“E chi è il mio prossimo? Senza le opere, la n/s Fede è morta”

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E’ una frase che si legge nel Santo Vangelo per conoscere chi è il n/s prossimo, molto interpretativa specialmente nei n/s oscuri tempi, ripresa da Papa Francesco nella Santa Messa in Piazza San Pietro il 10 luglio 2016 .

papa_francesco_olimpicoNella Predicazione dove la “ comunicazione al servizio di un’autentica cultura dell’incontro ”, Papa Francesco ci presenta colui che comunica, come il Buon Samaritano che si fa prossimo agli altri, dopo aver incontrato un uomo caduto nella mani di briganti depredato, ferito, lo cura e l’affida all’albergatore-

Dice ancora il Vangelo “chi di questi tre, che passando non lo aiutarono, è stato prossimo di colui caduto nella mani dei briganti ? Quello rispose  Chi ha avuto compassione di lui “. Gesù gli disse imperativamente “ Và e anche tu fa’ così “ .

La comunicazione, anche mediatica, del Vangelo e quella ripresa da Papa Francesco tende al servizio del bene comune, nella verità, con giustizia, con morale, molto riconoscente della dignità della persona, che oggi 2016 è molto carente e vana .

Ampio spazio viene dato all’ambiente digitale ed anche qui, esorta ed avverte il Papa, il cristiano è chiamato ad offrire la sua testimonianza ed a raggiungere le “periferie esistenziali”.

In un mondo che diventa “ sempre più piccolo”, dove permangono divisioni, insistono odio, guerre, repressioni, terrorismo “ i media ”, si domanda il Santo Padre, “ possono aiutare a farci sentire più prossimi gli uni agli altri ? ” e la cultura dell’incontro, osserva ancora “ richiede che siamo disposti non soltanto a dare, ma  anche a ricevere dagli altri”

Constatiamo che fin oggi 2016 verso il mondo della disabilità è stato fatto molto poco ed il futuro è oscuro !

Cosa fanno i cristiani ? Anche Papa Francesco avverte in twet e domanda “ Non basta di essere cristiani, bisogna vivere la Fede non con le parole, ma con le opere” ( 20 gennaio 2014 da Radio Vaticana) .

Papa Francesco non molto tempo or sono consigliava che la comunicazione mediatica può aiutarci, se si ha l’opportunità di “ maggiori possibilità di incontro e di solidarietà fra tutti ”, anche se insistono “ aspetti problematici ”, costituiti da una “velocità dell’informazione” che “supera la nostra capacità di riflessione e giudizio”.

Queste considerazioni non giustificano, continua il Pontefice, “un rifiuto dei media sociali; piuttosto ci ricordano che la comunicazione è, in definitiva, una conquista più umana che tecnologica”, se “ la comunicazione può essere a servizio di un’autentica cultura dell’incontro ”.

Ma la cultura dell’incontro, prendendo spunto dalla Parabola del Buon Samaritano, significa la “prossimità” in quanto “ chi comunica, infatti, si fa prossimo” e ci avverte “ non solo si fa prossimo, ma si fa carico di quell’uomo che vede mezzo morto sul ciglio della strada”.

Continuando nella riflessione con la Parabola del Buon Samaritano, il Papa avverte dunque che quando “la comunicazione ha il prevalente scopo di indurre al consumo o alla manipolazione delle persone, ci troviamo di fronte a un’aggressione violenta come quella subita dall’uomo percosso dai briganti e abbandonato lungo la strada”.

Oggi, è il suo monito, “noi corriamo il rischio che alcuni media ci condizionino al punto da farci ignorare il nostro prossimo reale” e non basta “semplicemente essere connessi occorre che la connessione sia accompagnata dall’incontro vero”, perché “non possiamo vivere da soli, rinchiusi in noi stessi”.

Nel n/s mondo caratterizzato da un secolarismo sempre più evidente, da un permissivismo smodato, da un relativismo crescente, da un egoismo egocentrico, da un superficialità effimera, dalle mille “insidie” che dilagano modificano e mortificano la dimensione etica della vita, quanto emerge nell’ Anno della Misericordia deve spingere i cristiani e non cristiani a ritrovare una nuova evangelizzazione e partecipazione alla crescita del bene comune .

Queste finalità  afferma Papa Francesco “possono aiutare a farci sentire più prossimi gli uni agli altri ?” e la cultura dell’incontro, osserva : “ richiede che siamo disposti non soltanto a dare, ma  anche a ricevere dagli altri ”. Una lectio per il mondo della dilagante e continua corruzione in ogni settore !

Ormai quasi giornalmente assistiamo a drammi che avvengono nelle famiglie che producono in ogni cittadino un senso di mestizia, una costernazione, una indignazione indescrivibile, anche, per come i mass media “trattano” i diversi “episodi” nei quali sono coinvolti menti psichicamente malate, dove hanno trovato la morte bambini nelle scuole, insegnanti, singoli cittadini, dove anche in Italia avvengono stupri, violenze sulle donne, tra adolescenti ed aggressività tra consanguinei e nelle famiglie dove spesso ci scappa il morto !

