 2007 e che si celebra oggi in tutto il mondo. Secondo i dati del ministero della Salute, in Italia un bambino su 77 (età tra i 7 e i 9 anni) presenta un disturbo dello spettro autistico con una prevalenza maggiore nei maschi, colpiti 4,4 volte in più rispetto alle femmine.

E in occasione della Giornata, la Fondazione Sacra Famiglia lancia l’allarme lockdown: durante le chiusure forzate a causa della pandemia, sono raddoppiate le richieste si aiuto da parte delle famiglie. «Il lockdown e la chiusura forzata – si legge in una nota – hanno modificato le routine e causato la perdita di punti di riferimento importanti portando al consolidamento di nuove consuetudini disadattive. Un supporto adeguato consente ai bambini più piccoli di non regredire nei comportamenti e nelle abilità precedentemente acquisite ed è fondamentale nella fascia tra i 10 e 15 anni, al fine prevenire il ricorso a comportamenti disadattivi, anche aggressivi, in risposta al cambiamento delle abitudini e alla mancanza di relazioni sociali».

 


«La prima vittoria? Aver ottenuto un fondo da 100 milioni per l’inclusione
Bene l’assegno unico, con l’aumento fra il 30 e il 50%

se in famiglia c’è un figlio con disabilità»


 

​«L’autismo è una forma di disabilità su cui mantenere un’attenzione particolare, che richiede la massima solidarietà e il massimo impegno da parte del sistema socio-assistenziale, per non lasciare sole le famiglie». Il ministro delle Disabilità, Erika Stefani, in occasione della Giornata mondiale per la consapevolezza sull’autismo, ne fa una ragione di impegno per il ministero che ha accettato di guidare. Motivo di speranza, da non deludere, per tutto il mondo della disabilità, per le famiglie, come per il volontariato e Terzo settore.

Ministro degli Affari Regionali nel Conte I, cresciuta nell’impegno politico in una lista civica (poi confluita nella Lega) eletta nel consiglio comunale di Trissino, nel Vicentino, Stefani ha preso a cuore questo muovo incarico con l’entusiasmo il pragmatismo tipico di chi viene dalla scuola degli enti locali: «È necessario operare in unità – dice – per togliere tutti insieme il Paese da questo brutto momento».

Come è stato l’impatto con quest’incarico, che ha creato dibattito, ma anche tante aspettative?
Va chiarito che il mio ministero non è un dicastero a parte, ma un ufficio della presidenza del Consiglio con competenze trasversali, che si occupa del coordinamento delle politiche per la disabilità. Tuttavia una prima grande vittoria è stato l’aver ottenuto un fondo da 100 milioni per progetti d’inclusione, fra cui anche uno specifico sull’autismo. L’obiettivo è dar vita a una strategia di inclusione, perché non si creino barriere, né fisiche, ne virtuali. La nostra società deve essere aperta a tutti, e tutte le diverse disabilità – auditive, cognitive, sensoriali o fisiche – debbono essere tenute presenti e sostenute, con norme specifiche, o con specifiche previsioni all’interno delle norme ordinarie.

È un caso che questo ministero sia stato istituito in piena pandemia?
È stato un anno di grande sofferenza per tutti, ma certo le persone con disabilità sono quelle che hanno sofferto di più. Si è creato un ulteriore problema per le famiglie: le limitazioni nella circolazione, nella socializzazione a volte hanno fatto registrare dei regressi rispetto ai risultati conseguiti. D’altro canto questa epidemia forse ha contribuito anche a portare alla luce che non c’è solo lo “spritz” da prendere con gli amici o le ferie da programmare, ma anche gente che soffre, che magari non può permettersi queste cose. E ciò ha evidenziato delle crepe che c’erano nelle istituzioni. È cresciuto molto l’interesse sul mondo delle fragilità e delle disabilità. C’è stata, forse, più umanità. Ma il mio non è un ministero legato alla pandemia, speriamo un domani – come si dice per le quote rosa – che non ve ne sia più bisogno, vorrà dire che questa consapevolezza avrà portato a un mondo in cui siamo “fratelli tutti”, per dirla con il Papa.

Questa giornata per l’autismo, in particolare, che riflessioni deve indurci a fare?
Va potenziato tutto il sistema. Dall’aspetto medico, con la diagnosi precoce, a quello socio-assistenziale, con l’intervento dei caregiver e, proiettato nel futuro, del “dopo di noi”, per non lasciare sole le famiglie, spesso assalite dallo sconforto, dando loro la sicurezza di una rete che viene loro in aiuto.

Che risultati può dire di aver ottenuto, e quali sono in itinere, per il suo ministero?
Importante è la priorità assegnata ai disabili nel piano vaccinale, come la possibilità concessa ai familiari di accompagnare i congiunti non autosufficienti nei reparti. Ci sono poi piccole-grandi previsioni che stanno andando avanti, le mascherine trasparenti, per la lettura del labiale, a beneficio dei non udenti, i permessi di libera circolazione in zona rossa. Poi ci sono i grandi progetti. Il codice della disabilità, per snellire la complessa normativa in materia, e il “progetto di vita individuale” per fare in modo che ogni singola esigenza sia messa al centro del sistema socio-assistenziale. Come un vestito da confezionare su misura, valorizzando chi ha una capacità di lavoro residuale, o una potenzialità di pieno inserimento occupazionale.

Anche l’assegno unico per i figli interagisce con il tema delle disabilità. Che cosa prevederete?
Nella legge delega è già previsto che la presenza di un figlio con disabilità nel nucleo familiare incida nella modulazione dell’assegno con una maggiorazione fra il 30 e il 50%, a seconda dei casi. Vi è poi la previsione in base alla quale il figlio con disabilità sia computato a carico anche oltre i 21 anni posti come limite di età massimo. Devo dire che su questo, come sugli altri temi, non ho faticato a far valere le ragioni dei più fragili, ho trovato in tutti i colleghi grande consapevolezza.

Ma su temi divisivi si avverte già più di uno scricchiolio.
La nostra è una maggioranza “colorita” legata a una situazione emergenziale. È necessaria unità. Io mi trovo bene, ho un ottimo raccordo con i colleghi, al di là di una dialettica fisiologica, che sarebbe grave, semmai, se non ci fosse.

 

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