Tentato omicidio, perizia sulla vittima

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Per la corte d’appello si deve andare a fondo sulle ferite a volto, schiena e mani – Respinta la richiesta della pm sull’esame psichiatrico all’imputato De Vito, già condannato per il delitto Rizzello

img_2958-300x237Roma – Avrebbe tentato di uccidere il rivale in amore a colpi di sciabola. Ma ora la corte d’appello di Roma vuole vederci chiaro su quelle ferite inferte al volto, alla schiena e alla mano. Ha così disposto una perizia sulle lesioni di Emiliano Liberati, colpito nel 2010 da Giorgio De Vito, il 41enne napoletano già condannato a 17 anni per l’omicidio di Marcella Rizzello, trentenne di Civita Castellana, uccisa a coltellate in casa davanti alla figlioletta di un anno.

Il processo d’appello è iniziato ieri al tribunale di Roma dopo tre rinvii: il primi due per i soliti problemi di notifica; il terzo per mancanza di cuffie all’imputato, quasi totalmente sordo.

Dodici i motivi d’appello presentati dal difensore di De Vito, l’avvocato Enrico Valentini che ha spinto per l’assoluzione, previa perizia psichiatriche dell’imputato. E’ stato lo stesso pubblico ministero Simonetta Matone a chiedere l’esame sul 41enne napoletano; richiesta accolta dall’avvocato di Liberati, costituito parte civile.

La perizia voluta dalla pm Matone servirebbe a sciogliere qualsiasi dubbio sulla capacità di intendere e di volere di De Vito, già dichiarato incapace nel 2012 da un pool di esperti. L’unico ad apporsi alla richiesta l’avvocato Roberto Fava che rappresenta Mariola Henrycka Michta, l’ex fidanzata di De Vito costituita parte civile: c’era anche lei mentre l’imputato prendeva a sciabolate Liberati.

Dopo più di un’ora di camera di consiglio, la decisione della corte d’appello. Un vero e proprio colpo di scena sembrerebbe esser stato: perizia sì, ma non sull’imputato quanto sulle lesioni riportate da Liberati.

“Una decisione che ha lasciato tutti a bocca aperta – commenta l’avvocato Fava, parte civile per Michta -. A mio avviso è un’inutile perdita di tempo, un prolungamento del processo sul quale incombe la prescrizione. Se mi sono opposto alla perizia psichiatrica su De Vito, perché per me è sufficiente quella già fatta, figuriamoci all’esame sulle ferite di Liberati”.

Un esame doveroso, invece, lo definisce l’avvocato Valentini che difende il 41enne. “Leggo questa scelta solo in un’ottica: la corte vuole valutare l’effettiva sussistenza del tentato omicidio. I dodici motivi d’appello che ho sollevato sono stati presi in considerazione; tra le altre cose, infatti, ho chiesto un derubricazione del rato in lesioni. Ciò comporterebbe una minore gravità e una pena più bassa.

Quanto alla richiesta della pm Matone – continua l’avvocato Valentini – di una perizia psichiatrica su De Vito posso dire che mi ha stupito. E’ una novità, una richiesta non consueta ma fatta in coscienza: il pubblico ministero si è accorta dei gravissimi deficit cognitivi e comportamentali del mio assistito, che necessita più di una cura che di una pena”.

A fine novembre la prossima udienza, quando verrà affidato l’incarico al perito.


La vicenda

Il processo per tentato omicidio si trascina dal 2011. Un anno prima Giorgio De Vito avrebbe teso un vero e proprio agguato alla sua ex Mariola Henrycka Michta, inizialmente implicata con lui nell’omicidio della trentenne di Civita Castellana Marcella Rizzello ma poi assolta per aver dimostrato di avere un alibi il giorno del delitto.

Il 12 maggio 2010, dopo aver rotto con De Vito, Michta torna nella casa in cui avevano convissuto per recuperare le sue cose. Lui sbuca da sotto il letto armato di sciabola e si scaglia sul suo accompagnatore Emiliano Liberati. 

Finiscono entrambi in ospedale: Liberati ferito alla mano, alla schiena e al viso; De Vito con il pollice della mano destra quasi staccato. Un’aggressione provvidenziale per gli investigatori che da tre mesi indagavano a tamburo battente per risalire all’assassino di Marcella Rizzello: esaminano 200 campioni di dna senza riscontro, prima di scoprire che quello di De Vito è compatibile con le tracce biologiche ritrovate nella villetta. E allora per il 40enne si aprono le porte del carcere Mammagialla, il lungo processo terminato con la condanna a 17 anni (in primo grado la Corte d’Assise di Viterbo gli inflisse l’ergastolo) e il processo per tentato omicidio che dopo tre rinvii consecutivi e sei anni è decollato ieri.

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