La solidarietà sociale, principio altamente etico che ogni uomo deve “dare” ai più sfortunati della vita ai più bisognosi e più diseredati, è un concetto che deve indurre tutti,  ad essere portatori non solo di diritti, ma di doveri di uguaglianza e pari dignità sociale più volte richiamata dalla nostra Costituzione.

Ma le Istituzioni si sono mai chieste perché non si sono dati a questi “cittadini malati” quei diritti e quelle norme inalienabili di rispetto umano che costituiscono la ragione profonda ed il motore propulsivo per il miglioramento della loro condizione di vita, quali persone umane per la protezione della loro la vita e della salute lasciando quel continuo interessamento per cani e gatti, che noi rispettiamo, per non riconoscere il disabile del genere umano ?

La situazione dei malati, specie psichici in Italia, tra solitudine, sofferenza e strutture inadeguate è un desolante panorama oltre tre decenni dopo l’entrata in vigore della legge che voleva portare un miglioramento ai sistemi di cura, invece ha prodotto una lunga fila di morti che sono sulla coscienza di coloro che hanno la responsabilità della res pubblica e che non hanno saputo o voluto interpretare questa dura realtà e mettere da parte ambizioni e litigiosità per dedicare con umiltà un po’ più di tempo ai problemi connessi con questo popolo di sofferenti.

Con il dimenticare la realtà ci dobbiamo tutti risvegliarci dal torpore e dall’incoscienza, non come Feuerbach, il fisolosofo tedesco critico della religione cattolica che diceva “La fede è come le lucciole, ha bisogno del buio per risplendere” . E’ vero che spesso  siamo in bisogno di conoscere il buio per scoprire che vi è una luce, quella luce che ci dà il conforto, coraggio, luce che illumina le n/s ottenebrate menti e coscienze.

Sempre il Santo Padre consegna a tutti un messaggio ricordando gli “ultimi fra gli ultimi “ i più indifesi, deboli, emarginati, i quali non sono da vedere come un carico di pietà e di dolore, ma come un dono di Gesù da accogliere ed abbracciare con una seria meditazione che tiene viva la fiaccola della carità.

Insomma un comunicare efficacemente per evangelizzare ed educare, per far respirare nella società la presenza del quel Dio Creatore e Salvatore del quale, certamente in maniera inequivocabile, vi è una notevole necessità ed urgenza . In un mondo di speranze fragili, sembra assai importante che la comunità cristiana tenti di acquisire dalla Fede occhi capaci di intravvedere la spiga nel seme che marcisce.

Ma il firmamento buio di speranza è il cielo dei bisognosi, dei disabili fisici, degli handicappati psichici, delle persone anziane, dei malati terminali, di tutti i loro familiari e la comunità cristiana è interpellata ad essere più presente e con più slancio partecipativo con loro su questa frontiera dell’emarginazione.

L’icona del Buon Samaritano, è l’augurio del Papa, “ci sia di guida” e “la nostra comunicazione sia olio profumato per il dolore e vino buono per l’allegria”.

Il Magistero della Chiesa Cattolica insegna nei Comandamenti della Carità “ama il prossimo tuo come te stesso“ e “ la Chiesa è cattolica perché è la casa di tutti : tutti sono figli della Chiesa e tutti sono in quella casa” (Papa Francesco Udienza Generale Piazza San Pietro 9 ottobre 2013 ) .

Questo è monito per quei cristiani in quanto “ la Chiesa ha bisogno del fervore apostolico e non essere cattolici da salotto senza coraggio anche di dare fastidio alle cose troppo tranquille ( Papa Francesco 16 maggio 2013 Chiesa Santa Marta Vaticano), ma il traguardo è ancora molto lontano , perché la strada è stretta, la via è lunga e difficile. La nostra fede è feconda solo se è seguita dalle opere .

Non bisogna fermarsi alle parole, ha ripreso citando la celebre canzone di Mina, “parole che vanno al vento”, ma ha ammonito bisogna “fare” ed ha aggiunto, che “mediante le opere buone, che compiamo con amore e con gioia verso il prossimo, la nostra fede germoglia e porta frutto”:

“Domandiamoci  ognuno di noi risponda nel proprio cuore domandiamoci: la nostra fede è feconda ? La nostra Fede produce opere buone ? Oppure è piuttosto sterile, e quindi più morta che viva ? Mi faccio prossimo o semplicemente passo accanto? Sono di quelli che selezionano la gente secondo il proprio piacere ? Queste domande è bene farcele spesso, perché alla fine saremo giudicati sulle opere di misericordia”.

Gesù ci chiederà se lo abbiamo riconosciuto nei poveri e sofferenti !

E con le sagge parole del Santo Giovanni Paolo II° :” Andiamo avanti con speranza!

Previte

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