“App, cinema, mostre e lezioni nelle scuole: il Risorgimento dal museo va in città”

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“Per la prima volta il museo esce dal palazzo e va in città per incontrare il pubblico, soprattutto quello che non ci conosce, dalle scuole di periferia alle case di quartiere.

di MARINA PAGLIERI

Ci sono i musei che conservano soltanto, e non hanno un futuro, e quelli come il nostro, che fanno. Ma se fai e  non dici chi sei, è tutto inutile”. Nominato a luglio, il direttore Ferruccio Martinotti – manager di aziende internazionali ora dedito con passione al nuovo compito –  ha “rivoluzionato” in sei mesi il Museo del Risorgimento. Nessuna modifica sostanziale   all’allestimento – anche perché gli aspetti scientifici spettano al presidente, lo storico Umberto Levra – ma un cambio di passo radicale nel modo di presentarsi e di interagire, sono sue parole, con “gli alisei culturali della città”. E soprattutto nel modo di comunicare.
Nasce in questo ambito  “Il Museo alla luce”, progetto che mette al centro l’ attenzione per pubblici diversi, anche al di fuori della tradizionale visita. Si parte proprio stamani con una “trasferta” nella scuola elementare Sibilla  Aleramo, a Madonna di Campagna, dove sarà organizzata una “seduta del Parlamento”,  come attori gli stessi bambini, chiamati  a scrivere una “carta dei doveri”, alla presenza dell’assessore alla cultura del Comune Francesca Leon.

Non è che un inizio, seguiranno visite in altre scuole:  allievi  e insegnanti saranno poi invitati a una festa conclusiva  nelle sale di piazza Carlo Alberto.
Ma “Museo alla luce” è anche tante altre novità. Dalla collaborazione nata in questi giorni con il Museo del Cinema, per realizzare nella sala proiezioni  rassegne di film a soggetto risorgimentale, firmate da Visconti a Lizzani, dai Taviani a Luigi Magni. E poi le mostre di arte moderna e contemporanea, che si vogliono allestire dalla primavera in nome della contaminazione dei generi. Tra  i piani futuri anche le sessioni di aste dell’antica casa viennese Dorotheuim, da organizzare nell’aulica Aula del Parlamento Italiano. E ancora un’app in nove lingue – inclusi il cinese, il giapponese e la lingua  dei segni – che sarà lanciata la settimana prossima,  da scaricare gratuitamente in biglietteria, con vari percorsi da scegliere a seconda delle  preferenze di ognuno. E la riapertura alle visite,  prevista  il 17 marzo, giornata dell’ Unità nazionale, dell’Aula della Camera del Parlamento Subalpino, che dal 2011  si è potuta vedere solo attraverso una vetrata. Si vorrebbero  inoltre  ospitare iniziative  legate al   Salone del Libro e qualche sessione del prossimo G7 torinese.
“Abbiamo spinto l’acceleratore su vari fronti, anche perché il museo si trovava un po’ in una bolla, inserito in una sorta di geografia dell’anima un po’ troppo torinese – continua Martinotti . – Dopo i fasti delle celebrazioni dei 150 anni dell’Unità, c’è stata  una battura di arresto, con un assestamento verso il basso: ora siamo risaliti, anche se i numeri non sono tutto”. Nel 2016 i visitatori sono stati 150mila, 10mila in più dell’anno precedente: e negli ultimi sei mesi l’incremento è stato del 15% rispetto all’analogo periodo del 2015.
“Ho bisogno di incrementare gli ingressi, ma non può essere solo quella la motivazione che muove un museo. Abbiamo avviato piuttosto un processo identitario, che si è mosso in più direzioni, a partire dall’inserimento del Museo del Risorgimento come entità autonoma all’interno del sistema delle Residenze reali, mentre prima compariva genericamente come Palazzo Carignano”. Ecco allora che il museo parteciperà da marzo al progetto “Reali sensi”, con vari appuntamenti che si svolgeranno in parallelo nelle varie residenze,  incentrando le visite animate  a tempi alterni ora sulla vista, ora sull’udito, ora sull’olfatto, e rientrerà nella Royal card, tessera  promossa dal  portale di Turismo Torino che con 32 euro permette di entrare in  tutti i siti sabaudi, incluso ora anche il museo che racconta come è nata l’Italia.
Lo Ied ha infine dedicato  un corso di laurea in grafica e design alla nuova immagine coordinata del museo, dal logo, al bookshop, alla carta intestata. Su questo verteranno le tesi di laurea  degli studenti, dalle quali dovrebbero arrivare  nuove idee. “Vorremmo  intanto che al  visitatore fosse più

chiaro da dove si accede al museo: non è sempre facile orientarsi, il rischio è di perdersi nei meandri del palazzo” continua Martinotti. Tra le urgenze, c’è anche quella di modificare un logo che, sono ancora parole del direttore “promuove altri e non noi, perché riproduce, sacrificandola un po’, la facciata seicentesca del Guarini, e non  quella ottocentesca,  la nostra,  da cui  si accede al museo”.

http://torino.repubblica.it/

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