Si filmò mentre abusava del figliastro sordomuto: condannato a cinque anni

Emesso il verdetto nei riguardi di un 49enne di Monteroni accusato di aver molestato il figlio della moglie in più occasioni. In una circostanza, riprese gli abusi e li inviò ad altri utenti

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MONTERONI – L’accusa era tremenda ed era quella di aver abusato del figliastro, affetto da sordomutismo e da un deficit cognitivo, in casa, approfittando dell’assenza della moglie, oppure in un casolare di campagna, sotto la minaccia che se avesse riferito delle violenze, l’avrebbe picchiato. Ma non finisce qui.

di Veronica Valente

Avrebbe persino ripreso col cellulare uno dei rapporti sessuali non consenzienti avuti con la vittima, inviando il filmato ad alcuni utenti. E l’accusa ha retto nel processo discusso col rito abbreviato che si è concluso con la sua condanna a cinque anni di reclusione. Tanti ne ha inflitti ieri all’imputato, un 49enne di Monteroni (di cui omettiamo le generalità per tutelare la privacy della vittima), il giudice per l’udienza preliminare Marcello Rizzo, al quale la sostituta procuratrice Giorgia Villa, titolare delle indagini, aveva chiesto una pena a sette anni.

Nel luglio del 2020, l’uomo finì in carcere su ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Sergio Tosi, salvo poi ottenere i domiciliari (ai quali è tuttora sottoposto) attraverso l’avvocato difensore Stefano Pati.

Questo al culmine dell’inchiesta, avviata quando un cd contenente proprio il video “incriminato” e altri tre porno che l’uomo aveva spedito via chat ad una ragazza conosciuta su Facebook (risultata poi inesistente) finì nelle mani dei carabinieri.

Durante gli accertamenti della magistratura, fu disposta anche una perizia psicodiagnostica nei riguardi del ragazzo, che accertò la sua capacità a testimoniare.

A quest’ultimo, parte civile al processo con l’avvocata Manuela Toma, è stato riconosciuto il risarcimento del danno per 50mila euro.

Il giudice Rizzo che ha assolto il 49enne solo da uno degli episodi contestati, gli ha imposto anche: l’interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutela, alla curatela e all’amministrazione di sostegno, l’interdizione per cinque anni dai pubblici uffici, e che, a pena espiata, sia sottoposto per un anno, alle misure di sicurezza del divieto di svolgere lavori che prevedano un contatto abituale con minori e dell’obbligo di tenere informati gli organi di polizia sulla propria residenza e sugli eventuali spostamenti.

Non appena saranno depositate le motivazioni del verdetto (entro sessanta giorni), la difesa valuterà il ricorso in appello.

 

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